Tra i tanti paradossi della politica italiana, che oramai si vivono come normali concessioni per una necessaria democrazia “controllata” del paese e dei cittadini, uno lo si è vissuto nella serata del 28 novembre u.s. al Consiglio comunale di Frosinone dove andava in scena l’approvazione del bilancio PREVENTIVO 2013!
La necessità di arrivare a fine anno per votare un bilancio di previsione la dice lunga della capacità della politica di costruire autonomamente una propria visione del mondo che abbia un senso e una via. Ci si adegua durante tutto l’anno a improbabili e confuse azioni del governo centrale per il prelievo fiscale, tagli dei servizi, privatizzazioni, ritardi di pagamenti ecc. tanto che gli enti locali non riescono a redarre, se non appunto alla fine dell’anno, una previsione di entrata e di uscita certa.
Nonostante si sia arrivati all’approvazione del bilancio ancora però si è in dubbio di come si copra una parte dell’IMU che non dovrebbe arrivare nelle casse comunali - a Frosinone circa 2 milioni di euro -. Nonostante le lacrime di coccodrillo dell’amministrazione locale che vorrebbe che non si tenesse conto dell’appartenenza politica alla maggioranza di governo nazionale, non sembra esserci dubbi su chi pagherà quest’altra “anomalia” contabile…
Frosinone si è dotata di un piano economico di previsione legato a doppia mandata per 10 anni al famigerato "piano di riequilibrio economico finanziario" portato avanti da questa amministrazione per evitare di incorrere nel dissesto finanziario, istituto previsto dalla legge prima dell’introduzione del “predissesto” che in ogni caso prevedeva un commissariamento delle finanze locali per appunto tenerle lontane dalla politica che negli anni aveva prodotto debiti.
SI è scelto di ricorrere al predissesto imponendo ai cittadini di stringere la cinghia per poter con i risparmi riuscire a pagare tasse e balzelli al massimo delle aliquote.
Alcuno ha discusso nel merito queste scelte. La maggioranza le ha fatte proprie come ultima ratio senza distinguere tra aver conseguito un risultato amministrativo e il peso che questo risultato provoca nella popolazione. Dire maggioranza è ovviamente un eufemismo nel consiglio comunale di Frosinone. Le scelte sono parte delle decisioni di pochi, la maggioranza approva qualunque cosa silenziosamente, senza interventi né nel merito né nella forma.
Così nell’opposizione. Il PD disertava non solo il voto ma anche un minimo di discussione, di critica, di puntualizzazione, di informazione sul bilancio. Il pubblico e la cittadinanza meriterebbero che le forze politiche attraverso la critica diano spunto per una maggior conoscenza delle cose che si stanno decidendo sulla loro pelle. Ma evidentemente non è chiaro il meccanismo che regola i ruoli di una pur formale vita democratica di un consiglio comunale tra maggioranza e opposizione.
Il risultato è che la città è guidata da una “auto-illuminata” piccola schiera di decisori che non si servono delle formazioni politiche pur presenti in consiglio; non si vedono contrastati da una minoranza assente fisicamente, ma anche nella espressione delle idee; non lasciano comprendere ai cittadini ciò che accade e su quali basi vengono prese decisioni così fondamentali per la vita di un decennio della città. Aver affermato che ci fossero dei debiti senza voler affrontare il perché e quando essi fossero stati contratti e chi fossero i responsabili e chi infine li dovesse ripagare, mina il concetto stesso di democrazia, partecipazione e coinvolgimento della cittadinanza tutta, sia come singoli cittadini che come operatori collettivi.
Il timido e pur apprezzato tentativo di un consiglio comunale aperto all’auditorium Colapietro non ha avuto seguito anche e soprattutto per il ruolo sfuggente dell’opposizione che non ha mai incalzato i politici a proposte più responsabili e coinvolgenti.
La maggioranza ha svolto un compito di cui si autoproclama orgogliosa; sfugge, consapevolmente o inconsapevolmente, comunque alla rappresentazione di una realtà che si conforma a seguito di questa decisione; l’opposizione nel frattempo sta “sotto coperta” nella speranza che i 15 anni di disastroso governo cittadino siano presto dimenticati e poter presentarsi alle prossime amministrative illibati. Il macigno rimane sulle spalle delle famiglie frusinati, sui lavoratori alla fame e licenziati, sulle imprese che non potranno vedersi riconosciuto il credito per intero, sui servizi tagliati e quindi approssimativi, su uno sviluppo oramai privato di senso e sostanza.
In ogni caso qualche idea dovrà pur essere messa in cantiere davanti ad una crisi profonda e sempre più avvolgente per ostacolare politiche di impoverimento e di svilimento della città. Ma quali idee? E, soprattutto, di chi?
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