Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 27 luglio 2013

Regole e controrivoluzione

Luciano Graneri



Noi infimi piccoli borghesi, aspiranti proletari che da sempre abbiamo invocato la rivoluzione non ci siamo accorti della contro rivoluzione che in un ventennio ci ha soggiogati e ridotti a chiassosa quanto inutile plebaglia buona solo a lamentarsi.  Noi infimi piccolo borghesi non ci siamo, o non ci siamo voluti accorgere dell’imbroglio che nascondeva il bipolarismo. 

Questo salvifico sistema, invocato a salvaguardia della stabilità governativa, ci ha privato di importanti pezzi di rappresentanza fino d estinguere del tutto il vero e proprio principio in se. La storiella delle due grandi coalizioni che si  fronteggiano ad ogni tornata elettorale per poi accomodarsi in Parlamento secondo la disposizione sancita dal risultato elettorale,  ha consolidato nel tempo il club dei poltronisti,  sempre loro, sempre gli stessi, o gente scelta da loro,  ad occupare i posti in Parlamento ora dall’emiciclo della maggioranza ora da quello dell’opposizione. 

 Una dialettica politica basata sull’antiberlusconismo in contrapposizione al  berlusconismo  ha mimetizzato le peggiori nefandezze perpetrate ora dall’una ora dall’altra fazione. Gli uni iniziavano la privatizzazione di scuola e sanità,  la precarizzazione del lavoro e l’attacco allo statuto dei lavoratori, gli altri completavano l’opera sfondando una porta che era già stata mezza aperta. 

Quando il tranquillo e salutare  tran tran del bipolarismo è andato finalmente in pezzi, dopo decenni di malgoverno, con l’ingresso nel club di una terza forza pronta a sparigliare, i membri del club hanno dovuto gettare la maschera e,  per assicurarsi la grassa sopravvivenza,  fuori di ogni finzione hanno dovuto fare outing , unirsi contro l’ospite infetto,  rendere palese quello  che prime era nascosto dietro una finta dialettica maggioranza/opposizione.

Sotto questa luce si spiegano tutte le contraddizioni con cui la finta maggioranza e la finta opposizione, ormai diventate maggioranza unica, hanno contraddistinti la loro azione.   Un esempio su tutti. In merito al caso Alabayev , Alfano è stato riconosciuto  incapace, ma Alfano rimane al suo posto.   Se dovesse presentarsi oggi un nuovo caso Ruby, sono convinto che la posizione unanime vedrebbe  il riconoscimento della balla sulla nipote di Mubarak, ma l’assoluzione  di Berlusconi, perché  nell’impeto di generosità  , aveva mentito per salvare la ragazza  dal tribunale minorile.  Dunque  il gesto  pur nella sua inopportunità va apprezzato. 

Non a caso si dice di voler cambiare tutto per non cambiare nulla. Né è testimonianza l’atteggiamento  sulla  legge elettorale. Tutti affermano che non è possibile tornare al voto con l’attuale legge, tutti sostengono di volerla cambiare ma nessuno se ne occupa veramente. Infatti  la permanenza di questo sistema di voto scongiura il ricorso alle urne , il conseguente possibile rafforzamento di forze terze e lo sconvolgimento dello status quo.  

Altro cavallo di battaglia della contro rivoluzione riguarda l’ineludibilità  del cambiamento delle  regole. Necessità sopravvenuta dalle mutate condizioni politiche e sociali. In realtà il cambiamento delle regole con ripetuti tentativi di manomissione della costituzione, uno ancora in atto, è volto non già al bene dei cittadini ma al consolidamento dei privilegi di chi comanda.  E  proposito di  regole un altro vizio è quello di tentare di cambiarle secondo i propri interessi   in occasioni delle varie tornate elettorali  o delle fasi precongressuali.  Il porcellum è nato proprio per  assicurare i vantaggi di una parte, forte nella leadership ma debole nei candidati.  

Questo vizio di rinnovare regole e statuti sta coinvolgendo anche il Pd, il quale non riesce a decidere la data del congresso,  né le modalità di partecipazione proprio perché ogni fazione spinge per un regolamento chela  favorisca. Una volta succedeva  che i dirigenti con l’aiuto dei militanti  redigessero dei documenti  in cui si prefigurava una linea politica, e  designassero   un portavoce, e candidato alla segreteria , che rappresentasse quella linea politica. Questa  veniva sottoposta al voto dell’assemblea insieme ad altri programmi e relativi rappresentati. Il documento  vincente diventava la linea programmatica del partito e il suo rappresentante in seno al congresso diventava segretario . 

E’ vero in questo ragionamento c’è una grossa falla. Quali sono i programmi che potrebbero  stare in un documento da presentare al congresso del Pd?  Quale ne potrebbe essere l’indirizzo?  Si alle larghe intese con Berlusconi, oppure mai con  il nano di Arcore?  Trattare con la Troika le condizioni del fiscal compact o rifiutare le  imposizioni  capestro di Bce-Fmi-Ue?  Difendere la costituzione o cambiarla in senso presidenzialista ?  Proteggere le prerogative del contratto collettivo nazionale sul lavoro, o finire di distruggere quel poco che rimane dello statuto dei lavoratori?  Spingere gli enti locali a rispettare il risultato dei referendum sull’acqua o favorire la definitiva privatizzazione dei beni comuni?  Queste sono posizioni antitetiche proprie delle diverse fazioni  interne alla dirigenza. Quando in un programma può esserci tutto e il contrario di tutto significa che c’è il nulla. 

E allora è inevitabile che la discussione congressuale diventi  questione di poltrone. Infine lasciamo stare la questione se il segretario debba essere anche il candidato premier o meno?  Basta con questo insulto alla costituzione. Il presidente del consiglio (SI CHIAMA COSI’) viene nominato dal Presidente della Repubblica e non indicato dagli elettori. L’Italia non è ancora un paese presidenzialista.  Infatti dopo aver fatto la fila ai gazebo, e pagato i due euro per eleggere il candidato premier alle scorse elezioni di febbraio, i militanti piddini si sono ritrovati come capo del governo non quello che avevano incoronato con le primarie,  ma  uno     che non era nemmeno presente nella lista dei candidati da votare.  Non c’è nulla da fare ormai il pensiero unico sta trionfando e la rivoluzione è persa. Anzi non è mai iniziata al contrario della contro rivoluzione  che sta celebrando i suoi fasti.


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