Lo striscione che apriva il corteo organizzato dall’Usb a
Roma sabato scorso 16 giugno, disegnato da Zerocalcare, sfoggiava la scritta “Prima gli
sfruttati”. In questo periodo dove la barbarie diffusa regna sovrana, il
messaggio di quello striscione, diventa il vero grido di battaglia. Dall'obiettivo della preminenza degli sfruttati deve ripartire tutto. In primis la riorganizzazione
di una "diasporata" minoranza composta,
non solo dalla platea degli stessi sfruttati - che aumenta di giorno in
giorno -ma anche da chi si trova a
resistere di fronte al nauseabondo impazzimento cinico di persone con cui una
volta si condividevano certi valori.
"Prima
gli sfruttati" diceva lo striscione emblema di una manifestazione che ha
chiamato alla resistenza e, si spera un giorno
non lontano alla rivolta, una moltitudine unitaria. Una moltitudine in
cui non esistono divisioni né
etniche né di genere . Ed è questa la
potenza!
Il corteo -organizzato in
memoria di Soumalia Sacko, ucciso in Calabria mentre in una zona dismessa
cercava una lamiera da porre come tetto sulla testa di un suo amico - lanciava un
messaggio forte e chiaro. Non c’è differenza fra uno sfruttato nero ed uno
bianco, non c’è differenza fra chi
lavora in un call center, o si sfianca
attraversando in bicicletta la città per portare il cibo a casa di quattro
borghesotti , e un immigrato che si spezza la schiena nei campi di pomodori.
Non c’è differenza fra un disoccupato, un
precario, che galleggia sotto la soglia di povertà, e un rom con o senza cittadinanza. Non c’è
differenza fra chi muore sotto il sole,
ucciso da un caporale o, dalla camorra, e chi muore nei cantieri. Qui la
pacchia non la fa nessuno tranne che gli sfruttatori.
Appunto gli sfruttatori. Chi sono costoro?
Certamente il grande capitale formato
dai potentati finanziari, dalle multinazionali. Esiste però un gruppo di sfruttatori molto meno potenti,
ma ugualmente cinici e pericolosi. Volendo rifarmi alle categorie con cui
Sciascia fa definire gli uomini dal boss
Don Mariano Arena nel romanzo “Il giorno della Civetta”, potremmo individuare
come “ominicchi” i fascio razzisti di
Salvini, i quali vogliono conquistare il
potere cavalcando la paura di chi ormai,
spinto ai margini sociali da una mortifera diseguaglianza, teme tutto del
mondo li fuori, immigrati e “diversi” in genere.
Poi ci sono i "pigliainculo", ossia i
riformisti sedicenti difensori del popolo, ma nella realtà feroci guardiani degli interessi del capitale.
Da decenni sono fautori di strategie elettorali perdenti (pigliainculo appunto) e di programmi sull’immigrazione, sul lavoro, se possibile,
ancora più spietati di quelli messi in piedi dalla nuova associazione a
delinquere penta-leghista.
Ed infine ecco i "quaquaraquà", i penta stellati, intransigenti guardiani della legalità, imperituri
fautori della negazione delle ideologie. Poveri personaggi sobillati da una
multinazionale privata che, dalle pozzanghere melmose della loro
ignoranza e pressappochismo, hanno drenato e depistato ogni forma di conflitto
sociale, deviandola sul binario morto della lotta alla casta. I quaquaraquà che
dalla loro limacciosa fanghiglia erano
disposti a fare danni sia con gli ominicchi che con i pigliainculo. Hanno
scelto i primi precipitando il paese in una deriva fascista, razzista,
disumana. Una devastante conseguenza che
dal loro status di quaquaraquà non hanno minimamente valutato come
virus infettante per la democrazia.
Prima gli sfruttati, dunque, prima
degli sfruttatori ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà. Questo è il messaggio
forte da riversare in una nuova stagione conflittuale. Questo è quanto ci
arriva dalle parole illuminate dal
sindacalista Usb, immigrato dal Mali, Abou
Soumahoro che pone alla base della
rivincita degli sfruttati l’abituarsi di nuovo alla solidarietà, la necessità
di individuare e lottare per bisogni materiali comuni. Pratiche necessarie a ricostruire un’identità
di classe che non è più o solo proletaria ma è soprattutto quella degli sfruttati.
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