Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 20 marzo 2014

L'illusione di "democratizzare" l'Ue imperialista

Valerio Torre

Verso le elezioni europee
“L’altra Europa" di Tsipras
e dei riformisti nostrani

Nei giorni dal 13 al 15 dicembre del 2013 si è tenuto a Madrid il IV congresso della Sinistra europea (Se), cioè quell’agglomerato dei partiti della sinistra riformista tra i quali Izquierda unida (Spagna), Die Linke (Germania), Bloco de Esquerda (Portogallo), Front de gauche e Pcf (Francia), Syriza (Grecia), Rifondazione comunista (Italia). Il congresso ha deciso di candidare per le prossime elezioni europee Alexis Tsipras, leader di Syriza, a Presidente della Commissione europea.
Chiaramente, in ogni Paese del continente era prevista la presentazione di una lista del relativo partito della Se a supporto di Tsipras. Logica avrebbe voluto, dunque, che in Italia Rifondazione comunista – da poco uscita da un lacerante congresso che aveva ulteriormente allargato le divisioni al suo interno fra le aree di Grassi e Ferrero – si fosse apprestata, nella consapevolezza dell’impossibilità di superare lo sbarramento del 4%, a ripercorrere lo stanco rituale della presentazione di una lista col proprio simbolo a sostegno del politico greco.
E invece, il 22 dicembre (1), Barbara Spinelli, editorialista di Repubblica e intellettuale facente riferimento al gruppo dei “professori” di Alba, rilasciava al giornale greco Avgi, molto vicino a Syriza, un’intervista (2) in cui si faceva essa stessa promotrice della candidatura di Tsipras e della costruzione di una lista di supporto, “una lista civica, di cittadini attivi, una lista di persone della società civile che scelgono Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea (…) È chiaro che non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale, perché non avrebbe alcuna possibilità di successo. Abbiamo bisogno di qualcosa di più grande, qualcosa per scuotere la coscienza della società, superando i margini molto stretti delle formazioni politiche della sinistra radicale”.
Il 28 dicembre la proposta della Spinelli era ripresa e rilanciata in un’altra intervista allo stesso giornale greco, rilasciata questa volta da Paolo Flores d’Arcais, che usava nei confronti del Prc, di Sel e degli altri partiti della sinistra riformista, parole, se possibile, ancor più dure e sferzanti: “In Italia – a livello politico organizzato – la sinistra non esiste (…) Sel e gli altri piccoli partiti non contano più nulla (…) Rifondazione, i Verdi e gli altri gruppi politici non rappresentano nulla (…) c’è oggi una sola forza politica di sinistra in Europa e si chiama Syriza (…) Rifondazione o i Verdi o i Comunisti Italiani (…) godono di una credibilità negativa (…) sono dei marchi negativi. Per questo pensiamo che una lista rigorosamente della società civile con Tsipras potrebbe avere un buon risultato” (3).  E sempre lo stesso giornale greco Avgi, il 12 gennaio, intervistava stavolta lo scrittore Andrea Camilleri, che rincarava la dose propugnando anch’egli una “lista Tsipras” della società civile, e non di “partiti frammentati [che] … così come sono oggi non hanno peso” (4).
Un lettore distratto avrebbe allora potuto pensare – e l’ha, infatti, pensato ciò che resta del corpo militante di Rifondazione – che si trattava del tentativo scoperto, da parte dei “professori” di Alba, di ripercorrere il tragitto iniziale di “Cambiare si può”, prima che il Prc e compagnia varia scippassero loro il progetto da sotto il naso trasformandolo in quella che sarebbe poi stata la fallimentare esperienza di Rivoluzione civile con Ingroia. Questi intellettuali, insomma, veri e propri generali senza esercito, forti anche dell’ulteriore tracollo di quei partiti alle scorse elezioni, avrebbero avuto in animo di passare all’incasso e ricambiare loro il “favore”, questa volta però mettendosi nel ruolo degli scippatori: questi erano gli umori degli attivisti di Rifondazione, che reclamavano, su blog e social forum, la primogenitura della candidatura di Tsipras, rivendicando l’emarginazione degli intellettuali.
Il grande inganno: un’operazione ardita o “ordita”?
