La globalizzazione dell’economia
in assenza della globalizzazione dei diritti umani, questo è li flagello criminale che sta minando la
convivenza civile in tutto il mondo. Fino
a quando i capitali potranno spostarsi e
far danno nel tempo di un click, fino a quando il lavoro sarà considerato una
variabile di spesa come tante altre, da
comprimere, ridurre all’essenziale, e non un corpo sociale formato da donne e
uomini con il loro sacrosanto diritto di vivere, tragedie come quelle di Prato,
ma anche come quelle della Thyssen e di tante altre stragi sul lavoro , non
smetteranno mai di mietere vittime.
Non
è una questione di etnia. Non è colpa dei cinesi o dei marocchini o dei
cingalesi. Colpevoli sono le istituzioni internazionali foraggiate
dalle lobby finanziarie le quali permettono che in qualche angolo del mondo ci
sia sempre una Cina o una Serbia, o un altro Stato che schiavizzi i lavoratori. Le conseguenze
del dumping occupazionale, creato ad
arte in tutto il mondo per alimentare cospicui profitti per pochi e smisurata
povertà per molti, sono le vite interrotte, spezzate dai fumi letali delle acciaierie di Taranto, dai roghi
di Prato e di Terni.
Controllare la regolarità della attività produttive, così
come accade sull’onda dell’indignazione sopravvenuta dopo un lutto su lavoro è necessario
ma inutile. Bisognerebbe attivarsi invece per evitare che ci siano lavoratori
disposti a emigrare in un posto dove
vivere perennemente nella fabbrica, senza mai uscire, lavorare 24 ore su
24 e riposarsi poche ore in un preloculo
funerario in cartongesso pronto a prendere fuoco, sia una scelta
obbligata perché nel loro paese vivano ancora peggio.
La logica del profitto non guarda in faccia a
nessuno. Se si può produrre al minor costo possibile è un delitto non farlo.
Pazienza se le conseguenze sono morte e sofferenza. Non è prendendosela con i
Cinesi di turno che si risolve il
problema, anzi la rabbia contro il disperato un po’ meno disperato di te è
salutare per i veri colpevoli che continuano indisturbati a fare affari sulla
pelle della gente, beandosi della guerra
fra poveri che disintegra ogni tentativo di reazione.
Forse sarebbe ora di scuotersi
dal torpore, ribellarsi all’idea che la libera circolazione dei capitali non sia
l’unica via. La vita è un insieme di
rapporti sociali liberi, non vincolati da propositi speculativi e competitivi.
Solo ribellandosi a questa logica criminale rimettendo al centro dei valori ciò
che si è e non ciò che si possiede, sarà possibile evitare altre tragedie. Ma
purtroppo questo modo di pensare è eversivo, è da pericolosi terroristi, per
cui avanti con il neoliberismo assassino.
Morte e disperazione sono piccoli effetti collaterali. Cosa può valere la vita di uno schiavo di
fronte all’elevato rendimento di un fondo d’investimento?
Nessun commento:
Posta un commento