Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 20 ottobre 2010

Facciamo come la Francia!

di Claudio Mastrogiulio e Francesco Ricci, Pdac


Dopo l'ondata operaia del 16 ottobre
SCIOPERO GENERALE AD OLTRANZA!


Diciamolo subito: quella di sabato è stata la più grande manifestazione operaia che si ricordi negli ultimi anni. Un’onda di mezzo milione di manifestanti ha invaso le strade di Roma, esprimendo con forza e radicalità il malcontento sociale che serpeggia in tutto il mondo del lavoro. Una giornata di mobilitazione e di riscatto per quella parte del mondo del lavoro che negli ultimi mesi ha subito gli attacchi più cruenti da parte del padronato. Dal ricatto di Pomigliano, passando per la brutale aggressione della libertà sindacale per mano della Fiat a Melfi, fino alle minacce negli ultimi giorni del ministro degli Interni Maroni. La risposta della piazza è stata esemplare: scendendo in massa per le strade della capitale la classe operaia ha mostrato la sua forza imponente, in grado di spazzare via tutto (a partire dalle falsità di chi da anni la vorrebbe scomparsa o rifluita o impotente).
La radicalità della grande massa operaia (che si è riflessa negli slogan più urlati sabato) fa, tuttavia, da contraltare all’attendismo opportunista delle direzioni sindacali. La burocrazia Cgil sta già cercando di utilizzare la grande manifestazione per poter aumentare il proprio peso contrattuale nell’ottica di un ritorno ad un tavolo di concertazione con il governo e la Confindustria. Chiaro in questo senso è stato il discorso di Epifani dal palco, infarcito (per evitare i fischi della piazza) della promessa di un futuro imprecisato sciopero generale ("se non ci daranno risposte"). Nulla di sostanzialmente diverso hanno proposto, pur con toni diversi, i dirigenti Fiom Landini e Cremaschi, che hanno consegnato le conclusioni a Epifani. 
Il pieno sostegno alla lotta operaia e la denuncia dell'inganno teso dalle burocrazie: ecco cosa avrebbe dovuto esprimere, partecipando al corteo del 16, anche Usb e il resto del sindacalismo di base: invece, assenti per la scelta miope dei propri gruppi dirigenti, hanno perso una grande occasione (anche se, sigle a parte, in piazza abbiamo incontrato tanti compagni che militano nel sindacalismo di base, per nulla d'accordo col settarismo dei propri gruppi dirigenti).
 
Una sola prospettiva: sciopero generale ad oltranza e occupazione delle fabbriche!
La straordinaria risposta di sabato non può e non deve essere distorta ad altri fini dalle burocrazie. Per due ordini di ragioni. Il primo sta nella oggettività del quadro sociale ed economico italiano, in cui i poteri forti sono uniti e determinati nel raggiungimento del comune obiettivo di far pagare la crisi capitalistica ai lavoratori ed alle masse popolari. Il secondo, intimamente legato al primo, consiste nel pericolo che un simile atteggiamento possa produrre nei lavoratori disorientamento e un senso d’impotenza. Questo perché, e la storia ce lo insegna, tutte le conquiste operaie che si sono avute nella storia non sono state certamente partorite da una particolare abilità dei burocrati sindacali ai tavoli contrattuali ma, al contrario, dalle lotte.
La crisi che sta creando scompiglio nel sistema economico e sociale non è dovuta a fatalità. Le crisi cicliche rappresentano, nella storia del modo di produzione conosciuto come capitalismo, una costante necessaria ed intrinseca. Non è certamente rivendicando il rispetto della legalità che si farà recedere Marchionne dai suoi propositi antioperai e sfruttatori. L’amministratore delegato della Fiat, così come i padroni d’ogni tempo e d’ogni luogo, inizierà ad indietreggiare solo quando verranno create, dai lavoratori le condizioni sufficienti per far temere al padronato di poter perdere tutto.  Per questo diciamo: occupazione delle fabbriche, a partire da Fiat, Fincantieri e da tutte quelle in cui il capitalismo ha già palesato il suo fallimento storico licenziando e mettendo in cassa integrazione. E sciopero a oltranza fino al ritiro delle manovre padronali che mirano a far pagare la crisi capitalistica ai lavoratori e alle masse popolari, fino alla riassunzione di tutti i lavoratori licenziati, fino all'assunzione di tutti i precari e di tutti i disoccupati, fino alla caduta di Berlusconi, per aprire la strada a un'alternativa di potere dei lavoratori.
Il Partito di Alternativa Comunista, presente con un visibile e nutrito spezzone in piazza (animato da tanti operai e da molti giovanissimi), rivendica la necessità di un progetto di indipendenza di classe del movimento operaio dalla borghesia e dai suoi governi. Ecco ciò che serve alle masse scese in piazza sabato, ecco cosa manca. 
Dalla piazza del 16 si alza una domanda di radicalità, una richiesta che la mobilitazione continui subito e che non venga solo annunciata. Ma soltanto un percorso politico che dia effettiva rappresentanza e indipendenza politica e programmatica a questi lavoratori sarà in grado di creare i presupposti perché finalmente possa esserci un riscatto del mondo del lavoro. E questo non sarà certo dato dalla sinistra governista di Rifondazione, che bussa di nuovo alla porta del Pd per un'alleanza di governo. Né da Vendola. Né tantomeno dal sedicente amico degli operai Di Pietro.
Serve un'altra direzione politica. Serve da subito la creazione di comitati di lotta in ogni azienda, in ogni città, che si diano un coordinamento nazionale: per non lasciare che le prossime mosse le decidano le burocrazie interessate solo a far fallire la lotta.
Alternativa Comunista sarà parte attiva, nella misura delle proprie forze, nella battaglia per garantire una risposta a questa grande domanda di rappresentanza, ed afferma la necessità di un programma realmente alternativo, basato sugli interessi della classe operaia, che consenta di porre i presupposti per il rovesciamento dell’attuale sistema economico e sociale. Il mezzo milione di persone che hanno riempito Roma sabato scorso, oltre ovviamente ad altri milioni di lavoratori, meritano la concretizzazione di una prospettiva realmente anticapitalista e dunque rivoluzionaria. Ciò che nell'immediato significa lo sviluppo di una lotta ad oltranza, come ci sta insegnando l'esempio della Francia. Dopo il 16 ottobre nessuno può più dire che non ci sono le forze necessarie per farlo.


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