Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 6 dicembre 2014

L’Instabilita’ Economica Globale

Un’Intervista Con Jack Rasmus, Parte 1 Da Z Net Italy
Di Taylan Tosun
TAYLAN TOSUN: Nel tuo nuovo libro , che sta per uscire nel 2015, Transitions to Global Depression, tu proponi che ci stiamo muovendo verso la depressione globale. Che cosa e’ cambiato dalla fine degli anni ’70 che ti fa pensare che il sistama si stia spostando dagli investimenti produttivi verso investimenti puramente speculativi, su base finanziaria,  e che tu ritieni fondamentale per l’instabilita’ dell’economia globale?

RASMUS: Il decennio degli anni ’70 fu un decennio di crisi economica intensissima. La dominazione dell’economia USA, durata un quarto di secolo, e la facile crescita economica dal 1945 stava terminando. La competizione tra le economie capitalistiche con il riassestamento delle economie in Europa e in Giappone, si stava intensificando. Sul fronte interno i sindacati e i partiti di sinistra chiedevano una fetta piu’ grande della ricchezza nazionale, con un certo successo.  I paesi comunisti di allora stavano avendo successo in cio’ che adesso chiamiamo le economie dei mercati emergenti. In risposta, settori capitalistici chiave insieme a certi politici cominciarono a ristrutturare e a sviluppare nuove strategie che avrebbero rifinito ancora di piu’ in seguito, nel corso dei tre decenni successivi.
La prima consequenza fondamentale fu l’abbandono , da parte degli USA, del vecchio sistema monetario internazionale di Bretton Woods, dove il dollaro USA era legato all’oro e le altre monete erano legate al dollaro, anche se in maniera un po’ meno stretta. Questo causava una costante emissione di moneta “fiat” – valuta dichiarata a corso legale o, anche, cartamoneta di carta igienica- da parte delle banche centrali delle economie capitalistiche- e in particolare da parte della Federal Reserve degli USA- nell’economia USA e globale. Piu’ tardi questo fatto porto’ alla creazione di mercati per nuove attivita’ finanziarie, altamente fluide, e a nuove forme di scambio di titoli finanziari in questi mercati e alla comparsa di una nuova elite globale finanziaria con un enorme potere economico e eventualmente anche politico senza precedenti nella storia. Subito dopo il collasso di Bretton Woods e la comparsa delle politiche di eccesso di liquidita’ da parte delle banche centrali, che, fino ad allora, avevano subito dei controlli sui flussi di capitali e valuta internazionali,  questi controlli furono eliminati, per primi dagli USA e presto seguiti da tutti gli altri paesi capitalisti. Questo accelero’ lo sviluppo della finanza speculativa globale, dato che getto’ le fondamenta per la vera e propria globalizzazione. I controlli sulle attivita’ delle banche furono eliminati, specialmente negli USA, per far si’ che tutto questo potesse realizzarsi.
La maggior parte di questo processo avvenne negli anni ’80. E questo fu seguito negli anni ’90 da una rivoluzione nella tecnologia digitale e nell’Internet che contribui’ ancora di piu’ alle nuove forme del capitale finanziario globalizzato. Ideologie assurde per il “libero mercato” giustificarono il tutto. Una rivoluzione economica creditizia che esplodeva all’interno si accompagno’ all’esplosione dell’emissione di soldi fiat (fasulli Ndt) da parte delle banche centrali.  Questi due processi insieme resero possibile l’eccesso di liquidita’ globale che alimento’ gli investimenti sulle attivita’ finanziarie e la speculazione che, a loro volta, portarono a eventi di instabilita’ finanziaria sempre piu’ frequenti e allargati e quindi a crolli finanziari. I capitalisti che investono scoprirono che era piu’ facile far soldi creando moneta fasulla e speculando sulle attivita’ finanziarie che essi stessi avevano creato piuttosto che costruire (produrre) beni e assetti reali. I profitti derivanti dagli investimenti sulle attivita’ finanziarie si rivelarono molto piu’ alti a breve termine, richiedono costi minimi di produzione e delle merci; il turnover del profitto e’ molto piu’ veloce ed e’ piu’ facile uscire dai mercati altamente fluidi una volta che il profitto sia stato realizzato.