Ma stavano davvero così le cose? Noi siamo convinti di no e lo affermiamo citando un testimone “d’eccezione”, che non è stato finora smentito da nessuno dei diretti interessati: quell’Alfonso Gianni, alter ego di Fausto Bertinotti ai tempi d’oro della segreteria del Prc, prima confluito in Sel e poi uscitone e oggi nuovamente un po’ più vicino a Rifondazione, che, subito dopo l’intervista di Barbara Spinelli, dichiarava nella propria pagina Facebook: “Insieme a una delegazione di Alba avemmo un incontro con una delegazione ufficiale di Syriza nella sede nazionale del Prc, che gentilmente ospitò questo incontro e vi partecipò seppure in funzione di collegamento, l’11 ottobre 2013. Nel corso di quella giornata la delegazione di Syriza, guidata da Nikos Pappas, persona molto vicina a Tsipras, incontrò diverse forze politiche italiane e personalità, fra cui certamente Sel, M5Stelle, Fausto Bertinotti e probabilmente altri che non so. L’obiettivo esplicito della delegazione greca era tastare il terreno per valutare la praticabilità di una lista che appoggiasse la candidatura di Tsipras alla commissione europea. La discussione si orientò poi sui caratteri di questa lista che dovevano andare anche al di là della tradizionale sinistra radicale. In quel contesto feci il nome della Spinelli, e di altre figure possibili, che aveva da poco scritto un articolo su Repubblica in cui elogiava il programma di Tsipras, incontrando il favore della delegazione greca. Da lì partì il lavoro di una presa di contatti di varie intellettualità che è poi sfociata nell’intervista della Spinelli, cui altre tra pochi giorni seguiranno, sempre sul giornale greco. Il tutto indipendentemente dal congresso del Partito della Sinistra europea, al quale la delegazione di Alba venne invitata come semplice osservatore, come è ovvio”.
E allora, proviamo a rimettere i fatti nella giusta sequenza. L’11 ottobre 2013 (e quindi ben due mesi prima del congresso della Sinistra europea da cui sarebbe uscita la candidatura di Tsipras!), una delegazione di Syriza incontra presso la sede nazionale di Rifondazione una delegazione del Prc, di Alba, Sel e altre personalità, per verificare la praticabilità di una lista di appoggio alla candidatura Tsipras che andasse oltre l’unica organizzazione che sarebbe potuta essere la “naturale proponente” del leader greco, cioè Rifondazione. Perché questa “preoccupazione” di Syriza?
È evidente che dietro questo percorso c’era la piena consapevolezza da parte di Tsipras che la sua candidatura in Italia, con la sola lista del Prc in appoggio, non avrebbe avuto alcuna possibilità: sicché, mentre negli altri Paesi europei sarebbe stato il candidato della Sinistra europea, in Italia sarebbe stato invece appoggiato da una lista della “società civile”, considerata più “attrattiva” di quella fondata su un partito ridotto ai minimi termini (5). Presa questa decisione, la confezione delle interviste ai “professori” di Alba sarebbe stata solo un diversivo per preparare il terreno per un’operazione così ordita.
Dunque, nel mese di ottobre – ripetiamo, ben due mesi prima della formalizzazione della candidatura di Tsipras – i giochi in Italia erano fatti dai dirigenti di Rifondazione sulla pelle dei propri attivisti. Nessuna invasione di campo da parte degli intellettuali di Micromega, ma il ruolo attivo della segreteria nazionale del Prc nel subordinare ulteriormente il partito a un’accozzaglia di piccolo borghesi al solo scopo di ritornare – costi quel che costi – sugli scranni parlamentari.
Gli avvenimenti successivi avrebbero poi ulteriormente dimostrato che di questo si è trattato.
I “garanti” padroni del vapore e la ruota di scorta della sinistra riformista
Il 18 gennaio è stato pubblicato un appello alla formazione della “lista Tsipras” in cui erano dettate le linee per la formazione dell’aggregazione elettorale: “Una lista promossa da movimenti e personalità della società civile, autonoma dagli apparati partitici, (…) che candidi persone, anche con appartenenze partitiche, che non abbiano avuto incarichi elettivi e responsabilità di rilievo nell’ultimo decennio. Una lista che sostiene Tsipras ma non fa parte del Partito della Sinistra Europea che l’ha espresso come candidato” (6). I sei firmatari di quell’appello – Camilleri, Flores d’Arcais, Gallino, Revelli, Spinelli e Viale – si autoproclamavano “garanti” della lista (cioè, di fatto, i proprietari). E mentre Tsipras “accettava” la candidatura con una lettera in cui spiegava con precisione che prima di tutto venivano “i semplici cittadini” e solo dopo “le associazioni e le forze organizzate” (così, di fatto, legittimando tutte le decisioni e il ruolo dei sei), Rifondazione cominciava ad ingoiare il primo di una serie di amari bocconi caratterizzanti la propria subalternità, tentando di addolcirli con le zuccherose perifrasi di Paolo Ferrero, secondo cui attraverso la formazione di questa lista si sarebbe infine costruita la famosa “sinistra d’alternativa” di cui vagheggia da anni (e vedremo poi quanta “sinistra” e quanta “alternativa” vi siano confluite) attraverso “un processo unitario condiviso, pubblico, democratico e partecipato (…) rinunciando a steccati identitari e a logiche escludenti”.
