Gli eventi che stanno infiammando l’Egitto nelle ultime ore
dimostrano come il popolo egiziano sia determinato nel conquistare la propria
libertà. Dopo aver invaso le piazze e
aver rimosso il dittatore Hosni Mubarak nel febbraio del 2011, grazie anche all’aiuto
dell’esercito, gli Egiziani hanno deciso di ribellarsi in modo ancora più
massiccio al governo dei fratelli musulmani guidato da Mohammed Morsi,
peraltro liberamente eletto a seguito di consultazione popolare.
In realtà dalla dittatura di Mubark si è
passati alla dittatura religiosa, all’islamizzazione forzata di Morsi. Ancora
una volta il popolo è rimato fuori dai processi decisionali , soggiogato da un
altro tipo di tirannia. Oltre all’invasione delle piazze per urlare la propria
protesta, gli oppositori di Morsi e l’esercito hanno raccolto milioni di firme
per chiedere le dimissioni del presidente
, a cui sono state concesse 48 ore per dimettersi, alla
scadenza delle quali, l’esercito trarrà le proprie conclusioni e il popolo
metterà in atto la disobbedienza civile.
Le 48 ore sono scadute ieri ma Morsi ha ribadito di non aver intenzione di
dimettersi perché si considera
legittimato dalla sovranità popolare in
quanto è il primo leader eletto in libere elezioni. La protesta continua ancora
più aspra, cruenta ma anche gioiosa , con
le piazze invase del suono delle vuvuzelas . Tanto è bastato a
provocare le prime defezioni.
Hesham Qandil , premier egiziano, si è dimesso e con lui anche il ministro della difesa Abdel Fattah el Sissi, pronto a prendere il comando
dell’esercito contro il presidente.
Certo l’ingombrante presenza dell’esercito nel guidare la protesta
prelude ad un ritorno al potere delle forze armante del generale Tantawi. Un governo già sperimentato dagli egiziani fra
il febbraio del 2011 (caduta di Mubarak) e il giugno 2012 (elezione di Morsi) che non ha lesinato violenza nel reprimere le
rivolte uccidendo e torturando, come nell’eccidio di Maspero dell’ottobre 2011
e negli scontri di via Mohammed Mahmoud un mese più tardi.
Ciò che manca in
realtà è un’avanguardia che guidi e organizzi le masse nella rivolta in modo da riuscire a instaurare un governo
diretto del popolo senza interposizioni
di sorta, né dell’esercito, né della fratellanza musulmana. Evidentemente tale forza catalizzatrice degli
interessi popolari non esiste ancora perché il Paese è stato sempre occupato da
un regime dittatoriale impermeabile ad ogni tipo di organizzazione socialista o
comunista. Sia come sia gli Egiziani sono determinati ad ottenere la
propria libertà e, anche se in ordine sparso, si oppongono alla dittatura religiosa che ha
sostituito la dittatura di Mubarak.
Anche in Italia abbiamo assistito, non ha una rivoluzione
per carità, ma ad un forte cambiamento
di indirizzo, nella tornata elettorale del febbraio scorso, con la vittoria assoluta dell’astensionismo e del
voto di protesta al M5S. Lo scossone ha prodotto non già un programma di
rinnovamento ma la messa in moto di un processo di ulteriore arroccamento della
casta.
Il risultato è stato il pieno tradimento anche degli elettori che,
obbedienti, hanno votato i propri
comitati elettorali di riferimento. Ad
esempio chi ha
voluto dare per l’ennesima volta credito al Pd, in base agli annunci fatti da
Bersani sull’incompatibilità di un accordo con Berlusconi, sull’eliminazione
del programma degli F35, sulla modifica della legge elettorale, si è
ritrovato a subire il tradimento dei vertici piddini non appena eletti:
Maggioranza con un Berlusconi ormai
irrimediabilmente braccato dalle sentenze processuali, rinvio della decisione sugli F35, affossamento di una nuova legge elettorale, vincolata alla natura delle
riforme istituzionali, in particolare la seconda parte della costituzione, così
come Berlusconi ha comandato.
Il
nuovo governo si barcamena sui pericolosi marosi del rinvio dell’aumento
dell’Iva , coperto dall’anticipo degli acconti Irpef e Irap, sul posticipo del
pagamento dell’Imu , sempre come comandato da Berlusconi , su una legge per il lavoro che è acqua fresca.
Così come in Egitto si è sostituito al regime di Mubarak la dittatura religiosa, in Italia al regime
del capitalismo finanziario, governato per emanazione diretta dei banchieri,
nonostante le indicazioni chiare venute dalle urne, si è sostituito un nuovo
regime, ancora espressione del
capitalismo finanziario, ma questa volta
retto per effimera legittimazione politica
dai soliti comitati elettorali , opposti
fra loro a chiacchiere, ma uniti nel compiacere i signori della Bce,
del Fmi, e nel conservare i propri smisurati privilegi.
Altro che battere i pugni sul tavolo con Bruxelles,
come sostiene Letta nipote! In sostanza le condizioni sociali ed economiche
sono ulteriormente peggiorate. Siamo in presenza di un’accelerazione del
declino imposta da un governo che decide sempre e comunque di non decidere nel
tentativo di conciliare l’inconciliabile, ossia la propria sopravvivenza con
gli interessi popolari. Ma a differenza
del popolo egiziano che insorge, il popolo italiano dorme. Si bea delle
protestucce messe in piedi dai sindacati di regime. Si disinteressa completamente della vicenda
sperando di poter contare sul porta borse o politicuzzo, burocrate di quartiere di turno,
a cui raccomandarsi, cerca di vincere la
guerra fra poveri messa in atto dal potere
per evitare la formazione di un vero e proprio
fronte popolare.
Ma si ignora che i poveri non vincono mai, men che meno se si combattono fra di loro.
Allora forse sarebbe il caso di guardare all’Egitto, alla Turchia, a popoli che
pur se ancora non sono organizzati nella rivolta, comunque mostrano di avere la
schiena dritta nel promuovere ed imporre le proprie legittime aspirazioni di
libertà e di rispetto della dignità umana.
Qualche ora dopo aver postato questo intervento la situazione in Egitto si è evoluta. I militari hanno preso il potere portando a termine il golpe.Morsi è stato destituito e ora è agli arresti domiciliari. Speriamo solo che l'esercito trovi l più presto un accordo con gli oppositori e sgomberi il campo. Si attende una reazione dei fratelli musulmani
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