Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 28 giugno 2012

Proteggetela

Giovanni Morsillo



Ogni tanto il Ministro Fornero si distrae dalla sua opera d'arte, l'ormai famoso "nuovo quadro del mercato del lavoro" che sta dipingendo e pare voglia intitolare "Apocalisse del sindacato" e scatarra una qualche sentenza elegante ed eversiva. Oggi fa mostra di sé la dichiarazione dell'esponente del governo vatican-bancario secondo cui "il lavoro non è un diritto". Chissà a quale ordinamento si riferiva la Professoressa, che da secoli insegna in una lussuosa univeristà proprio le scienze giuridiche connesse al lavoro. Certamente doveva pensare in quel momento - ma non lo ha chiarito - alle leggi vigenti in qualche sperduto staterello feudale di qualche landa desertica o dispersa in qualche oceano, dove magari ci sarà un re-padrone che decide in base al proprio umore cosa spetti ai suoi sudditi-proprietà in quel momento, salvo poi cambiare idea al mutare del tempo o del suo mal di denti. Non poteva di sicuro avere in mente l'ordinamento italiano, che a partire dal primo articolo della prima Legge che lo regola, ossia dall'Art. 1 della Costituzione, assegna al lavoro non solo la qualifica di diritto, ma di diritto fondante tutti gli altri, poiché su di esso si fonda la stessa Repubblica e, se riflettiamo un pochino, anche il governo nel quale inopportunamente siede la tanto Onorevole ministro. Siamo sicuri di non sbagliare nell'essere certi che si sarà posta la domanda del come mai il lavoro sia stato messo dai Costituenti proprio all'inizio del discorso, e si sarà sicuramente risposto che non doveva essere un fatto del tutto casuale.
Avrà immaginato i Padri della Repubblica (e le Madri, ché c'erano anche loro e senza quote rosa) chiedere agli uscieri: "Lei che lavora e quindi è esperto cosa ne dice, ce lo scriviamo da qualche parte che è meglio se gli Italiani possono difendere la possibilità di dar da mangiare onestamente alla famiglia? O è meglio lasciare che sia il libero mercato delle mazzette a stabilire chi deve occupare i posti e quali?" 
E all'obiezione del povero bidello impreparato che balbettava un triste e spaventato "Non saprei, Onorevole, forse è meglio che siano i politici vincenti ed i manager a stabilire chi è buono ed affidabile e chi invece è meglio tenere alla larga, specie se iscritto alla CGIL..." avrà senza dubbio apprezzato la risposta del legiferatore che rintuzzava: "Come vuole lei, ma non è che poi rischiamo che un Martone qualsiasi venga fatto oggetto di basse provocazioni solo perché non è passato dall'Ufficio di Collocamento?"
 
Che perfino Cicchitto, di cui già solo accostare il nome al concetto di lavoro è una volgarità, faccia esmplari battaglie sindacali per il sacrosaanto diritto alle ferie dei parlamentari (non si riesce a farli lavorare durante l'anno, proprio ad agosto dobbiamo pretendere che lo facciano?) sembra non significare nulla per la ministro dei licenziamenti. Non fa una piega, e tira diritto sulla luminosa via della modernità. 
Se comprendiamo bene le sue preziose lezioni in pillole, deduciamo che per un ministro in carica della Repubblica italiana il lavoro non è un diritto, licenziare due lavoratori anziché uno è un fatto di equità, essere licenziati corrisponde ad una opportunità e riscuotere una pur misera pensione sudata con quarant'anni di versamenti e di duro lavoro rappresenta un incomprensibile privilegio, in certi casi un crimine.
In questo senso forse ha anche ragione: se esistesse un sistema dei diritti ed una democrazia reale in questo Paese, la signora Fornero difficilmente avrebbe avuto un Signore che, investito di autorità imperiale e senza alcun bisogno di consultare il volgo, le avrebbe potuto affidare il compito di vice-sceriffo addetto alla criminalizzazione dei poveri cristi senza blasone. In quel caso, a fronte di anche minore arroganza si sarebbe sollevato il popolo, e le avrebbe fatto notare con almeno pari eleganza che le sue convinzioni non hanno nulla a che fare con un sistema che per consuetudine e per dottrina viene definito "Stato di diritto".
Finora si è presa qualche uovo e qualche pomodoro marcio, ma chi di dovere cerchi di proteggerla; non dagli altri, ma da sé stessa, perché se davvero confonde così le cose, uno di questi giorni potrebbe infilare convinta la porta del bagno per una impellenza tipo riforma dell'art. 18 e ritrovarsi a forma di frittata sul marciapiedi dopo aver volato dal balcone del salotto.
 
Saluti clandestini

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