Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 16 agosto 2014

L’ISIS si rafforza

Patrck Cockburn. fonte: Z.Net Italy

12 agosto 2014.


Mentre l’attenzione del mondo si focalizza sull’Ucraina e su Gaza, lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis) ha preso un terzo della Siria oltre al quarto dell’Iraq di cui si era impadronito in giugno. Le frontiere del nuovo Califfato dichiarate dall’Isis il 29 giugno si stanno espandendo quotidianamente e ora coprono un’area più vasta della Gran Bretagna e abitata da almeno 6 milioni di persone, una popolazione più grande dei quella della Danimarca, della Finlandia o dell’Irlanda. In poche settimane di combattimento in Siria, l’Isis si è affermata come la forza dominante nell’opposizione siriana, avendo sbaragliato l’affiliato ufficiale di al-Qaida, Jabhat al-Nusra, nella provincia ricca di petrolio di Deir Ezzor e giustiziato il comandante locale mentre tentava di fuggire. Nella Siria del nord circa 5.000 combattenti dell’Isis stanno usando carri armati e artiglieria presa all’esercito iracheno a Mosul per assediare mezzo milione di Curdi nella loro enclave di Kobani sul confine turco. Nella Siria centrale, vicino a Palmira, l’Isis ha combattuto l’esercito siriano mentre invadeva la zona ricca di petrolio di al-Shaer, una delle più vaste del paese, con un assalto a sorpresa che ha lasciato sul terreno la cifra presunta di 300 morti tra soldati e civili. Ripetuti contrattacchi governativi infine hanno ripreso la zona, ma l’Isis controlla ancora la maggior parte della produzione siriana di petrolio gas. Forse il califfato è povero e isolato, ma i suoi pozzi di petrolio e il controllo delle strade di importanza cruciale forniscono un reddito continuo oltre al bottino di guerra.
La nascita del nuovo stato è il cambiamento più radicale alla geografia politica del medio oriente fin da quando è stato reso effettivo l’accordo di Sykes-Picot, subito dopo la prima Guerra Mondiale (1916). Tuttavia questa trasformazione esplosiva ha creato sorprendentemente scarso allarme a livello internazionale o anche tra coloro che in Iraq e in Siria non sono ancora sotto dominio dell’Isis. I politici e i diplomatici tendono a trattare l’Isis come se fosse un gruppo di Beduini assalitori che appare dal deserto in modo teatrale, ottiene vittorie spettacolari e poi si ritira nelle sue roccaforti lasciando lo status quo non molto cambiato. Uno scenario del genere è concepibile, ma sta diventando sempre meno probabile dato che l’Isis consolida la sua presa sulle sue nuove conquiste in una zona che potrebbe presto estendersi dall’Iran al Mediterraneo.
Proprio la velocità e la sua ascesa inaspettata hanno reso facile che i leader occidentali e regionali sperassero che la caduta dell’Isis e l’implosione del Califfato potessero essere ugualmente improvvise e veloci. Ma tutte le prove dimostrano che questa è una pia illusione e che la tendenza va nell’altra direzione, mentre gli oppositori dell’Isis diventano più deboli e meno capaci di resistenza: in Iraq l’esercito non mostra alcun segno di riprendersi dalle sue precedenti sconfitte e non è riuscito a lanciare un singolo contrattacco con esito positivo; in Siria gli altri gruppi di opposizione, compresi i combattenti agguerriti di al-Nusra e di Ahrar al-Sham sono demoralizzati e si stanno disintegrando dato che sono schiacciati tra l’Isis e il governo di Assad. Karen Koning Abuzayad, membro della Commissione di inchiesta dell’ONU in Siria, dice che un numero sempre maggiore di ribelli siriani stanno disertando per passare con l’Isis: ”Vedono che è meglio, dicono: questi tizi sono forti, vincono le battaglie, si impadroniscono di territori, hanno soldi, possono addestrarci.” E’ una brutta notizia per il governo che a malapena ha resistito a un assalto nel 2012 e nel 2013 da parte di ribelli meno bene addestrati, organizzati e armati dell’Isis; avrà reali difficoltà a fermare le forze del Califfato che avanzano verso occidente.
