Abbiamo letto (due volte, per lo stupore) la notizia pubblicata da Repubblica a questo indirizzo: http://bari.repubblica.it/ cronaca/2012/08/23/news/ impiegato_si_assenta_dal_ lavoro_per_malattia_per_ vendere_capi_contraffatti_ sulla_spiaggia-41353156/?ref= HREC2-4
La cosa ci sembr degna di qualche piccola riflessione, non perché particolarmente anomala nel suo presupposto di truffa aggravata da parte del dipendente della Provincia di Caserta, cosa che nel panorama delle meschine furbizie italiane passa come del tutto ordinaria, ma per l'aspetto subculturale del suo sviluppo, questo sì finora inedito. Il tizio, al quale è stata sequestrata la merce falsa che vendeva abusivamente (senza licenza) in un giorno in cui avrebbe dovuto essere al lavoro ma se ne era assentato con un certificato medico anch'esso dichiarante il falso, se tutto venisse confermato dalle autorità sarebbe definito come un delinquente puro e semplice. Ma lui, nell'esercizio della sua attività di squallido maladrino, vistosi danneggiato nei suoi illegittimi interessi dalla presenza e dall'attività altrettanto illegale con l'aggravante che a commetterla erano due extracomunitari, ha uno scatto d'orgoglio e chiama le forze dell'ordine a tutela della sua dignità farlocca di fuorilegge.
Siamo a questo punto. Nella percezione ormai storica che il delitto sia tale solo se commesso da altri, meglio se stranieri o politici, ci si culla nel cattolicissimo consiglio del perdono per le illegalità commesse in proprio. Ma adesso siamo alla rivendicazione della tutela di fronte ad illegalità percepite come più gravi. Insomma, la mia illegalità diventa legale se tu ne commetti un'altra, la estingui moralmente, ergo sparisce anche giuridicamente. Almeno nella testa del venditore di bufale così deve essere accaduto, si deve essere convinto che poiché lui era italiano e quegli altri venivano da chissà dove, lui aveva una specie di diritto di prelazione sul delinquere, una sorta di privilegio nazionale e forse razziale (erano senegalesi, neri neri, e questa è oggettivamente un'aggravante, no?).
Un rivoluzionario, questo signore, magari in Brianza qualcuno gli farebbe anche un monumento, con una bella targa che ricordasse ai posteri come un semplice e ingegnoso dipedente dello Stato abbia raggiunto un livello di ideale riforma del diritto da sbaraccare perfino la Bossi-Fini, che al confronto pare un provvedimento garantista, fraterno e solidale degno di una concezione hippy dell'umanità. Purtroppo non avverrà, perché malauguratamente questo scienziato del diritto è un terrone, che da quelle parti si differenzia assai poco dagli ultraterroni color carbone.
Che poi a dirla tutta era straniero pure lui, perché tutto si svolgeva in Puglia, e se il federalismo fosse una cosa seria come la immagina Calderoli, per andarci da Caserta ci vorrebbe il visto sul passaporto.
Comunque, quello che preoccupa non è tanto quello che sguazza nel liquame contenuto in certi crani, ma il fatto che il concetto di diritto sia ampiamente concepito come strumento ad appannaggio dei prori interessi particolari, perfino quando questi sono del tutto illegali. A forza di sentir parlare di leggi ad persona, vuoi vedere che qualcuno più debole concettualmente ha smarrito la bussola?
Saluti legali.
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