Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 13 gennaio 2011

Tunisia e Algeria: RIVOLTE PER IL PANE

di Riccardo Bocchese  Lega Internazionale dei lavoratori (Lit)





La rivolta del pane dilaga in Tunisia. La ribellione è quella dei giovani che vediamo in queste ore nelle strade di molte città dell’Algeria e della Tunisia. Una ribellione diffusa e che sta contaminando e diffondendo il malumore verso gli sfruttatori, verso quanti, e sono poche centinaia di persone, gestiscono da decenni il potere con i privilegi e la ricchezza che questo comporta.
Il potere del capitale risponde. Nei modi che gli sono abituali: la repressione, l’intimidazione, la minaccia, le armi.
Ecco allora che in Tunisia il bilancio delle vittime nell’ultima settimana di scontri a Thala e Kasserine è salito a 50. Secondo quanto racconta la radio tunisina Kalima, i morti sarebbero almeno 16 nella città di Tala, 22 a Kasserine, 2 a Meknassi, 1 a Feriana e 8 a Reguab. Numerosi i feriti.

Piazze in rivolta in Tunisia e Algeria
In Tunisia la rivolta contro il carovita e la disoccupazione è iniziata il 17 dicembre dopo che Mohamed Bouazizi, un ambulante laureato di 26 anni, si era dato fuoco a Sidi Bouzid per protestare contro la polizia che gli aveva confiscato la frutta e la verdura che vendeva per sopravvivere. Il suicidio di Mohamed ha innescato una rivolta inedita e da metà dicembre i tunisini sono in strada. Soprattutto i giovani, spinti alla disperazione dalla disoccupazione e dall’ingiustizia sociale.
In Algeria le proteste sono cominciate il 4 gennaio a seguito della decisione governativa di aumentare del 20-30% i prezzi dei prodotti alimentari di largo consumo, come il pane.
Forti rincari anche per olio e zucchero. La tensione si sta diffondendo in un Paese in cui il 75% dei 35 milioni di abitanti, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, ha meno di 30 anni e il 20% dei giovani è disoccupato. Negli ultimi giorni quattro persone sono state uccise e circa 800 persone, tra le quali 300 agenti, sono rimaste ferite.
La repressione - che in realtà ha l'effetto di alimentare la rivolta - ha provocato anche quattro suicidi. Houcine, 22 anni, a Menzel Bouzaine davanti alla folla, ha gridato "non voglio più miseria e disoccupazione".
Le ragioni del malcontento dei giovani proletari tunisini sono simili a quelle dei loro coetanei algerini: la mancanza di lavoro e di prospettive. Ma in Tunisia c’è anche un’ansia di libertà: la rivolta non è solo contro i rincari alimentari, ma anche contro la censura e la mancanza di libertà di espressione.
I blog, facebook, la musica rap diventano le uniche forme di espressione, ma la censura sta arrivando anche lì. Il governo tunisino, per avere la meglio sulla protesta, sta impiegando gli hacker su internet per accedere agli account degli attivisti su Facebook, Google e Yahoo e intercettare i successivi passi della rivolta, secondo quanto denuncia la Commissione per la protezione dei giornalisti (Cpj). Ma la protesta non sta coinvolgendo solo i giovani. C’è stata, per esempio, un’altissima adesione degli avvocati tunisini allo sciopero di categoria: un segnale che testimonia il diffondersi del dissenso anche tra le classi medie. Il grido che sale dalla piazza mentre si bruciano le foto del presidente Ben Ali, da 23 anni al potere, è "barakat", basta!
Gli interessi italiani ed europei
Il ministro Frattini dichiara: “Sosteniamo i governi di Tunisia e Algeria. Noi condanniamo ovunque la violenza, ma sosteniamo governi che hanno avuto coraggio e costituiscono un’importante presenza mediterranea, soprattutto nella lotta al terrorismo”. Questo il commento del ministro berlusconiano di fronte alla repressione brutale dei governi di quei Paesi. Frattini peraltro è lo stesso ministro che si è recato in Tunisia in compagnia di altri ministri a ricordare Bettino Craxi, morto latitante ad Hammamet sotto la protezione proprio del presidente Ben Ali (divenuto presidente grazie ad un colpo di Stato “medico” nel 1987 quando il precedente presidente Bourguiba fu deposto facendolo giudicare dai medici inidoneo per senilità, agevolato da alcuni servizi segreti tra cui il Sismi italiano). Ma sono gli affari soprattutto a dettare questa presa di posizione, unica in Europa per il momento. Basta una veloce ricerca in rete per vedere quanto rilevanti siano gli affari italiani nel Magreb : sia con accordi per il gas e il petrolio (l’Eni con l’offshore del mar Mediterraneo proprio di fronte ad Hammamet), sia con le produzioni manifatturiere a bassissimo costo del lavoro (ad esempio Benetton che oggi conta oltre 5000 terzisti che lavorano nel nord Africa). Ma non manca la finanza con Mediobanca che partecipa ad una nuova banca tunisina con una quota del 30%.
E il gas ed il petrolio algerino sono da anni preda delle multinazionali anche dell’energia francesi e americane, e i fosfati marocchini altrettanto. Con tutti questi affari risulta difficile esprimersi contro chi permette tutto questo lucro.
Anche Francia e Europa non hanno nulla da dire. “C’è una lobby tunisina a Parigi – scrive Le Monde - fortissima sia a destra che a sinistra. La Francia sostiene questo regime dalla sua nascita nel 1987”.
La paura del Capitale: l’emulazione della rivolta La “rivolta del pane” per la prima volta ha coinvolto anche i giovani di Bechar e Maghnia, lungo la frontiera con il Marocco che, la sera di domenica 9 gennaio, sono scesi in strada a protestare. Ma l’emergenza supera i confini del Maghreb. La Fao ed il suo economista Abdolreza Abbassian hanno lanciato l’allarme sui prezzi dei cereali aumentati del 50% e sui conseguenti "rischi di rivolte sociali". Si registrano, infatti, tensioni anche in Asia, nello Sri Lanka, dove di fronte all’aumento dei prezzi delle derrate agricole, il governo ha deciso di mobilitare l’esercito per acquistare i prodotti dai contadini e rivenderli ai cittadini.
Che il Capitale cominci ad avere qualche timore lo si intuisce dall’interesse che i media cominciano a dare alla questione che fino a fine dicembre, nonostante i morti e gli scontri, non trovava spazio se non in qualche piccola nicchia.
Ora, il primo ministro algerino Ahmed Ouyahia è costretto a riferire che il Consiglio interministeriale ha adottato “una sospensione ed esonero dei diritti doganali, di tasse e imposte”, temporanea, su olio e zucchero, che permetteranno di ridurre del 41% i prezzi.
Ben Ali da Tunisi s’impegna a creare 300 mila posti di lavoro tra il 2011 e il 2012.
Per parte nostra, come rivoluzionari, non possiamo che essere pienamente solidali con i giovani in rivolta. La loro lotta, pur generata da cause apparentemente distinte, è in definitiva la stessa lotta dei giovani che in questi mesi hanno infiammato le piazze d'Europa, è la lotta per cercare un'alternativa al capitalismo e alla miseria a cui questo sistema sociale condanna l'umanità. Una volta di più emerge imperiosa l'esigenza di coordinare l'insieme di queste lotte nel mondo, costruendo una direzione internazionale rivoluzionaria, la Quarta Internazionale, che sappia sviluppare le lotte e le rivolte di piazza in rivoluzioni socialiste vittoriose.

