Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 18 ottobre 2010

Dopo Piazza San Giovanni

di Paolo Ciofi



La Fiom, insieme alla Cgil e a tutti coloro che hanno partecipato, è stata all’altezza: la straordinaria manifestazione di Piazza S. Giovanni è stata grande e civile, entusiasta e partecipata, e ha reso un servizio a tutti i lavoratori e all’intero Paese. Una vera prova di civiltà democratica, come lo sono stati gli scioperi del marzo 1943 alla Fiat, che aprirono la strada al crollo del fascismo. I commenti non sono stati invece all’altezza. Non si è colta, o non si è voluta cogliere, la questione centrale che gli operai, i precari, i lavoratori intellettuali, i movimenti sociali e culturali hanno posto all’attenzione di tutti: quale deve essere il posto del lavoro nell’economia, nella società, nella politica italiana? La Costituzione lo dice, e perciò la vogliono rottamare. Mentre i fatti si sono incaricati di dimostrare che colpendo le lavoratrici e i lavoratori nel salario e nell’occupazione, nei diritti e nella dignità, l’Italia va a picco e la democrazia si trasforma in oligarchia. Perciò la risposta alla domanda è semplice, e sta nel rovesciamento delle politiche seguite in questi anni: non c’è ripresa, se non crescono i salari e il potere d’acquisto; e non c’è democrazia, se vengono amputati i diritti dei lavoratori. Insomma, c’è bisogno di un altro modello di società. Tuttavia dire questo non basta, perché senza rappresentanza politica le lavoratrici e i lavoratori non hanno peso, e dunque difficilmente possono tutelare se stessi, difendere la democrazia, salvaguardare l’unità del Paese. D’altra parte, non c’è sinistra senza rappresentanza politica del lavoro, come dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, l’ambiguità del Pd. Perciò non basta neanche constatare, come fa Lerner su la
Repubblica, che la politica è lontana dalle persone che lavorano. C’è bisogno di qualcosa in più: occorre concretamente operare perché le lavoratrici e i lavoratori, operai, tecnici scienziati, stabili e precari, giovani e anziani, nativi e extracomunitari, costruiscano una loro autonoma e libera coalizione politica che li rappresenti. E’ nell’interesse generale e di classe, e riguarda la prospettiva a venire di questo Paese.
La questione è politica? Certo, ma per chiunque si reputi democratico ritenere che la democrazia possa fare a meno della rappresentanza politica dei lavoratori è un palese controsenso.
Bonanni non la pensa così? Pazienza, le cose viste e ascoltate a Piazza S. Giovanni hanno acceso una speranza.

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