Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 1 settembre 2017

Venezuela: polemiche a sinistra

Alejandro Iturbe * 

 
La situazione politica venezuelana si aggrava sempre di più, e contemporaneamente si approfondisce il dibattito all'interno della sinistra latinoamericana e mondiale su quale politica sia corretto tenere in questa situazione. In termini generali si delineano due posizioni: una (maggioritaria) di appoggio e difesa al governo di Maduro e del regime chavista e l'altra di opposizione ad esso. Al contempo, in entrambi questi “schieramenti” si delineano differenti ragionamenti legati a differenti strategie.
Così come abbiamo spiegato analiticamente in numerosi articoli e saggi negli ultimi anni e in varie pubblicazioni recenti (1), noi della Lit-Qi ci siamo sempre collocati all’opposizione del chavismo da sinistra, in difesa degli interessi della classe lavoratrice. Ciò nonostante ci siamo guadagnati le accuse di “agenti dell'imperialismo” e di “essere funzionali alla destra”. I trotskisti sono abituati a questo meccanismo (utilizzato dallo stalinismo nel XX secolo) consistente nel tentare di nascondere i contenuti del dibattito per mezzo di insulti e calunnie, ma noi rispondiamo con analisi e ragionamenti marxisti basandoci sui fatti reali.                                                                                                      
Per tale motivo, senza abbandonare la nostra opposizione di sinistra al chavismo, difendemmo il governo di Chavez incoraggiando la mobilitazione delle masse e della classe operaia quando la coalizione tra l'imperialismo e la borghesia tradizionale venezuelana tentò di rovesciarlo nel 2002. E, allo stesso modo, incoraggiammo e sostenemmo la risposta dei lavoratori contro la serrata padronale del mese seguente. In quel processo, i lavoratori occuparono le fabbriche e le raffinerie ponendole sotto il loro controllo. Se oggi si concretizzasse la minaccia di aggressione militare da parte di Trump, non esiteremmo a perseguire nuovamente la medesima politica.
 
Il castro-chavismo
Il primo posto nella difesa del governo Maduro è occupato dalla corrente che abbiamo denominato  “castro-chavismo”. Vale a dire, il raggruppamento di alcuni partiti comunisti latinoamericani e settori affini, che hanno come proprio punto di riferimento i governi di Cuba e del Venezuela.                          
Per loro, in Venezuela si sta edificando il “socialismo del ventunesimo secolo” e ciò che sta accadendo non è altro che la difesa di questa rivoluzione contro un processo controrivoluzionario di mobilitazione fascista. Di conseguenza, difendono incondizionatamente il governo, tutte le sue misure e manovre (come la recente Costituente), ed anche la durissima repressione contro le manifestazioni di opposizione.  
Nei diversi articoli cui facevamo riferimento in precedenza, abbiamo analizzato e dimostrato che in Venezuela non esiste alcuna edificazione del socialismo né un avanzamento in quella direzione. Da qualsiasi angolazione lo si guardi (i contenuti delle costituzioni approvate in questi anni, il funzionamento dell'economia, il ruolo dello Stato, ecc.), il processo in corso in Venezuela rimane borghese fino al midollo. Quello che chiamano il “socialismo del ventunesimo secolo” è solo una “definizione rossa” per nascondere la realtà.
Il principale beneficiario di questa economia capitalista in Venezuela è la “boliborghesia” (o borghesia bolivariana) nata da parassiti dell'apparato statale, specialmente da membri ed ex membri dei vertici delle forze armate. La sua accumulazione di tipo capitalista è venuta dal ruolo di intermediazione nella vendita del petrolio all'estero, dalla corruzione per l'assegnazione degli appalti pubblici e dalle frodi finanziarie nel mercato dei cambi. Con questo arricchimento, i nuovi borghesi cominciarono ad acquisire o fondare imprese.
Il gruppo più influente è quello di Diosdado Cabello, ex alto ufficiale delle forze armate e uno dei principali dirigenti del Psuv [il partito di Chavez e Maduro; ndt]. Oggi è il principale gruppo finanziario del Paese (possiede banche, industrie e imprese di servizi). Un secondo gruppo importante appartiene a Jesse Chacón, anch'egli ex ufficiale (possiede una banca, una fabbrica di latte in polvere e alberghi). Esistono altri gruppi controllati da militari. A loro dobbiamo aggiungere imprenditori e banchieri che hanno ampliato le proprie fortune avvicinandosi al chavismo (fra gli altri: Alberto Cudemus, presidente di Feporcina, Alberto Vollmer, proprietario della fabbrica di rum Santa Teresa, Miguel Pérez Abad, presidente di Fedeindustria e funzionario del governo, Víctor Vargas Irasqüín del Banco Occidental de Descuento). Molti militari in attività sono direttamente coinvolti nel traffico di alimenti.
Questa boliborghesia mostra ostentatamente la sua ricchezza, con automobili, case lussuose e feste di altissimo livello, il che contrasta con la situazione sociale disperata e la miseria delle masse venezuelane. In questo quadro, parlare di “difesa del socialismo” risulta una battuta di cattivo gusto. Un altro aspetto delle posizioni di questo settore (il supposto golpe fascista) lo tratteremo più avanti.
 