Gli investimenti sulle attivita’ finanziarie erano relativamente piu’ redditizi degli investimenti sui beni reali e sui servizi- di nuovo, perlomeno nell’ AE (Aggregate Expenditure, una misura del prodotto nazionale Ndt), dove praticamente tutte le finanze, fino a ora, hanno avuto origine. Cio’che nel mio libro definisco come la parata della valuta globale e’ la miscela di un mercato globale di attivita’ finanziarie altamente fluide- i nuovi titoli finanziari che vengono costantemente creati per operare in quei mercati altamente fluidi- e le nuove istituzioni finanziarie, create anch’esse per investire in quegli stessi titoli e mercati, per conto della nuova elite globale del capitale finanziario- questi ultimi identificati talvolta da investimenti con altissime rendite, con un flusso di guadagni di almeno 30 milioni di dollari di investimenti e re-investimenti annuali. Oggigiorno si stima che ci siano 200.000 persone di questo tipo in tutto il mondo ed essi controllano attivita’ finanziarie di circa 30 trilioni di dollari; questa somma aumentera’ di 10 trilioni di dollari ogni 2-3 anni in questo prossimo decennio. La loro ricchezza e i loro profitti continuano ad aumentare con la speculazione azionaria, i buoni del tesoro, le quote di cambio delle valute estere, i derivati finanziari di tutti i tipi, certi tipi di fondi d’investimento valutati in borsa, le proprieta’ immobiliari e di altro tipo e altre attivita’ finanziarie. Questa gente costituisce la nuova elite della finanza capitalistica globale, sempre piu’ dominante,il cui potere economico e politico continua ad aumentare esponenzialmente anno dopo anno. Altri capitalisti industriali e piccoli investitori li stanno seguendo, investendo sempre di piu’ nella speculazione finanziaria invece di reinvestire nella produzione di beni e merci. Gli investimenti su attivita’ finanziarie quindi stanno prendendo sempre di piu’ il posto degli investimenti sui beni reali a poco a poco in tutto il mondo- con l’eccezione, forse, dei mercati emergenti dove le opportunita’ per lo sviluppo delle infrastrutture e dell’espansione di produzione di beni primari esistera’ ancora per qualche tempo.
Il capitalismo globale sta diminuendo la sua quota di investimenti reali. Questa e’ la ragione per cui sta avendo problemi nel creare nuovi posti di lavoro e generare salari per il resto della popolazione. Questa e’ anche la ragione per cui il consumo e’ stagnante nell’occidente e perche’ i debiti dei consumatori vengono offerti come sostituto alle famiglie il cui introito non riesce a crescere. E questa e’ anche la ragione per cui gli AE (Aggregate Expenditure) stanno attraversando questa crescita economica con fermate e ripartite a singhiozzo , senza interruzioni. C’e’ una mancanza di investimenti reali. Ma questo processo ha le sue radici negli investimenti speculativi che offrono un profitto molto maggiore alle elite della nuova finanza capitalistica.
Gli economisti che si riconocono nel sistema capitalistico occidentale e negli AE, anche quelli vincitori di premi Nobel come Paul Krugman e George Stiglitz e altri, non riescono a capire questo processo perche’ essi non concepiscono gli investimenti sulle attivita’ finanziarie e la loro relazione con gli investimenti reali. Questa gente e’ stata educata a guardare solo ai dati contenuti nel loro National Income Accounts, e su questi dati essi costruiscono i loro modelli.
In modo simile molti economisti marxisti ( anche se non tutti) sono feticisti riguardo alla produzione reale e al plusvalore che deriva dalla produzione reale, che costituisce il punto centrale del primo volume de Il Capitale di Marx. Queste stesse persone non capiscono dove Marx stava andando a parare con le sue note, non pubblicate, sul terzo volume del Capitale, sul sistema bancario e creditizio. Marx non riusci’ mai a formulare un’analisi piu’ completa di cio’ che egli chiamo’ valore di scambio sotto forma di capitali.  Quindi, molti economisti marxisti pensano che il primo volume, la produzione del valore (e il concetto concatenato della tendenza della Quota di Declino del Profitto) costituisce la parola definitive di Marx per spiegare l’instabilita’ del capitalismo. Ma non lo e’. Questa gente pero’ si rifiuta di guardare in faccia la realta’. E quindi anch’essi, come gli economisti capitalisti che vanno per la maggiore come Krugman e altri, non riescono a capire il ruolo della finanza nell’instabilita’ capistalistica globale.