A Baghdad c’è stato turbamento e terrore il 10 giugno per la caduta della città di Mosul e perché la gente si è resa conto che i camion zeppi di uomini armati dell’Isis erano soltanto a un’ora di distanza. Ma invece di attaccare Baghdad, l’Isis ha preso la maggior parte di Anbar, cioè la vasta provincia sunnita che si estende nell’Iraq occidentale su entrambi i lati dell’Eufrate. A Baghdad, con la sua popolazione per lo più sunnita, di 7 milioni di persone, la gente sa che cosa aspettarsi se le forze dell’Isis sanguinarie e anti-Sciite si impadroniscono della città, ma prendono coraggio dal fatto che questa calamità non si è ancora verificata. ‘All’inizio eravamo spaventati dal disastro militare ma noi abitanti di Baghdad siamo stati abituati alle crisi degli scorsi 35 anni,’ ha detto una donna. Anche con l’Isis alle porte, i politici iracheni hanno continuato con i loro giochi politici mentre si muovono faticosamente verso la sostituzione del primo ministro Nouri al-Maliki, ormai screditato.
‘E’ veramente surreale,’ ha detto un ex ministro iracheno. ‘Quando ci si rivolge a qualsiasi leader politico a Baghdad, loro parlano come se non avessero appena perso metà del paese.’ I volontari erano andati al fronte dopo un decreto del grande ayatollah Ali al-Sistani, l’ecclesiastico sciita più influente dell’Iraq. Questi miliziani, però, stanno ritornando alle loro case, lamentandosi che erano mezzi morti di fame e costretti a usare le loro armi e a comprarsi le munizioni. L’unico contrattacco su vasta scala lanciato dall’esercito regolare e dalla milizia sciita raccolta di recente è stata una incursione disastrosa a Tikrit il 15 luglio in seguito a un agguato e a una sconfitta con perdite pesanti. Non c’è segno che la natura disfunzionale dell’esercito iracheno sia cambiata. ‘Usavano soltanto un elicottero in appoggio alle truppe a Tikrit,’ ha detto l’ex ministro, ‘quindi mi chiedo che cosa diavolo è accaduto ai 140 elicotteri che lo stato iracheno ha comprato in anni recenti?’
Probabilmente il denaro per i 139 elicotteri mancanti è stato semplicemente rubato. Ci sono altri stati totalmente corrotti nel mondo, ma pochi di questi hanno entrate di 100 miliardi di dollari all’anno da cui rubare. Il solo scopo di molti funzionari è stato per molto tempo quello di ottenere la più grande mazzetta possibile e non gli importava molto se i gruppi jihadisti facevano la stessa cosa. A Baghdad ho incontrato un uomo d’affari turco che mi ha detto che aveva ottenuto un grosso appalto edile a Mosul in anni recenti. L’emiro locale, o capo dell’Isis, allora nota come al-Qaida in Iraq, ha chiesto alla compagnia 500.000 dollari al mese come denaro per la protezione. ‘Mi sono lamentato ripetutamente riguardo a questo con il governo di Baghdad,’ ha detto l’uomo d’affari, ‘ma non facevano niente al riguardo, tranne dire che potevo aggiungere al prezzo del contratto il denaro che avevo pagato ad al-Qaida.’L’emiro è stato subito ucciso e il suo successore ha chiesto che il denaro per la protezione fosse aumentato di 1 milione di dollari al mese. L’uomo di affari si è rifiutato di pagare e uno dei suoi impiegati iracheni è stato ucciso: ha ritirato i suoi dipendenti turchi e le sue attrezzature per riportarle in Turchia. ‘In seguito ho ricevuto un messaggio da al-Qaida che diceva che il prezzo era sceso di nuovo a 500.000 dollari e che potevo tornare,’ mi ha detto. Questo è accaduto un po’ di tempo prima che l’Isis si impadronisse della città.