2 commenti:

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  2. Allons enfants de la Tunisie!!

    I fatti recenti di Tunisi sono solamente i prodromi di quello che accadrà nelle capitali europee nei prossimi anni. Ho conosciuto il caratterino dei tunisini nei primi anni 80 quando terminati gli studi, andai a Tunisi per meccanizzare la BNT (Banque Nationale de Tunise) in Avenue Bourguiba.
    Ho sempre apprezzato la loro fierezza, la voglia di libertà e l’intolleranza nei confronti delle ingiustizie Credo che i francesi abbiano contribuito non poco nel trasmettere loro la paura del giogo di “padroni” ladri di pollame e vigliacchi come i componenti della famiglia di Ben Ali, inquietanti analogie con Marcos e Imelda, ma qui la collezione di scarpe, non centra.
    Miserabili parassiti che hanno rubato a piene mani salassando di fatto un paese turistico e florido, molto vicino alla cultura laica e liberale europea.Giudicare i fuggitivi è cosa inutile, speriamo che qualche altro bastardo come loro non si appropri del posto vacante.
    Certo che la fame è brutta cosa e distruggere di fatto un paese a causa dell’aumento di pane e latte è incomprensibile, come è potuto accadere tutto ciò a due passi dalla ricca e opulenta Europa?
    Dettaglio non trascurabile, i Tunisini di fatto con la gravità della loro rivoluzione potrebbero aver spalancato le porte alla Sharia, la legge dei folli e delle tenebre, attention enfant!

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