Il riformismo e il neo riformismo pro Maduro
In seconda linea, a difesa ed appoggio del governo Maduro, si colloca la maggioranza delle organizzazioni della sinistra riformista e neoriformista. È il caso del Pt e della maggioranza del Psol brasiliani, di Podemos (Spagna) e Die Linke (Germania).  
Queste correnti hanno abbandonato da molto tempo la lotta per il potere operaio e il socialismo, e di conseguenza hanno abbandonato qualsiasi metodo di analisi e definizione marxista e di classe dello Stato, dei regimi politici e dei partiti. Per giustificare il loro appoggio e la loro difesa di governi borghesi (quando non vi partecipano direttamente, come nel caso del Pt brasiliano), definiscono i processi politici come “progressivi o reazionari” (come faceva lo stalinismo).
Con questa analisi distorta, oggi sostengono il governo “progressista” di Maduro “contro la reazione e la destra”. Difendono quindi la brutale realtà capitalista e corrotta del regime chavista e del governo Maduro e caratterizzano come “ingannate dalla reazione” le masse che lo affrontano ed hanno rotto con esso (l’80% della popolazione, secondo sondaggi indipendenti). Allo stesso tempo, si rendono complici della repressione del governo che ha già provocato oltre 100 morti e centinaia di arresti. In questo modo, fanno il gioco della propaganda borghese che afferma come il Venezuela sia la dimostrazione del “fallimento del socialismo e delle proposte della sinistra”. Si tratta di un vero e proprio crimine politico che deve essere combattuto con forza.
 
Una difesa più elaborata
Nel “circolo dei difensori di Maduro” troviamo anche correnti che si definiscono trotskiste, come il Cwi (Comitato internazionale dei lavoratori) e il Mais brasiliano (2).
Queste correnti elaborano un ragionamento più complesso e sofisticato che le conduce però alle stesse posizioni delle organizzazioni citate prima. Vogliamo soffermarci specialmente sugli argomenti utilizzati dal Mais, perché pretende di trovare una giustificazione falsificando le elaborazioni di Nahuel Moreno.
Tra le varie dichiarazioni spicca quella di Valério Arcary, principale figura pubblica del Mais (3), il quale dice: “Non sosteniamo la retorica del socialismo del ventunesimo secolo […] Il governo di Maduro è un governo borghese appoggiato da una frazione minoritaria della borghesia in costruzione: la boliborghesia”. Aggiunge che questo governo “si appoggia ad un regime bonapartista sostenuto sempre di più dalle forze armate”. Per questo, “Maduro non merita alcun appoggio politico”. Fino a qui conveniamo con lui.
Ma poi comincia la difesa di questo governo dicendo: “è un governo indipendente”. Perciò [sostiene Arcary] è attaccato dall'imperialismo e dal settore ultra reazionario della borghesia venezuelana, che vuole rovesciarlo per appropriarsi delle ricchissime risorse petrolifere del Paese. Dunque, “la questione centrale dell'analisi della situazione venezuelana sembra essere il riconoscimento o meno del pericolo reale ed imminente di un golpe”. A questa possibilità, risponde: “La lotta contro il golpe diventa centrale”.
In tale contesto, sostiene, i rivoluzionari dovranno collocarsi “nel campo politico-militare del governo Maduro contro il golpe” e favorire la nascita di un “fronte unico” contro di esso. In altre parole, Valério Arcary ci presenta la situazione attuale come identica a quella del 2002, che richiedeva senz'altro la necessità di difendere l'allora governo Chavez. La verità però, è che le due situazioni sono completamente differenti e, sotto molti aspetti, opposte.
Il ragionamento di Valério Arcary contiene tutta una serie di errori, compreso errori tattici che sussisterebbero anche nel caso che la situazione fosse realmente quella da lui descritta. Vediamolo più in profondità.
 
Un governo indipendente?
Il primo errore consiste nel sostenere che in Venezuela ci sia “un governo indipendente”. Nel fare questa caratterizzazione, Arcary tenta di appoggiarsi su elaborazioni di Nahuel Moreno degli anni ’80 del Novecento, esposte al congresso e alla direzione della Lit-Qi (4), in cui questi riprendeva a sua volta le elaborazioni di Lenin e Trotsky. È necessario segnalare che Moreno non poté approfondire queste caratterizzazioni (morirà pochi mesi dopo) e che le stesse andrebbero integrate con altre elaborazioni che aveva prodotto precedentemente.
Per riassumere, Moreno sosteneva che, al di fuori degli Stati operai, il mondo era per lo più diviso tra un piccolo gruppo di Paesi imperialisti e una grande maggioranza di nazioni dominate. Inoltre, in quel quadro, esistevano anche alcuni (pochi) “Paesi indipendenti” sorti da circostanze eccezionali: guerre anticoloniali vittoriose e rivoluzioni che avevano abbattuto dittature e distrutto le forze armate dei regimi precedenti, ma che avevano direzioni piccolo borghesi o nazionaliste borghesi.
A partire da queste rivoluzioni, si costruivano o ricostruivano Stati, regimi e governi borghesi che, per loro natura, erano relativamente indipendenti o autonomi dall'imperialismo (sottolineiamo “relativamente”) e, in alcune situazioni, attaccavano pure l'imperialismo. Era il caso di Paesi come Algeria, Libia, Nicaragua, Iran e Angola. 
In quanto governi borghesi, sono nemici dei lavoratori e dobbiamo combatterli. Però, come “Paesi indipendenti”, li difendiamo dagli attacchi dell'imperialismo, specialmente quando questi cerca di rovesciarli. È su questa tesi che Valério Arcary tenta di appoggiarsi per giustificare la sua posizione attuale.
Dimentica un aspetto centrale che Moreno rimarcava con chiarezza: questa categoria di “Paesi indipendenti” è estremamente instabile e caduca, perché l’indipendenza di quei governi conosce un’inevitabile e costante erosione nel tempo. Per questo motivo, riferendosi alla Libia e al suo leader, Moreno in quegli anni segnalava:
“Gheddafi è un cavallo di troia contro l'indipendenza. Se non provvederà all'espropriazione della borghesia, se non costruirà uno Stato operaio e un’economia pianificata, il pericolo costante di una crisi costringerà la borghesia indipendente a sottomettersi prima o poi alla dipendenza politica dall'imperialismo. La politica della piccola borghesia o della borghesia nativa alla testa di questi Stati conduce sempre alla perdita di indipendenza, ad un vicolo cieco: per mantenere l'indipendenza occorre avanzare verso il socialismo, ma questa non è la loro intenzione”.
A posteriori, la storia di questi Paesi e la trasformazione della maggioranza dei loro governi in agenti dell'imperialismo (in molti casi anche in regimi dittatoriali), ha confermato pienamente queste considerazioni di Moreno.
 