Davanti a questi fallimenti la maggioranza sciita in Iraq trae ora conforto da due convinzioni che, se fossero vere, significherebbero che la situazione attuale non è pericolosa come sembra. Sostengono che i Sunniti iracheni hanno fatto una rivolta e che i combattenti dell’Isis sono soltanto le truppe d’assalto o l’avanguardia di un’insurrezione provocata dalle politiche anti-sunnite e dalle azioni di Maliki. Una volta che verrà sostituito, come è quasi sicuro, Baghdad offrirà ai Sunniti un nuovo accordo di partecipazione al potere con un’autonomia regionale simile a quella goduta dai Curdi. Allora le truppe sunnite, gli ex ufficiali dell’esercito e i Baathisti che hanno permesso all’Isis di prendere in mano la situazione nell’insurrezione sunnita, si rivolteranno contro i loro feroci alleati. Malgrado tutti i segnali contrari, gli Sciiti a tutti i livelli ripongono la loro speranza in questo mito, cioè che l’Isis è debole e che può facilmente essere messa da parte dai Sunniti moderati dopo aver raggiunto i loro scopi. Uno Sciita mi ha detto: “Mi chiedo se l’Isis esista davvero.’
Sfortunatamente, l’Isis non soltanto esiste, ma è un’organizzazione efficiente e spietata che non ha nessuna intenzione di aspettare che i suoi alleati sunniti la tradiscano. A Mosul ha chiesto che tutti i combattenti dell’opposizione giurassero lealtà al Califfato o rinunciassero alle loro armi. Alla fine di giugno e all’inizio di luglio hanno arrestato tra 15 e 20 ex ufficiali dell’epoca di Saddam Hussein, compresi due generali. A dei gruppi che avevano appeso immagini di Saddam è stato detto di levarle o di affrontare le conseguenze. ‘Non sembra probabile,’ ha detto Aymenn al-Tamimi, un esperto di jihadisti, ‘che il resto dell’opposizione militare sunnita sarà in grado di ribellarsi con successo all’Isis. Se ci riusciranno, dovranno agire il più presto possibile prima che l’Isis diventi troppo forte. Fa notare che l’ala presumibilmente più moderata dell’opposizione sunnita non ha fatto nulla per impedire che i resti della antica comunità cristiana di Mosul venissero costretti a fuggire dopo che l’Isis ha detto loro che dovevano convertirsi all’Islam, pagare una tassa speciale o essere uccisi. I membri di altre sette e di altri gruppi etnici denunciati come Sciiti o politeisti vengono ora perseguitati, imprigionati e uccisi. Sta passando il momento in cui l’opposizione contro l’Isis poteva lanciare un sfida con successo.