Per tutta risposta, i “garanti” procedevano come carri armati, senza interpellare nessuno, com’è accaduto ad esempio per la nota questione del simbolo, su cui erano chiamati a pronunciarsi via web – in “stile Grillo” – gli iscritti al sito dell’aggregazione, che avrebbero avuto la possibilità di “scegliere” fra ben quattro ipotesi grafiche confezionate dai “magnifici sei” nel loro splendido isolamento d’intellettuali illuminati. A nulla valevano le proteste di tanti attivisti del Prc sul fatto che nessuno dei simboli presentasse almeno la parola “sinistra”. La risposta, sprezzante, la forniva Marco Revelli in nome degli altri “garanti”: “Il termine sinistra non compare nei nomi proposti almeno per tre buone ragioni: 1) perché da anni non è più, in Italia, portatore di un preciso contenuto programmatico ma ha finito per rappresentare un’etichetta generica in cui c’è tutto e il contrario di tutto; 2) perché rischia di farci confondere con quanti si sono in questi anni dichiarati ‘di sinistra’ stravolgendone i valori, sostenendo nei fatti politiche liberiste o più semplicemente, mirando alla propria auto perpetuazione personale; 3) infine perché il nostro obiettivo è quello di conquistare il cuore e la mente dei milioni di elettori che non si sentono più di sinistra, o non si sono mai sentiti tali – soprattutto se giovani – perché in quello che è stato presentato loro come sinistra non hanno mai trovato una risposta ai loro problemi” (7).
Anche quest’altezzosa e arrogante presa di posizione veniva “derubricata” dai dirigenti del Prc a semplice “errore politico”, mentre di fronte alla marea montante di proteste dei militanti di Rifondazione, il povero Paolo Ferrero non trovava di meglio che annaspare dalla propria pagina di Facebook: “Cari compagni e care compagne, è il momento della pazienza”!
Intanto, il congresso di Sel portava alla paradossale situazione di una dirigenza – Vendola in testa – decisa a puntare all’appoggio della candidatura di Martin Schulz (in Italia appoggiato dal Pd) e di una platea dei delegati che in maggioranza votavano per la confluenza nella lista Tsipras. E così Vendola si vedeva costretto a piegare il capo rispetto a una scelta di cui avrebbe volentieri fatto a meno, ricorrendo a picchi di equilibrismo sinora mai raggiunti nella sua carriera di affabulatore e pifferaio magico (“Con Tsipras ma per incontrare Schulz”).
Infine, solo di passata va segnalato che a questo carrozzone si aggregavano entusiasticamente anche i sempre eterni vessilliferi del riformismo in salsa “antagonista”, Toni Negri, Casarini e tutta l’area dei disobbedienti in tuta bianca, che vi vedevano l’occasione per tentare di riconquistare un po’ di protagonismo.
“L’altra Europa con Tsipras”: una vera e propria lista civica
E infine si arrivava al momento clou (alla “ciccia”, direbbe qualcuno dotato di senso pratico): quello delle candidature, dal momento che questo passaggio rappresentava il cuore del progetto della sgomitante sinistra riformista italiana per rientrare nelle istituzioni parlamentari riguadagnando un po’ di visibilità (e soprattutto di risorse economiche, poiché parliamo di micro burocrazie che hanno da sempre vissuto delle prebende del sistema elettorale borghese e che oggi sono alla canna del gas).
Anche in quest’occasione, i “garanti” hanno esercitato il loro dispotico controllo sul processo, tanto da scontentare tutti: dal Pdci che è stato arbitrariamente escluso decidendo poi di non appoggiare più la lista Tsipras (8), agli ingenui attivisti della lista che si sono visti catapultare come candidata addirittura un’imprenditrice che aveva partecipato a iniziative del partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia (9); da Rifondazione che si è vista assegnare solo qualche candidatura di “gregari” (10), a sinceri attivisti ambientalisti che hanno platealmente rinunciato alla candidatura, vista la presenza nella loro circoscrizione di personale politico di Sel legato, non solo come partito ma anche personalmente, a vicende di distruzione dell’ambiente (11); per finire con due degli stessi “garanti” (Camilleri e Flores d’Arcais), dimessisi in polemica non solo con la decisione dell’organismo che ha portato all’autoesclusione di Antonia Battaglia (12), ma anche con quella di candidare in lista il leader dei cc.dd. “disobbedienti”, Luca Casarini.