Cosa è accaduto in Venezuela?
Vi è una differenza molto importante tra i processi che diedero origine ai “Paesi indipendenti” analizzati da Moreno e il processo che portò il chavismo al potere. In Venezuela, vi è stato un processo rivoluzionario, aperto con il Caracazo nel 1989. Ma il chavismo non rappresentò la sua direzione (al contrario, Chavez in quel momento faceva parte dei repressori) e non ebbe accesso al potere come risultato diretto di quella rivoluzione. In articoli precedenti abbiamo affermato:
“Per la maggior parte delle correnti della sinistra che riabilitano il chavismo, il suo trionfo elettorale e il successivo governo sono il prodotto diretto del Caracazo e dell'ascesa che lo seguì, cioè la sua genuina e progressiva espressione politica. Per noi, invece, essendo un sottoprodotto del "Caracazo" e della sua ascesa, il chavismo è un movimento delle seconde linee dell'apparato di comando militare, che cavalcarono l'ascesa di quel movimento per frenarlo o, per lo meno, per controllarlo in modo che non si si trasformasse in una rivoluzione socialista e, in sostanza, per risanare la frattura creatasi nelle forze armate. E, in tal modo, per ricostruire completamente lo Stato borghese".
Cioè, il chavismo non solo non demolisce le forze armate borghesi, ma le ricompone e le rafforza. Fin dall'inizio, risulta molto accentuato questo aspetto regressivo contro la rivoluzione e, quindi, il grado di indipendenza del chavismo è sempre stato molto inferiore rispetto a quello di altri processi.
Ma al di là di questa considerazione, è vero che Chávez ebbe scontri reali con l'amministrazione Bush, la quale (insieme alla tradizionale borghesia del Venezuela) cercò di rovesciarlo attraverso un colpo di Stato e la serrata padronale nel 2002. In quella fase, le considerazioni di Moreno erano applicabili e si poté combattere in difesa del governo Chavez, così come la Lit-Qi e i suoi militanti fecero in Venezuela.
Ma da lì fino ad oggi molta acqua è passata sotto i ponti e la situazione è completamente diversa. Dopo il fallimento del colpo di Stato e della serrata si verificò un cambiamento fondamentale. Da un lato, Chavez perdonò i golpisti, rafforzò le forze armate borghesi e diede loro grandi privilegi economici, e si riconciliò con diversi gruppi economici che avevano sostenuto il colpo di Stato (come quelli di Cisneros e di Polar-Mendoza). Nel contempo, cambiò l'intera cupola delle forze armate e la integrò con generali che gli erano totalmente fedeli, consentendo loro di fare lauti affari. È la stessa cupola che si regge assieme a Maduro.
D'altro canto, l'imperialismo americano abbandonò la sua politica golpista e passò alla “convivenza” con i governi chavisti, approfittandone per fare ottimi affari, specialmente nel settore dell'estrazione del petrolio. La boliborghesia cominciò a fare investimenti in imprese e proprietà negli Stati Uniti. Al tempo stesso, l'imperialismo appoggiava l'opposizione di destra per capitalizzare elettoralmente il logoramento dei governi chavisti allo scopo di riconquistare il governo in seguito. Cioè, [l'imperialismo] inquadrò la sua politica nella tattica che abbiamo definito “reazione democratica”. È bene ricordare che Chávez ha governato quattordici anni e il governo Maduro ne ha già quattro.
Si tratta di una politica che cominciò ad essere applicata nel 1976 (con il governo di Jimmy Carter, dopo la sconfitta degli yankees nella guerra del Vietnam) e che prova ad utilizzare i meccanismi della democrazia borghese (elezioni, parlamenti, ecc.) per controllare e deviare le rivoluzioni. È una tattica diversa per raggiungere gli stessi obiettivi di dominio, adeguata ad una realtà più difficile per l'imperialismo. Dopo la sconfitta della politica molto più aggressiva di Bush (in Iraq e Afghanistan), Obama la riprese completamente. Trump ha una politica più oscillante, ma la “realtà” lo obbliga a non abbandonarla.
 