Perche’ tu definisci l’ultima crisi finanziaria come una recessione epica, come un fenomeno diverso dalle altre recessioni, quelle normali?
Io ho scelto il termine di recessione epica per distinguerla da quella che viene chiamata la grande depressione che avvenne nel 2007-2009. Ho un problema con quest’ultima definizione. Essa fu creata dagli economisti capitalistici nel 2009 per cercare di spiegare come quella recessione fosse differente dalle dieci recessioni precedenti negli USA, dal 1948, definite normali. Ma il concetto di grande depressione usato da Krugman e altri significa semplicemente che era peggiore di una recessione normale ma non tanto quanto una depressione. E questo non ci dice praticamente niente.
Se dovessimo spiegare le differenze della recessione del 2007-2009 da quelle precedenti allora dovremmo esaminare una lista di variabili che contribuiscono a definire una recessione epica e che ho riportato nei primi due capitol del mio libro Epic Recession (2010). Perdippiu’ queste variabili non sono statiche ma si influenzano a vicenda. Il mio concetto di recessione epica considera il problema che le recessioni non si concludono solo perche’ il prodotto nazionale lordo smette di decrescere. Una recessione finisce quando una lunga lista di indicatori economici chiave, come minimo, risalgono ai livelli precedenti la recessione stessa e prima che la discesa iniziasse. Deve chiudersi un ciclo completo, non solo un mezzo ciclo. Fino a questo momento molte delle variabili chiave negli USA si sono stabilizzati solo parzialmente e quindi la recessione epica continua, sebbene in una forma meno intensa.
In Europa e Giappone, che hanno attraversato una doppia recessione e le cui economie sembrano indirizzate verso ulteriori contrazioni nel 2014, il recupero e’ stato meno completo. Le differenze tra gli USA e l’Europa/Giappone sono dovute al grado delle risposte fiscali-monetarie da parte di ciascun paese e dal fatto che gli USA, con le sue reserve di moneta globale, ha la capacita’ di determinare influssi globali di capitale dal resto del mondo e dai vantaggi della sua banca centrale che, insieme, hanno reso possibile il sostegno del suo ricovero meglio di quanto abbiano potuto fare gli Europei e i Giapponesi.
Ritornando al problema della recessione normale verso quella epica, mi sono sempre sorpreso per quanto poco accordo ci sia, tra gli economisti capitalisti, intorno alla teoria della recessione e ancor di piu’ quando consideriamo il consenso su cio’  che causa le depressioni.  Le depressioni sono considerate solo come normali recessioni, solo un po’ piu’ grandi.
Ovviamente si tratta di baggianate. Le dinamiche di una depressione sono molto diverse da quelle di una normale recessione; ma gli economisti accademici non riescono a mettersi d’accordo su cio’ che causa una depressione. Le loro spiegazioni vanno dappertutto, enfatizzando questa o quella variabile particolare come la causa principale, ma nessuna di queste spiegazioni risulta convincente. Le recessioni normali, diverse dalle depressioni, sono determinate in maniera tipica da shock esterni- shock di disponibilita’ o shock di domanda. E gli economisti pensano che il tutto stia in questo fatto. Dato che le recessioni normali sono dovute a shock che destabilizzano l’economia, le politiche tradizionali fiscali-monetarie delle economie capitalistiche dal 1948 sono state capaci di ripristinare la stabilita’. Le depressioni pero’ non rispondono molto bene alle politiche fiscali-monetarie. E lo stesso fanno le recessioni epiche di tipo II che costituiscono l’anticamera di eventuali e possibili depressioni. Le recessioni epiche di tipo I, d’altro canto, non sono cosi’ gravi e possono rientrare verso condizioni di una recessione normale. Le recessioni di tipo II invece tendono a trasformarsi direttamente in depressioni.
Tu descrivi le dinamiche interne di tre fasi successive: il debito- la deflazione – il fallimento. Come fa questa sequenza di eventi a portare alla grande crisi finanziaria?
L’esplosione di eccesso di liquidita’ globale da parte delle banche centrali con in piu’ l’espansione del credito interno da parte del sistema bancario privato significa che adesso c’e’ un credito totale massiccio disponibile per il prestito- enormemente di piu’ di quanto sia necessario per finanziare gli investimenti su beni reali. Gli investitori e gli speculatori finanziari investono parte dei loro capitali ma ne prendono anche a prestito una grossa fetta.  Si chiama leveraggio .