Gli Sciiti iracheni offrono un’altra spiegazione del modo in cui il loro esercito si è disgregato: è stato pugnalato alle spalle dai Curdi. Cercando di gettar via la colpa da se stesso, Maliki sostiene che Erbil, la capitale curda, ‘è un quartier generale dell’Isis, dei baathisti, di al-Qaida e dei terroristi’. Molti Sciiti credono a questo: gli fa sentire che le loro forze di sicurezza (nominalmente 350.000 soldati e 650.000 poliziotti) hanno fallito perché sono stati traditi e non perché non avrebbero voluto combattere. Un iracheno mi ha detto che era a un iftar (il pasto serale) durante il Ramadan ‘con un centinaio di professionisti sciiti, per lo più dottori e ingegneri e tutti hanno dato per scontata la teoria della pugnalata alla schiena come spiegazione di ciò che era andato storto.’ Lo scontro con i Curdi è importante perché rende impossibile creare un fronte unito contro l’Isis. Il capo dei Curdi, Massoud Barzani, ha tratto vantaggio dalla fuga dell’esercito iracheno per impadronirsi di tutti i territori, compresa la città di Kirkuk, che sono state oggetto di disputa tra Curdi e Arabi fin dal 2003. Massoud ha ora una frontiera comune di 965 km. con il Califfato ed è un ovvio alleato per Baghdad dove i Curdi costituiscono parte del governo. Tentando di fare dei Curdi il capro espiatorio, Maliki si assicura che gli Sciiti non avranno alleati nel loro scontro con l’Isis se riprenderà l’attacco in direzione di Baghdad. L’Isis e i suoi alleati sunniti sono stati sorpresi da questa debolezza militare del governo di Baghdad. E’ improbabile che siano soddisfatti dell’autonomia regionale per le province sunnite e per una parte più grande di posti di lavoro e di entrate del petrolio. La loro insurrezione si è trasformata in una piena contro-rivoluzione che mira a riprendersi il potere su tutto l’Iraq.
Al momento Baghdad ha un’atmosfera fasulla di guerra, come Londra o Parigi alla fine del 1939 o all’inizio del 1940, e per ragioni analoghe. La gente aveva temuto una battaglia imminente per la capitale dopo la caduta di Mosul, ma non è ancora accaduto e gli ottimisti sperano che non accadrà affatto. La vita è più disagiata di come era di solito, non soltanto nel cuore della città. Tuttavia qualche forma di attacco militare, diretto o indiretto, probabilmente avverrà una volta che l’Isis abbia rinforzato la sua presa sul territorio che ha appena conquistato: considera le sue vittorie come se fossero ispirate divinamente . Crede nell’uccisione o nell’espulsione gli Sciiti invece che nei negoziati con loro, come ha dimostrato a Mosul. Alcuni leader sciiti possono calcolare che gli Stati Uniti o l’Iran interverranno sempre per salvare Baghdad, ma entrambe le potenze stanno dimostrando riluttanza a immergersi nel pantano iracheno in appoggio a un governo disfunzionale.
I capi sciiti iracheni non hanno affrontato il fatto che il loro dominio sullo stato iracheno, causato dalla deposizione di Saddam Hussein a opera degli Stati Uniti è finita ed è rimasta soltanto una superstite parte sciita del governo . E’ finita a causa della loro incompetenza e corruzione e perché l’insurrezione sciita in Siria nel 2011ha destabilizzato l’equilibrio tra le sette al potere in Iraq. Da tre anni la vittoria sunnita guidata dall’Isis in Iraq, minaccia di rompere lo stallo militare in Siria. Assad si è andato ritirando lentamente davanti un’opposizione che si indebolisce: a Damasco e nella sua periferia, tra le montagne Qalamoun lungo il confine libanese e a Homs, le forze di governo sono avanzate lentamente e sono vicine a circondare la grande enclave ribelle ad Aleppo. Però le truppe di combattimento di Assad sono visibilmente deboli nelle battaglie di terra, è necessario che evitano perdite pesanti e hanno soltanto la forza di combattere su un fronte alla volta. La tattica del governo è di devastare un distretto tenuto dai ribelli con il fuoco dell’artiglieria e ordigni esplosivi improvvisati lanciati dagli elicotteri, costringere la maggior parte della popolazione a fuggire, isolare quello che potrebbe ora essere un mare di rovine e sostanzialmente costringere i ribelli ad arrendersi. Ma l’arrivo di grandi numeri di combattenti dell’Isis ben armati e reduci da recenti successi, sarà una nuova e pericolosa sfida per Assad. In luglio hanno invaso due importanti guarnigioni dell’esercito siriano nell’est del paese. Una teoria su una cospirazione, molto gradita al resto dell’opposizione siriana, e ai diplomatici occidentali secondo cui l’Isis e Assad sono in combutta, è stato dimostrato che è falsa.