La prova dei fatti
Per valutare se il Venezuela e il governo Maduro sono “indipendenti”, è necessario uscire dalla loro retorica e sottoporli alla “prova cruda” dei fatti (cioè della loro reale politica).
Il centro dell'economia venezuelana è l'estrazione del petrolio e, negli anni '70, il governo di Carlos Andrés Pérez crea la Pdvsa [Petróleos de Venezuela S.A.: compagnia petrolifera statale venezuelana; ndt] come monopolio statale. La realtà è che con tutti i suoi governi, il chavismo ha approfondito molto  la “concessione del petrolio” avviata negli anni '90 da Rafael Caldera. Attraverso le imprese miste in associazione con Pdvsa o con concessioni dirette per l'estrazione, le imprese straniere (dalla statunitense Chevron sino a Petrochina) controllano il 50% del petrolio e del gas venezuelano. Nel caso della cosiddetta Faja del Orinoco (nell'est del Paese) il chavismo ha concesso loro il controllo di parti intere di territorio. In quella regione, inoltre, sta concedendo lo sfruttamento del patrimonio minerario.
In secondo luogo, questi governi hanno puntualmente pagato (e talvolta in anticipo, quando Chávez era in vita) l'immenso debito estero venezuelano e i relativi interessi. Anche in mezzo all'acutissima crisi sociale che colpisce la maggior parte dei venezuelani, il presidente Maduro stesso ha recentemente affermato: “Il Venezuela ha pagato 60 miliardi di dollari negli impegni internazionali durante gli ultimi due anni”. (5)
La consegna del petrolio alle compagnie straniere, il pagamento dei debiti esteri a costo di affamare le masse popolari. Cosa differenzia, dal punto di vista della reale indipendenza del Paese e delle necessità dei lavoratori e delle masse popolari, il governo “indipendente” di Maduro da altri governi dichiaratamente agenti dell'imperialismo, come quello di Temer in Brasile o di Macri in Argentina? In realtà, quello che sta facendo il governo di Maduro è perfino peggio, perché pagare il debito estero oggi condanna le masse popolari venezuelane alla fame. Non parliamo in senso figurato: famiglie venezuelane hanno raccontato che, come effetto di questa situazione, i loro membri hanno perduto sino a nove chilogrammi di peso.
È una falsificazione della realtà affermare che la lotta attuale in Venezuela sia tra un “governo indipendente” che difende (così debolmente) la sovranità del Paese ed altri che vogliono impossessarsi delle risorse naturali, in quanto la consegna di esse è già stata effettuata proprio dal chavismo.
Qual è allora il motivo della controversia tra la boliborghesia e i settori borghesi rappresentati dalla Mud?  È la lotta tra due settori borghesi per lo sfruttamento di quella parte della rendita petrolifera che resta al Paese e allo Stato. Sono due progetti di consegna [delle risorse] che combattono per il controllo di quella consegna. Nella migliore delle ipotesi hanno soltanto differenze nel quantitativo di consegna, in quanto la Mud è disponibile ad aumentare ulteriormente la percentuale di consegna del petrolio (pagare di più il debito estero sarebbe difficile) e ad eliminare definitivamente i programmi sociali, già profondamente deteriorati.
 
Qual è la vera politica dell'imperialismo?
Valério Arcary e tutti coloro che difendono il governo di Maduro potranno argomentare che, nonostante tutto, Trump ha minacciato il Venezuela di eseguire azioni militari in nome di un'ipocrita “difesa della democrazia”. Rifiutiamo queste minacce e, se tali azioni si concretizzeranno, non esiteremo per un secondo a difendere il Venezuela aggredito, così come segnalato nella recente dichiarazione della Lit-Qi.
Il governo degli Stati Uniti ha anche imposto minori sanzioni economiche, come il blocco dei beni di Maduro negli Stati Uniti. Però, se Trump volesse davvero attaccare ed isolare economicamente il governo venezuelano, gli sarebbe sufficiente smettere di acquistare petrolio venezuelano e la  situazione diverrebbe insostenibile.
Ecco perché diventa necessario rimuovere il rumore e analizzare la vera politica dell'imperialismo. Mentre Trump svolge pubblicamente il ruolo di “poliziotto cattivo”, la sua politica di fondo (e quella dell'imperialismo) consiste nel fare pressione su Maduro per un accordo con la Mud e per rendere possibili elezioni presidenziali e parlamentari che, molto probabilmente, sarebbero vinte dalla Mud. È la stessa politica che tentò di negoziare (nel mezzo delle elezioni per la Costituente) l'ex presidente spagnolo Zapatero. Una variante, un po' più aggressiva verbalmente, per imporre la “reazione democratica”.
L'imperialismo ha appreso dal fallimento della sua politica nel 2002 (e dal più generale fallimento della politica di George Bush nel mondo). Ora applica un'altra tattica. Una delle sue voci più lucide, il New York Times, ha pubblicato un articolo che spiega perché il governo statunitense non ha intenzione di promuovere un intervento militare: perché questo potrebbe provocare uno “shock più violento” nel Paese e in America latina. Tali “onde d'urto in tutto l'emisfero potrebbero creare maggiori complicazioni per il governo Usa nella fase in cui cerca di concentrarsi sulla Corea del Nord e sull'Iran”.
È possibile che in futuro, se Maduro e il chavismo non accetteranno questa negoziazione, l'imperialismo e la borghesia d'opposizione di destra passino ad un attacco più determinato per rovesciarlo con mezzi armati? Ammettiamo che potrebbe essere così, a maggior ragione considerando l'imprevedibilità di un personaggio come Trump. In tal caso, per i rivoluzionari si tratterebbe di sviluppare la stessa politica del 2002 (difesa del Paese dagli attacchi dell'imperialismo), e non esiteremmo per un secondo a promuoverla e ad essere in prima linea nella lotta. Ma questa non è la realtà attuale, e fare questi errori di valutazione conduce inevitabilmente a politiche totalmente sbagliate.
 