Alla fine di tutto questo rabberciato processo, cosa è venuto fuori? Non vogliamo essere accusati di essere i soliti faziosi e settari, per cui ci limiteremo a riportare qui le parole di Paolo Ferrero in una disperata lettera aperta che si è visto obbligato a scrivere ai propri militanti, sempre più imbestialiti dal percorso che andava dipanandosi sotto i propri increduli occhi: “Noi abbiamo puntato a fare una lista unitaria di sinistra, costruita dal basso in forme democratiche e partecipate. Abbiamo puntato a fare una lista che fosse il primo passo della costruzione di una Syriza italiana. Così non è. Ci troviamo piuttosto di fronte a una lista civica, di cui condividiamo la sostanza delle posizioni politiche senza che ne condividiamo i modi di costruzione e larga parte della cultura politica che è proposta dai promotori. Il risultato concreto è una lista civica antiliberista e non la costruzione di uno spazio pubblico di sinistra”; nondimeno, “la lista per Tsipras promossa dai professori, con tutti i suoi limiti può essere un valido strumento attraverso cui raggiungere e superare il 4%” (13). Perciò – sintetizziamo noi – ingoiate anche questo rospo e via, senza fiatare, a raccogliere le firme e attaccare manifesti!
Le prospettive
Quali prospettive elettorali può avere questo progetto che non suscita il minimo entusiasmo nella stragrande maggioranza di attivisti di Rifondazione comunista? Poiché lo scopo è quello appena descritto con le parole di Ferrero, ecco che, per motivarli nuovamente, si stanno facendo circolare sondaggi che danno la lista Tsipras al 7%. Giova però ricordare che anche quando nacque la lista di Ingroia, Rivoluzione civile, i primi sondaggi erano lusinghieri e furono poi smentiti dalla catastrofe elettorale; e va pure segnalato che più recenti rilevamenti statistici fanno pericolosamente “ballare” l’aggregazione intorno alla quota del 4%.
Non abbiamo sfere di cristallo e non siamo dunque in grado di azzardare previsioni. Certo è però che, se lo sbarramento non sarà superato, quest’esperienza sarà sicuramente ricordata come l’ultimo soffio vitale del Prc, un partito già da tempo sull’orlo della bancarotta politica e finanziaria (14). Se invece dovesse riuscire nell’impresa di eleggere almeno un parlamentare europeo, Rifondazione godrebbe di qualche briciola in più in termini economici per prolungare però la sua agonia politica, dal momento che il programma che la lista Tsipras – e lo stesso Prc insieme ai partiti della Sinistra europea – porta avanti s’inscrive nei limiti della salvaguardia del sistema capitalistico che fa della c.d. “integrazione europea” il caposaldo dell’ordine borghese nel Vecchio continente. La proposta di “democratizzare l’Ue e la sua struttura istituzionale” esplicita quella di conservare l’architettura istituzionale costruita dalle borghesie europee e il fulcro su cui essa poggia: l’euro. Il progetto della Sinistra europea, di Tsipras e del Prc, non è di rompere quest’ingranaggio imperialista che, difendendo l’attuale divisione del lavoro nel continente, approfondendo le diseguaglianze fra i Paesi e isolando all’interno delle frontiere continentali la lotta del proletariato, ne impedisce la reale unità. Al contrario, è di rendere quest’ingranaggio più “accettabile”, allertando anzi il grande capitale che senza “democratizzarlo” il suo progetto è in pericolo. Di qui la necessità di “rifondare” l’Ue, nel programma della lista Tsipras.
In definitiva, nell’una come nell’altra ipotesi, le prossime elezioni mostreranno che “uno spettro s’aggira per l’Europa”. E, purtroppo, non sarà il comunismo caro al buon Karl Marx (e a noi marxisti rivoluzionari). Sarà invece lo spettro, o meglio il fantasma, di quel partito – il Prc – che tante illusioni e aspettative aveva destato negli attivisti e che ha poi dilapidato un enorme patrimonio di militanza disperdendolo nella costante ricerca dell’accordo negoziale con la borghesia (di cui la lista Tsipras costituisce il triste epilogo).
Un programma di classe rivoluzionario. Un’alternativa socialista
In Italia non sarà possibile, a causa di una normativa restrittiva, presentare una candidatura classista e che costituisca una reale alternativa alle diverse varianti borghesi in campo. Nondimeno, le elezioni costituiscono per i marxisti rivoluzionari – anche quando non possono parteciparvi – la tribuna per propagandare il proprio programma. E anche le prossime europee, dunque, rappresenteranno l’occasione per il Pdac di presentare il programma che, come Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale, proporremo in altri Paesi in cui invece i nostri partiti fratelli potranno, grazie a una diversa legislazione, concorrere alle elezioni del 25 maggio.