Forse l’Isis potrebbe avanzare su Aleppo piuttosto che su Baghdad; è un obiettivo più debole e meno probabile che provochi un intervento internazionale. Questo lascerà l’Occidente e i suoi alleati nella regione –Arabia Saudita. Qatar e Turchia – di fronte a un dilemma: la loro politica ufficiale è di liberarsi di Assad, ma l’Isis è ora la seconda più solida forza militare in Siria; se lui cade, l’Isis è in buona posizione per riempire il vuoto. Come i leader sciiti a Baghdad, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno reagito all’ascesa dell’Isis cominciando a fantasticare. Fanno finta di stare incoraggiando una ‘terza forza’ di ribelli siriano moderati a combattere sia Assad che l’Isis, sebbene, in privato, i diplomatici occidentali ammettano che questo gruppo in realtà non esiste al di fuori di poche zone assediate. Aymenn al-Tamini conferma che questa opposizione appoggiata dall’Occidente ‘sta diventando sempre più debole’; crede che rifornirli di altre armi non farà grande differenza. La Giordania, sotto pressione da parte degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita, si suppone che sia una rampa di lancio per questa impresa rischiosa, ma ha dei ripensamenti. ‘La Giordania è spaventata dall’Isis’, ha detto un funzionario giordano ad Amman. ’La maggior parte dei giordani vuole che Assad vinca la guerra.” Ha detto che la Giordania sta cedendo sotto la tensione di far fronte ai grandi numeri di rifugiati siriani, ‘l’equivalente di tutta la popolazione del Messico che si sposta in un anno negli Stati Uniti’.
I genitori adottivi dell’Isis e di altri movimenti jihadisti sunniti in Iraq e in Siria, sono le monarchie del Golfo e la Turchia. Questo non significa che i jihadisti non avessero forti radici indigene, ma la loro ascesa è stata appoggiata in modo determinante da potenze sunnite esterne. L’aiuto dei Sauditi e dei Qatarioti è stato principalmente finanziario, di solito fornito con donazioni private che Richard Dearlove, l’ex capo dell’ MI6, (Military Intelligence 6), l’agenzia di spionaggio britannica dice che sono state determinanti per la presa di controllo delle province sunnite nell’Iraq del Nord: ‘Queste cose non accadono spontaneamente.’ In un discorso a Londra in luglio, ha detto che la politica saudita verso i jihadisti ha due motivi contradditori: la paura dei jihadisti che operano in Arabia Saudita e il desiderio di usarli contro le potenze sciite all’estero. Ha detto che i Sauditi sono ‘profondamente attratti verso qualsiasi militanza che possa efficacemente sfidare l’ambito sciita’. E’ improbabile che la comunità sunnita irachena nel suo complesso si sarebbe allineata dietro all’Isis senza l’appoggio che l’Arabia Saudita ha dato direttamente o indirettamente a molti movimenti sunniti. Lo stesso è vero per la Siria, dove il principe Bandar bin Sultan, ex ambasciatore a Washington e capo dell’intelligence saudita dal 2012 al febbraio 2014, stava facendo tutto quello che poteva per appoggiare l’opposizione jihadista fino a quando è stato sollevato dal suo incarico. Timorosi di quello che avevano contribuito a creare, i Sauditi stanno ora virando nell’altra direzione, arrestando i volontari jihadisti invece che fare finta di non vederli quando vanno in Siria e in Iraq, ma forse è troppo tardi. I jihadisti sauditi amano poco la dinastia saudita. Il 23 luglio, l’Isis ha lanciato un attacco contro uno degli ultimi bastioni dell’esercito siriano nella provincia settentrionale di Raqqa. E iniziato con un attacco suicida con un’autobomba; la macchina era guidata da un saudita di nome Khatab al-Najdi che aveva messo sui finestrini della macchina le fotografie di tre donne detenute in prigioni saudite, una delle quali era Hila al-Ksasir, sua nipote.