Chi sta facendo il golpe?
I castro-chavisti e Valério Arcary dicono bene quando affermano che in Venezuela è in corso un colpo di Stato. Ma coloro che stanno facendo il golpe sono proprio il governo di Maduro e il chavismo. Perché affermiamo questo?
La crisi economica e la caduta dei prezzi del petrolio hanno demolito la base materiale del chavismo. La conseguenza di tale situazione, e della politica adottata dal chavismo in questo quadro, è consistita nella rottura dei settori popolari che tradizionalmente lo sostenevano. Ecco perché nel 2015 l'opposizione di destra vinse largamente le elezioni parlamentari (ottenendo più di due terzi dei seggi). Da quel momento in poi, gli elementi democratici secondari si trasformarono in un ostacolo per il regime chavista.
Così ebbe inizio il colpo di Stato. Maduro ignorò il parlamento eletto, posticipò le elezioni dei governatori (che si sarebbero dovute tenere nel dicembre 2016) e impedì la convocazione di un “referendum revocatorio” (meccanismo previsto dalla Costituzione chavista del 2004) malgrado fossero state conseguite le firme previste, perché Maduro sapeva che sarebbe stato destituito.
In questo contesto, convocò  una “Assemblea costituente” che, nel migliore dei casi, ha il sostegno del 20% dei venezuelani. Questa “Costituente” si è dichiarata “il potere supremo” del Venezuela, ha eliminato il suffragio universale per l'elezione dei parlamentari e ha completamente distorto i criteri di rappresentanza. Tutto questo per trasformare una minoranza in una maggioranza. Il governo di Maduro e il regime chavista sono ormai totalmente minoritari. L'istituzione fondamentale su cui si appoggiano è diventata quella delle forze armate e la “Costituente” è solo uno strumento per esercitare il dominio dello Stato. Questo per quel che riguarda le istituzioni. Nel suo contenuto più profondo, è un regime che garantisce la consegna del petrolio, il pagamento del debito estero e gli affari della boliborghesia.
Nel contesto di una situazione sociale disperata per le masse (che sono letteralmente affamate) e con la boliborghesia che ostenta la sua ricchezza, Maduro e il chavismo non possono sostenere se stessi e imporre il loro colpo di Stato senza una durissima repressione: più di un centinaio di morti e centinaia di arrestati, leggi che criminalizzano la protesta (come quelle per punire coloro che manifestano “odio”). Congiuntamente a questa repressione “ufficiale” ci sono elementi crescenti di repressione paramilitare provenienti dal governo e dal regime: sono i “colectivos”, gruppi chavisti che reprimono le mobilitazioni e uccidono gli oppositori.
Con Valério Arcary partiamo da un elemento comune di caratterizzazione: il governo di Maduro “si basa su un regime bonapartista sostenuto, sempre più, dalle forze armate”. Questo tipo di regime (bonapartista sui generis, per essere più precisi) è stato caratterizzato da Trotsky in Messico alla fine degli anni 1930 come l'alternativa costruita dalla borghesia di alcuni Paesi, dominati dall'imperialismo, per ottenere un maggiore spazio di controllo del economia. Era tipico, ad esempio, dei “paesi indipendenti” analizzati da Moreno.
È un regime diverso da quello democratico-borghese poiché, con questo tipo di bonapartismo, le istituzioni centrali sono (con pesi variabili, a seconda dei casi) il leader o comandante, il partito-Stato e le forze armate. A volte si combinano con le istituzioni democratiche borghesi, come le elezioni presidenziali e parlamentari. Ma queste giocano sempre un ruolo secondario coadiuvante e vengono utilizzate solo se vi è la certezza che il nucleo dominante vincerà le elezioni. Nelle fasi di apogeo, attraverso il supporto di massa e, in quelle declinanti, attraverso le frodi (quando non si eliminano direttamente).
Anche nel loro periodo di apogeo, i più forti tra questi movimenti (come il peronismo argentino o il nasserismo egiziano) hanno sempre avuto un'importante componente repressiva. Il chavismo non ha rappresentato un'eccezione in tal senso: anche nei suoi “anni di gloria”, quando Chavez era vivo, sono numerosi gli esempi di repressione e di omicidi nel movimento operaio e di massa.
Quello che vediamo in Venezuela non è una novità: è il processo di trasformazione regressiva di questi movimenti nazionalisti borghesi e dei regimi bonapartisti sui generis che perdono il loro aspetto progressivo e, oltre ad essere borghesi, diventano completamente corrotti, dittatoriali, repressivi e antidemocratici. Lo abbiamo visto, per esempio, con Gheddafi in Libia e con Assad in Siria. In tutti questi Paesi, inoltre, il sostegno di massa che un tempo avevano questi regimi si è trasformato nel suo opposto: rottura delle masse e lotta per rovesciarli. Sulla base di un'analisi marxista possiamo affermare che è il corso inevitabile di questi movimenti, se i lavoratori non li rovesciano e si impadroniscono del potere. Ecco perché in Libia sostenemmo la lotta contro Gheddafi, e ora  facciamo lo stesso contro Assad in Siria.
 