Un programma che, per rompere realmente la spirale di tagli, diminuzioni dei salari e controriforme pensionistiche e del lavoro, propone di mettere in discussione, attraverso la rottura e la distruzione dell’Ue e l’uscita dall’euro, le necessità più profonde del capitale imperialista e la divisione del lavoro nel continente. Un programma che si scontra direttamente con gli imperialismi europei proponendo il rifiuto del pagamento del debito pubblico, l’espropriazione delle banche, il monopolio del commercio estero, la scala mobile delle ore di lavoro a parità di salario, la nazionalizzazione dei settori e delle imprese strategiche senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, l’abolizione di tutte le leggi e i trattati xenofobi e razzisti per un’integrazione reale e un’uguaglianza salariale e di diritti sindacali e politici, la fine di tutte le missioni imperialiste fuori dall’Europa e il ritiro delle truppe dai Paesi aggrediti, con lo scioglimento della Nato e lo smantellamento delle sue basi.
Un programma, infine, che, rifiutando la caricatura della “unità europea” sotto il segno dell’imperialismo (che invece la lista Tsipras difende), non scade nella difesa delle piccole patrie nazionali, ma anzi persegue il disegno rivoluzionario di una libera federazione degli Stati socialisti d’Europa.
Note(1) È importante prestare attenzione alla sequenza delle date, per comprendere meglio cosa è davvero accaduto nella vicenda che ci apprestiamo a raccontare.
(2) Ripresa dalla rivista Micromega (
 http://temi.repubblica.it/micromega-online/barbara-spinelli-con-tsipras-contro-leuropa-dellausterita/ ).
(3) Pubblicata anche nella rivista Micromega (
 http://temi.repubblica.it/micromega-online/flores-darcais-%E2%80%9Calle-elezioni-europee-una-lista-della-societa-civile-con-tsipras%E2%80%9D/?fb_action_ids=10201143533415921&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582).
(4) Ripresa sempre dalla rivista Micromega alla pagina web 
http://temi.repubblica.it/micromega-online/camilleri-lista-tsipras-una-speranza-per-cambiare-l%E2%80%99europa-e-unire-le-forze-vive-della-sinistra%E2%80%9D/ .
(5) È sempre Alfonso Gianni a scrivere sulla sua pagina Facebook: “Del resto quando parlammo alla delegazione di Syriza in visita ufficiale alle forze politiche italiane, … fummo molto chiari (Musacchio, Viale ed io) su due punti: lista di cittadinanza (ovvero il contrario di Cambiare si può) e non semplice allargamento del Prc a esterni; tentativi di allargamento della lista a esponenti del mondo liberal italiano anche se non strettamente di sinistra”.
(6) 
Http://www.listatsipras.eu/chi-siamo/l-appello.html .
(7) All’esito della consultazione on line, è poi stato deciso simbolo e nome della lista, che è stata chiamata “L’altra Europa con Tsipras”. In ogni caso, almeno la terza ragione esposta da Revelli rendeva fin troppo scoperta l’intenzione della lista di guardare a settori dell’elettorato grillino.
(8)Http://www.comunistiitaliani.it/modules.php?op=modload&name=news&file=article&sid=9238&mode=thread&order=0&thold=0.
(9) E che poi, visto lo scandalo montante, i “garanti” sono stati costretti a escludere dalla lista.
(10) Anche in questo caso limitandosi a minimizzare parlando soltanto di “contraddizioni ed errori” (Documento approvato dal Cpn del 16/3/2014).
(11) È il caso di Antonia Battaglia, esponente di spicco dell’ambientalismo tarantino e pugliese, che si è trovata candidata fianco a fianco con uomini della nomenclatura di Vendola, coinvolto – com’è noto – nello scandalo Ilva, tra i quali Dino Di Palma, uomo forte del bassolinismo campano e legato alle vicende della catastrofica situazione dei rifiuti nella regione.
(12) V. nota precedente.
(13) 
Http://www2.rifondazione.it/primapagina/?p=10793 .
(14) Mentre scriviamo, viene dato l’annuncio delle chiusura anche dell’edizione on line di Liberazione, dopo la scomparsa dell’edizione cartacea: sulla pagina 
http://liberazione.it/ (fino a che non chiuderanno anche quella!) stanno intanto volando gli stracci fra la segreteria del partito e la direzione del giornale.

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