Se guardiamo alla situazione del debito globale nell’AE, cio’ che e’ aumentato di piu’ e piu’ velocemente e’ stato il debito derivante da scambi e, in particolare, il debito delle istituzioni finanziarie. Il debito del governo, quello pubblico, non e’ aumentato perche’ questo aumenta quando c’e’ bisogno di rivitalizzare il sistema periodicamente, quando la crescita economica reale e’ lenta e per le riduzioni ripetute delle tasse, normalmente per favorire le industrie, che vanno a peggiorare il debito pubblico. Quindi il debito pubblico e’ la conseguenza delle crisi che diventano sempre piu’ frequenti e gravi.
Il debito dei consumatori e delle loro famiglie cresce anch’esso nel tempo, ma non in modo cosi’ repentino come quello affaristico/finanziario. E’ la conseguenza del blocco dei salari per decenni dovuto a cause diverse, alcune connesse alle crisi ripetute e altre dovute a politiche capitalistiche di libero commercio, scomparsa dei sindacati, cambiamenti nel mercato del lavoro e cosi’ via. Quindi il maggior colpevole del debito pubblico e’ il debito affaristico. Anche i dati del governo lo mostrano in modo molto chiaro. Il sistema dei valori gioca un ruolo fondamentale nell’escalation del debito, specialmente il debito derivante dalla speculazione finanziaria da parte di banche, investitori e le agenize di investimento.  Ma non c’e’ niente che corrisponda a un sistema di prezzi, piuttosto ci sono molti sistemi che si comportano in maniera diversa, e questo non e’ concepibile per gli economisti capitalisti.  Quando le attivita’ finanziarie collassano in un disastro del sistema bancario, come successe nel 2008, allora ne consegue una deflazione delle attivita’ finanziarie. La deflazione delle attivita’ finanziarie poi diventa inflazione dei beni, perche’ i prestiti delle banche alle industrie non bancarie si esauriscono e queste industrie devono licenziare milioni di lavoratori. I licenziamenti di massa vogliono dire una diminuita disponibilita’ monetaria per acquistare beni reali e servizi. Questo, a sua volta, porta ad aumentare la disponibilita’ dei beni invenduti e quindi a una diminuzione dei prezzi dei beni reali- quindi alla deflazione. Quindi, il costo delle attivita’ finanziarie determina una crisi dei valori dei beni reali. La deflazione a sua volta porta a un aumento dei fallimenti perche’ le industrie non riescono a generare i guadagni che sono necessari per pagare i debiti che hanno contratto in precedenza. Un simile processo avviene anche nelle famiglie dei consumatori. La perdita di salario e di lavoro porta all’impossibilita’ di pagare i debiti  (interessi e i debiti veri e propri), quali il muturo della casa, l’automobile, i debiti contratti dagli studenti e cosi’ via. I governi locali possono essere incapacitati a loro volta a pagare i loro debiti, specialmente le citta’, i distretti scolastici e cosi’ via. Forse anche alcuni stati. I governi Federali non falliscono perche’ essi possono, e lo fanno, semplicemente stampare carta moneta che non corrisponde ne’ a beni reali ne’ a riserve auree, se sono costretti, per ripagare i debiti.
