Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 8 agosto 2015

IL RISO ABBONDA SULLA BOCCA DEGLI STOLTI MA ANCHE SU QUELLA DEGLI INFAMI

Severo Lutrario, Comitato Provinciale acqua pubblica Frosinone


Non sono persona triste, amo la battuta anche politicamente scorretta e lo sghignazzo dell'irriducibile, ma non sopporto che LoRenzi il Magni-fichetto (per citare un felice titolo di blob) esterni il fastidio che Dario Fo ben centrava con la sua canzone:
“E sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re,
fa male al principe e al cardinale: diventan tristi se noi piangiam”
Le persone che per vivere, a differenza di Renzi che non lo ha mai fatto, devono lavorare e grazie alle “riforme” del magnifichetto dovranno pagarsi sul mercato salute, istruzione, mobilità, servizi sociali, ecc. e pagare l'acqua allo strozzino Acea; che sul lavoro sono merce senza diritti grazie al jobs act e che più che alla pensione possono sperare nell'eutanasia, da ridere ce ne hanno veramente poco e l'ottimismo lo possono concedere solo agli imbecilli.
Ma lascio che a rispondere al Magnifichetto sia un poeta che si studia sin dalle scuole elementari, nella certezza che nella “Buona Scuola” del don Matteo di questo inno non vi sarà mai traccia.

''Soffriamo! Nei giorni che il popolo langue
è insulto il sorriso, la gioia è viltà!
sol rida chi ha posto le mani nel sangue,
e il fato che accenna non teme o non sa:
Prometeo sull'alto del Caucaso aspetta,
aspetta un bel giorno che presto verrà
un giorno del quale sii l'alba, o vendetta!
Un giorno il cui sole sii tu, libertà!
Soffriam! Che' il delitto non regna in eterno!
Soffriam! Che' l'errore durare non può!
Già Satana giudica nel pallido inferno
il Dio dei tiranni che al buio il dannò!
Soffriam: le catene si spezzano alfine
allor che pugnali, ne' piaccia foggiar;
fra un mucchio fumante di sparse ruine
già Spartaco è sorto tremendo a pugnar.
Soffriamo, o fratelli! La mano sul cuore
lo sguardo nuotante, nell'alba che appar!
Udite?! Le squille che suonano l'ore
a stormo tremendo desiano suonar!
Già mugghia il tremuoto laggiù nella reggia!
S'accampa nei templi superbo il pensier!
Un rosso vessillo nell'aria fiammeggia,
e in mezzo una scritta vi luccica in ner:
le dolci fanciulle che avete stuprato,
i bimbi che in darno vi chiesero il pan,
nel giorno dell'ira, nel giorno del fato,
i giudici vostri, borghesi, saran''.
Inno all'anarchia
Giovanni Pascoli 1878



video a cura di Luciano Granieri.

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