Il ruolo della Turchia è stato diverso ma non meno significativo di quello dell’Arabia Saudita nell’aiutare l’Isis e altri gruppi jihadisti. La sua azione più importante è stata quella di tenere aperto il suo confine di 820 km con la Siria. Questo ha dato all’Isis ad al-Nusra e ad altri gruppi di opposizione una sicura base arretrata da cui far entrare uomini e armi. I punti di attraversamento del confine sono stati i luoghi più contestati durante la ‘guerra civile all’interno della guerra civile’ dei ribelli. La maggior parte dei jihadisti stranieri ha attraversato la Turchia sulla loro strada verso la Siria e l’Iraq. Cifre precise sono difficili da procurarsi, ma il Ministro degli Interni del Marocco ha detto di recente che 1122 jihadisti marocchini sono entrati in Siria, compresi 900 che ci sono andati nel 2013, 200 dei quali sono stati uccisi. La sicurezza irachena sospetta che i servizi segreti militari turchi possono essere stati pesantemente coinvolti nell’aiutare l’Isis quando si stava ricostruendo nel 2011. Rapporti dal confine turco dicono che l’Isis non è più gradita, ma con le armi prese all’esercito iracheno e la confisca delle aree ricche di petrolio e di gas in Siria, non hanno più così tanto bisogno di aiuto esterno.
Per l’America, la Gran Bretagna e le potenze occidentali, l’ascesa dell’Isis e del Califfato è il massimo disastro. Qualunque cosa intendessero con la loro invasione dell’Iraq nel 2003 e con i loro tentativi di liberarsi di Assad in Siria fin dal 2011, non è stato per vedere la creazione di uno stato jihadista che abbraccia l’Iraq e la Siria e gestito da un movimento cento volte più grande e molto meglio organizzato dell’al-Qaida di Osama bin Laden. La guerra al terrore per la quale sono state ridotte le libertà civili e sono stati spesi miliardi di dollari, è fallita miseramente. La convinzione che all’Isis interessino soltanto le lotte di ‘Musulmani contro Musulmani’ è un altro esempio di pia illusione: l’Isis ha dimostrato che combatterà contro chiunque non aderisce alla sua variante settaria, puritana e violenta dell’Islam. L’Isis è diversa da al-Qaida in quanto è un’organizzazione militare ben gestita che è molto attenta a scegliere i suoi obiettivi e al momento ottimale di attaccarli.
In molti a Baghdad sperano che gli eccessi dell’Isis – per esempio far saltare in aria le moschee che ritiene siano luoghi di culti diversi, come quella di Younis (Giona) a Mosul – alieneranno loro le simpatie dei Sunniti. Può darsi che a lungo termine succeda, ma opporsi all’Isis è molto pericoloso e, malgrado tutta la sua brutalità, ha portato la vittoria a una comunità sunnita sconfitta e perseguitata. Anche quei Sunniti di Mosul che non amano l’Isis, hanno paura del ritorno di un vendicativo governo iracheno dominato dagli Sciiti. Finora la reazione di Baghdad alla sua sconfitta è stata di bombardare a casaccio Mosul e Tikrit, lasciando la gente locale senza alcun dubbio circa la sua indifferenza al loro benessere o alla loro sopravvivenza. La paura non cambierà anche se Maliki verrà sostituito da un primo ministro più conciliatorio. Un Sunnita di Mosul, scrivendomi appena dopo che un missile lanciato dalle forze governative era esploso in città, mi ha detto: “’Le forze di Maliki hanno già distrutto l’Università di Tikrit. E’ diventata caos e macerie come tutta la città. Se Maliki ci raggiunge a Mosul, ucciderà le persone o le farà diventare profughi. Preghi per noi.’ Queste opinioni sono comuni, e rendono meno probabile che i Sunniti insorgano per opporsi all’Isis e al suo Califfato. E’ nato uno stato nuovo e terrificante.

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