Quindi siamo di fronte a una reazione a catena, dall’eccesso di debito creato durante un boom dei costi delle attivita’ finanziarie che, quando la bolla scoppia e i prezzi di queste attivita’ collassano, si trasferisce sui prezzi dei beni reali e, eventualmente, sui salari ( o sul costo del lavoro). Dietro al processo di debito-deflazione-fallimento c’e’ un sistema di tre costi che tiene insieme il processo. Il valore delle attivita’ finanziarie, il cui valore e’ stato aumentato artificialmente durante la fase di espansione finanziaria costituisce il motore trainante quando inizia la fase della crisi finanziaria. Il processo, nel suo insieme, non e’ lineare perche’ ci sono molti effetti di rimbalzo che avvengono simultaneamente, causando il fallimento di un numero sempre piu’ grande di attivita’ finanziarie. Il prospetto della deflazione puo’ determinare l’assunzione di debiti ancora piu’ grandi per evitare il fallimento quando le industrie licenziano ancora altri lavoratori, determinando una maggiore deflazione dei valori dei beni reali e cosi’ via. Si tratta di un processo molto dinamico dove il debito, la deflazione e il fallimento –delle industrie e delle economie familiari- interagiscono e si influenzano a vicenda. Il fallimento di settori governativi avviene in momenti successivi. Gli economisti del sistema non capiscono le relazioni tra i cambiamenti nel valore delle attivita’ finanziarie,  quelli nel mercato dei beni reali e i cambiamenti nel valore del mercato del lavoro (i salari).  Una teoria dei valori del diciannovesimo secolo detta a questa gente la spiegazione che c’e’ una sola teoria dei prezzi e valori per tutti questi settori e che il costo si aggiusta sempre sulla base della domanda e dell’offerta nel lungo andare. Si sbagliano completamente. Ci sono diversi sistemi di prezzi e valori che non rispondono allo stesso modo alla domanda e all’offerta. I valori delle attivita’ finanziarie, per esempio, sono determinati largamente dalla domanda – in tutte e due le fasi  di crescita e di crisi- e l’offerta e’ una forza minuscola per quanto riguarda la determinazione del valore delle attivita’ finanziarie.  Keynes e pochi altri concepirono la possibilita’ di un sistema con due valori, ma io credo che esista un sistema di tre prezzi/valori (attivita’ finanziarie, beni e servizi e valori) che interagiscono nella fase di contrazione dopo un disastro del sistema bancario. Piu’ grande il disastro iniziale  e piu’ profondo e lancinante la contrazione delle attivita’ finanziarie. Piu’ grande il fallimento delle industrie, delle economie familiari e anche dei governi locali e piu’ veloce sara’ la deflazione, perche’ l’economia reale si contrae in maniera decisiva e la deflazione inizia. Lo vediamo oggi in Europa, per esempio, e prima lo abbiamo visto in Giappone.  L’aumento incredibile nel debito privato e familiare non fu definito  dopo il disastro finanziario. Gli investimenti non si riprendono. I salari e le entrate finanziarie non si riprendono. E la deflazione dei beni prende piede lentamente ma senza interruzione. Negli USA  la deflazione delle attivita’ finanziarie e’ stata superata piu’ velocemente tramite l’iniezione di enormi, multimiliardari iniezioni di denaro liquido da parte della Banca Centrale degli USA, la Federal Reserve. Questo ha attutito la deflazione delle attivita’ finanziarie e ha gettato una ciambella di salvataggio alle banche e alle industrie finanziarie per evitare un fallimento generale. L’Europa e il Giappone non hanno fatto lo stesso in modo cosi’ tempestivo, efficiente o massiccio come gli USA. Perdippiu’, il taglio del deficit USA (austerita’) da parte del governo USA non e’ stato cosi’ profondo come in Europa.
L’accumulazione di eccesso di debito quale consequenza di un crack finanziario accelera i processi deflattivi, determina il fallimento, mentre allo stesso tempo la deflazione e il fallimento si riflettono sul debito e mantengono in movimento il processo di debito-deflazione-fallimento. I governi devono intervenire velocemente per fermare la deflazione-fallimento e rimuovere il debito. Incece essi si fanno invischiare in politiche fiscali-monetarie tradizionali e superficiali che non correggono in modo fondamentale il problema a lungo termine o lo peggiorano, come nel caso delle politiche di austerita’ o delle immissioni parziali di moneta per riscattare le banche, politiche che vengono perseguite mentre scriviamo nell’Eurozona.
Nel tuo libro tu fai rifermento al sistema bancario ombra quale veicolo della crisi finanziaria. Come si differenzia questo sistema dal sistema bancario classico e come le banche ombra contribuiscono al tracollo finanziario?              
Le banche ombra costituiscono le istituzioni finanziarie di investimento privilegiate dall’elite finanziaria capitalistica perche’ sono completamente al di fuori di qualsiasi regolamentazione legale. Quando succede una crisi e lo Stato interviene per riscattare il sistema bancario con versamenti massicci di liquidita’,  ne segue sempre un periodo in cui lo Stato impone un qualche grado di regolamentazione finanziaria del sistema bancario, che include le banche ombra. Ma gli investitori capitalisti eventualmente trovano la scappatoia per evitare il sistema bancario regolato da leggi e creano nuove istituzioni e strumenti finanziari, senza regolamentazione. Questa gente preferisce le istituzioni senza regolamentazione perche’ le banche ombra permettono loro, agli investitori, di correre rischi enormi e di speculare alla grande.