Una metodologia sbagliata  Valério Arcary sbaglia grossolanamente il “campo di lotta” che ha scelto: chiama alla difesa di un “governo indipendente” che non esiste ed alla battaglia contro il golpe sbagliato. Ma ponendo per assurdo che la sua analisi fosse corretta, passiamo alle sue proposte politiche per la situazione: egli ci propone di stare nel “campo politico-militare” del chavismo e di formare un “fronte unico” col governo di Maduro. 
Moreno (che Valério Arcary pretende di rivendicare) diceva con assoluta chiarezza che se, per circostanze eccezionali (affrontare un golpe militare, intervenire in una guerra civile, lottare per abbattere una dittatura) dobbiamo stare nello stesso campo militare o di lotta con settori o governi borghesi, questa unità è solo circostanziale e transitoria. 
Senza abbandonare, nemmeno per un momento, la battaglia politica contro di essi, facciamo “unità d'azione” limitata nel tempo alla lotta contingente. Fu quello che fecero i bolscevichi con Kerensky di fronte al golpe di Kornilov, i trotskisti con la borghesia repubblicana nella guerra civile spagnola, o i militanti della Lit-Qi di fronte al golpe del 2002 contro Chávez. In merito a questo aspetto, Moreno fu sempre molto chiaro: mai, mai, mai… (neanche sotto quelle circostanze eccezionali nelle quali dobbiamo stare sullo stesso campo militare) siamo nel medesimo campo politico della borghesia né formiamo un “fronte unico” con governi borghesi. Quella è la politica dello stalinismo, non è certo la politica trotskista né morenista.
Dietro i grossolani errori di Valério Arcary e del Mais c'è un problema molto più profondo: anche loro hanno rimpiazzato l'analisi marxista della lotta di classe con un metodo per il quale i processi si producono dallo scontro tra “campi progressivi” e “campi reazionari” permanenti. Poiché si elimina o si subordina l'analisi di classe alla definizione di questi campi, la politica proposta è di totale capitolazione, di “vagone di coda” del settore borghese che compone il “campo progressivo”, al quale viene data una “copertura di sinistra”. 
Per questo metodo e questo tipo di politica è sempre bene avere “un golpe da affrontare”, perché ciò serve ad occultare la capitolazione. E se non esiste, lo si inventa. Per questo motivo, in Brasile, hanno avuto bisogno di inventare che la manovra parlamentare  (prevista dalla Costituzione che governa il regime democratico borghese brasiliano) che destituì Dilma e portò Temer al potere era un “golpe”, per poter così giustificare la loro capitolazione al Pt. A partire da lì, la loro politica è consistita principalmente nel porsi a difesa del governo Dilma per poi giustificare in questo modo la loro integrazione nel Frente do Povo sem Medo e nel Frente pelas Diretas Já (un fronte politico che include il Pt). 
In Venezuela, per giustificare la loro partecipazione al campo progressivo che hanno definito, si vedono obbligati ad ignorare il golpe reale promosso da Maduro e dal chavismo e ad inventare un “golpe pro-imperialista” che oggi non esiste. Siamo onesti, non sono gli unici che fanno questo: sono accompagnati dalla maggioranza della sinistra mondiale che ha adottato come proprio questo metodo di ragionamento stalinista. 
Tuttavia, non stiamo discutendo problemi metodologici o politici astratti. Stiamo discutendo nel quadro di fondo drammatico della situazione di fame e miseria delle masse venezuelane e della feroce repressione che un governo ed un regime bonapartista dittatoriale utilizzano contro di esse. Posizionandosi nel “campo politico-militare” del governo Maduro e del regime chavista, Valério Arcary ed il Mais si sono fatti complici di questa repressione e del golpe in corso. Agiscono allo stesso modo delle correnti che difendono il regime di Assad in Siria, usando lo stesso tipo di argomenti. Un ruolo molto triste per un dirigente ed un'organizzazione i cui membri erano, fino a poco tempo fa, militanti rivoluzionari.  

I “né-né”  Benché più brevemente, vogliamo fare riferimento adesso ad alcune organizzazioni che si oppongono alla Costituente di Maduro ed al suo governo. Con queste organizzazioni, ovviamente, c'è la possibilità e la necessità di realizzare azioni unitarie in Venezuela e nel mondo. È importante che ci siano settori di sinistra che si oppongono alla vocazione dittatoriale di Maduro e che non avallano la sua vergognosa repressione. In questo quadro, vediamo le contraddizioni presenti nelle loro analisi e proposte politiche. 
Esiste un settore che adotta una posizione centrista, possiamo chiamarla di “né-né”, rappresentato dalle organizzazioni argentine del Po, del Pts e del Nuovo Mas, e dalle rispettive correnti internazionali. Il Pts ha un'organizzazione gemella in Venezuela e, in un recente articolo del suo principale dirigente, fa appello a lottare contro il governo Maduro e la frode della Costituente: “La forza del governo Maduro proviene del grande appoggio e sostegno delle forze armate, fino ad ora incondizionato, nella cornice di una degradazione bonapartista, essendo un attore cruciale che ha accumulato interessi politici ed economici propri che lo mettono in una posizione assolutamente antagonistica di fronte alle sofferenze quotidiane dei lavoratori e del popolo venezuelano” (6). 
Tuttavia, siccome la principale forza dell'opposizione è la Mud (che qualificano correttamente come proimperialista e reazionaria), non avanzano come compito attuale quello dell'abbattimento del governo Maduro e del regime chavista, bensì fanno appello ad “affrontare entrambe le bande reazionarie”. Benché richiamino correttamente a “lottare per un'alternativa indipendente dei lavoratori”, la loro prospettiva è astratta perché non si propongono di realizzarla a partire dalla necessaria lotta contro la dittatura di Maduro, e così rimangono al livello di propaganda generale. 
In questo modo, il Pts commette ancora l'errore metodologico del quale abbiamo discusso nei casi della lotta contro Gheddafi in Libia e contro Assad in Siria (7): confondere i processi di lotta progressivi ed i compiti che nascono oggettivamente da essi con le direzioni che hanno influenza su quei processi. Come lottare contro la “degradazione bonapartista” del chavismo e la sua “posizione assolutamente antagonistica di fronte alle sofferenze quotidiane dei lavoratori e del popolo venezuelano” senza avanzare come compito attuale l'abbattimento di quel governo e di quel regime? Allo stesso tempo, come combattere l'influenza reazionaria e proimperialista della Mud e costruire “un'alternativa indipendente dei lavoratori” se non ne disputiamo contro di essa la direzione nelle condizioni concrete in cui la lotta si dà? 
Questo metodo del Pts, e delle altre correnti che lo condividono, ha gravi conseguenze politiche. In Libia li portò ad abbandonare l'appello alla lotta contro Gheddafi ed a sostenere che il suo rovesciamento era stato una “sconfitta del movimento di massa” perché i “ribelli” si erano trasformati in “truppa terrestre dell'imperialismo”. In Venezuela, non avanzando il compito della cacciata di Maduro, capitolano indirettamente al regime “bonapartista degradato” del chavismo ed al governo di Maduro.  

Il “chavismo critico”  Un'altra posizione è quella del cosiddetto “chavismo critico”: cioè la posizione di coloro i quali appoggiarono il chavismo ed ora ne prendono le distanze, ponendosi all'opposizione del governo di Maduro e del Psuv. Il suo principale esponente è l'organizzazione venezuelana Marea Socialista. In una recente dichiarazione (8), costoro dicono: 
“Il madurismo e la cupola del Psuv hanno attraversato la soglia che separava la loro vocazione autoritaria con maschera 'democratica e pacifica' dal terreno di un tentativo di controrivoluzione aperta, con metodi da guerra civile selettiva che già si stanno applicando”. Dopo aver denunciato la Mud e la “falsa polarizzazione” con Maduro e il Psuv, dicono che “c'è un terzo settore che ha continuato a prendere forza negli ultimi mesi, ha continuato a crescere, ha definito una propria identità ed incomincia ad apparire come un nuovo riferimento politico esterno a quei due campi. È quello che la stampa locale ed internazionale ha chiamato 'chavismo critico'”. Per la costruzione di questo terzo settore, “si tratta, a partire da una revisione critica ed autocritica degli errori del processo bolivariano, di ricostruire dalle fondamenta un progetto nazionale ed americano”. 
Esiste, in primo luogo, un dibattito sul bilancio di tutta l'esperienza chavista. Ricordiamo che Marea Socialista ha appoggiato il “socialismo del XXI secolo” e, fino a poco tempo fa, ha fatto parte del Psuv. Perciò, per questa organizzazione, l'attuale bruttezza del governo di Maduro e del Psuv non sono la conseguenza inevitabile (e, pertanto, essi non sono i veri eredi) della radice di classe borghese del chavismo e della sua politica volta a frenare la rivoluzione socialista, bensì della “vocazione autoritaria” della direzione attuale. In conclusione, le sue proposte si limitano a ritornare al “chavismo” delle origini, solo migliorandolo un po'. 
Oltre a rimandare al dibattito su questo bilancio necessario per preparare il futuro, avanziamo verso Marea socialista la stessa critica che muoviamo alle organizzazioni citate precedentemente: non pongono al movimento di massa, come compito concreto ed immediato, il rovesciamento del governo di Maduro e del suo regime, nonostante lo caratterizzino come “un tentativo di controrivoluzione aperta, con metodi da guerra civile”. Se questa è la caratterizzazione, non c'è altra alternativa se non affrontare quel regime e quel governo per sconfiggerli ed abbatterli. Non avanzando questa prospettiva, anche loro capitolano, indirettamente, al governo di Maduro.  