Grossi rischi significa grossi profitti. Gli investitori normali non sono ammessi alla partecipazione nelle banche ombra perche’ ci vogliono miliardi di dollari solo per avere il privilegio di partecipare. Quindi, dopo la crisi gli investitori ricostituiscono il loro sistema bancario ombra.
Mentre tutto cio’ accade, il sistema bancario regolato, precedente, richiede che lo Stato lo autorizzi a partecipare agli investimenti rischiosi con alto ritorno speculativo. Essi si lamentano che non riescono a competere con le banche ombra. Vogliono una fetta dell’attivita’ speculativa. Il problema e’ che il sistema bancario commerciale (es: quello pubblico), ha in deposito i risparmi del risparmiatore medio. Per questo motivo essi non vengono ammessi a partecipare alle banche ombra i cui azionisti sono solo i super ricchi. I sistemi commerciali chiedono allora la deregolamentazione finanziaria. Ad un certo punto la ottengono dallo Stato, e allora i due sistemi, quello commerciale regolato e quello ombra senza leggi, si fondono in diversi modi diversi.
Per esempio, una delle prime istituzioni ombra, gli hedgefunds, prima del 2007 costituivano un posto privilegiato dai super ricchi per depositare i propri soldi e speculare. Tuttavia la deregolamentazione delle banche negli USA diede loro la possibilita’ di prestare soldi alle banche ombra e quindi di creare i loro propri hedgefunds interni, cio’ che furono chiamati fondi di investimento, SIV, che erano autorizzati a mantenere i libri contabili degli investimenti rischiosi separati dagli investimenti commerciali delle banche pubbliche, quali per esempio i mutui delle abitazioni a rischio e i valori garantiti da attivita’ ecc… Quindi i due settori col tempo si fondono, diventano sempre piu’ deregolarizzati, investono sempre di piu’ in attivita’ rischiose che, a loro volta, sono legate a prestiti, non a rischio, delle banche e agenzie di investimento non bancarie, di famiglie e governi locali. Cosi’, quando il crollo finanziario diventa una realta’, tira giu’ con se’ le banche ombra (che prestano soldi l’una all’altra), le banche pubbliche (che creano le proprie banche ombra e prestano soldi ad altre banche ombra) e quindi anche i governi locali e le famiglie con i mutui delle case e altri debiti.
Dato che le banche ombra sono legate alle banche commerciali e, anche, ai settori dell’economia reale, quando le banche ombra vanno gambe all’aria in un crollo, gli effetti si propagano all’intero sistema finanziario e portano giu’ tutto l’edificio. Il sistema bancario allora, sull’onda del crollo, si congela e nessuno riesce piu’ a ottenere credito- incluso le industrie che non hanno niente a che fare con il sistema bancario, le famiglie o i governi locali.
Piu’ grande e’ il sistema ombra e maggiore sara’ la percentuale degli investimenti totali presenti nelle attivita’ di investimento speculativi e, di consequenza, maggiori saranno anche i rischi di quegli investimenti;  piu’ grande il debito contratto usato per finanziare le speculazioni e piu’ grandi gli effetti del crollo, quando questo avviene. Questo significa anche che quanto piu’ velocemente e profondamente collassano i valori delle attivita’ finanziarie, piu’ velocemente gli effetti della deflazione delle stesse attivita’ vengono propagate al resto del sistema bancario e quindi al resto dell’economia non bancaria.
Il ruolo delle banche ombra e’ critico nella generazione di un’esplosione speculativa eccessiva e quindi nella trasmissione degli effetti negativi della crisi al resto dell’economia. Per esempio, alcune fonti finanziarie stimano che il sistema bancario ombra controlli adesso piu’ di settanta trilioni di dollari di assetti investibili. La meta’ circa del totale e’ di proprieta’ di quegli investitori ricchissimi di cui si e’ parlato in precedenza, per esempio coloro che posseggono almeno  un minimo di trenta milioni di assetti investibili annuali. Il sistema ombra oggi e’ piu’ grande, in termini economici, del sistema bancario commerciale.
Taylan Tosun e’ un membro del Partito dell’Uguaglianza e Democrazia in Turchia e un membro dell’IOPS (International Organization for Partecipary Society).
 Lo Spirito Della Resistenza e’ Vivo

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