I “democratici”  Esistono anche settori riformisti e neoriformisti più prossimi alla socialdemocrazia che si contrappongono, benché in maniera limitata, al governo di Maduro e alla sua politica antidemocratica. È il caso del Bloco de Esquerda (Portogallo), di Jean-Luc Melenchón (Front de Gauche, Francia), e di una parte del Psol brasiliano. La presidente del Cile, Michelle Bachelet, si è pronunciata contro il golpe di Maduro, ed il governo uruguaiano del Fronte ampio ha appoggiato la sospensione del Venezuela nel Mercosur. 
Insistiamo nel dire che è buono che ci siano settori di sinistra, o che così sono percepiti dalle masse, che si pongono contro la repressione operata da Maduro. Ma queste organizzazioni e questi governi hanno limiti profondi, perché la loro politica è sempre incentrata sulle elezioni. Avanziamo inoltre una critica più importante: queste organizzazioni e questi governi accompagnano (alcuni con argomenti un po' più di sinistra) la politica dell'imperialismo europeo, consistente nel fare pressioni su Maduro per negoziare con la Mud e per richiamare ad elezioni generali. Ovviamente, non vogliono abbattere Maduro attraverso l'azione rivoluzionaria delle masse bensì rimpiazzarlo attraverso i meccanismi della “reazione democratica borghese”.  

Le nostre proposte  Nella dichiarazione della Lit-Qi e negli articoli dell'Ust [sezione venezuelana della Lit-Qi; ndt] già citati, sviluppiamo più in profondità la politica che proponiamo. Qua vogliamo presentare un riassunto. 
Il principale compito attuale che proponiamo ai lavoratori e alle masse venezuelane è di lottare contro il vero golpe in corso e per la cacciata di Maduro! Per abbattere il governo ed il regime proponiamo uno sciopero generale organizzato dalla base ed un “venezuelazo” che unifichi tutte le lotte contro Maduro. 
Nell'immediato, proponiamo la lotta contro la repressione e la realizzazione di elezioni generali libere; libertà ed autonomia sindacale: elezioni libere in tutti i sindacati, senza interferenza dello Stato! Per portare avanti questi compiti, promuoviamo la più ampia unità d'azione contro la dittatura di Maduro. 
In questo quadro, non diamo alcun appoggio alla Mud e la combattiamo, poiché questa vuole capitalizzare il malcontento della popolazione contro Maduro per imporre un governo che applichi un piano economico uguale o persino peggiore. Riteniamo necessario promuovere l'indipendenza politica dei lavoratori in relazione ai due blocchi borghesi. 
Per risolvere le pressanti necessità delle masse proponiamo l'applicazione di un programma economico dei lavoratori e delle masse popolari basato sull'esproprio delle multinazionali e delle grandi imprese, comprese quelle della boliborghesia. Prigione ed esproprio per gli speculatori. Non si deve pagare il debito estero. Scala mobile dei salari in linea con l'inflazione! Immediato congelamento dei prezzi degli alimenti, controllo operaio e popolare della produzione e distribuzione degli alimenti. 
Di fronte al golpe di Maduro e alla repressione, promuoviamo l'autodifesa dei lavoratori e richiamiamo la base delle forze armate a rompere con la sua direzione, a non reprimere i lavoratori e ad unirsi alle mobilitazioni con le armi. 
Per un governo socialista dei lavoratori che rompa la falsa dicotomia Maduro-Mud! Per la costruzione di una direzione rivoluzionaria in Venezuela.  

Alcune considerazioni finali 
A costo di essere ripetitivi, vogliamo riaffermare che le organizzazioni che appoggiano e/o difendono il governo Maduro stanno macchiando le loro bandiere col sangue dei lavoratori e delle masse popolari, oppresse da una dittatura borghese, corrotta ed assassina. La Lit-Qi non ha niente a che vedere con questo tradimento e si posiziona, senza dubbio, nel campo dei lavoratori e delle masse popolari venezuelane. Questo significa che, in Venezuela, staremo in trincee contrapposte.
 

Note
 
(1) Si veda ad esempio l'articolo “Adónde va Venezuela” del SI della Lit-Qi: https://litci.org/es/lit-ci-y-partidos/publicaciones/declaraciones/adonde-va-venezuela/ tradotto anche in italiano sul sito del Pdac:
http://www.alternativacomunista.it/content/view/2464/1/
Per un’analisi storica più approfondita, consultare il libro Venezuela después de Chávez: un balance necesario. San Pablo: Ediciones Marxismo Vivo, 2013.
(2) Il Mais è nato da una recente rottura (2016) con la Lit-Qi e col Pstu, sezione brasiliana della Lit-Qi..
(3) Nahuel Moreno fu il fondatore della Lit-Qi (1982). Morì nel 1987.
Le citazioni di Arcary riportate in questo articolo sono tratte dalla pagina facebook del Mais: https://www.facebook.com/portalesquerdaonline/videos/vb.654339308067228/8616648306 e da un recente “post chiarificatore” (6/8/2017) pubblicato dallo stesso Valério Arcary sulla sua pagina https://www.facebook.com/valerio.arcary.9/posts/1131290907004392 . Entrambi i materiali sono in portoghese nell'originale, la traduzione è nostra.
(4) Tra questi: “Intervenciones en el CEI de abril de 1986” in: http://www.geocities.ws/moreno_nahuel/49_nm.html#_Toc536853247
(7) Vedere l'articolo “En defensa de la revolución permanente”. Su: Marxismo Vivo Nueva Época n.o 3 (San Pablo, 2013)
 
 
* Dal sito della Lit-Quarta Internazionale: www.litci.org
(traduzione dallo spagnolo di Max Dancelli, Salvo De Lorenzo e Mauro Buccheri)

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