Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 9 agosto 2014

Reagiamo. Non tutto è perduto

Luciano Granieri


E’  andata. Ma non tutto   è perduto.  Il Senato ha licenziato in prima lettura la  riforma che abroga se stesso, oltre che una buona fetta di democrazia. Però  fra abbandoni d’aula, defezioni, mal di pancia,  i numeri dicono  che la riforma è stata approvata con  soli 183 voti favorevoli. Per evitare il referendum confermativo la maggioranza dei due terzi si attesta a 214, cifra ben lontana da quella ottenuta. Dunque si andrà a referendum non per gentile concessione di  Renzi ma per il risultato del voto. 

Inoltre le enormi  lacune del testo lasciano presupporre modifiche alla Camera, per cui la legge dovrà tornare al Senato. Le letture quindi fra Camera e Senato da quattro diverranno cinque (benedetto il bicameralismo paritario!) poi, dopo la pausa di riflessione, si andrà a referendum come  l’articolo 138, per fortuna non ancora abrogato, comanda. Tradotto in tempi se ne parlerà forse a fine 2015. 

C’è dunque tutto il  tempo per quelle  forze e  movimenti , che mantengono ancora un minimo di coscienza democratica,  di organizzarsi e far fallire questo ennesimo progetto di restaurazione fascista e pidduista.  

In realtà l’iter di approvazione in prima lettura al Senato della riforma, rivela che di fatto questa è già in vigore, ancora prima di essere votata. Ripercorrendo le tappe che hanno condotto al risultato dell’8 agosto  scorso notiamo che tutto si è svolto in modo anomalo, incostituzionale.  Incominciamo dall’inizio. La legislatura che ha partorito questa riforma costituzionale si è determinata attraverso elezioni svolte con una legge giudicata incostituzionale dalla Consulta.  In  conseguenza di tale pronunciamento la Corte di Cassazione ha deliberato che il Governo e il Parlamento, eletti con una norma incostituzionale, avrebbero dovuto procedere solo all’ordinaria amministrazione,  fare una nuova legge elettorale, recependo i rilievi della Consulta, e decretare al più presto nuove elezioni. Mai e poi mai una simile legislatura avrebbe avuto la legittimazione a cambiare la Costituzione.  Deliberazioni della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione tranquillamente ignorate. 

Altro strappo:  le riforme costituzionali  sono di esclusiva pertinenza del Parlamento. Il Governo non ha titoli per deliberare in materia costituzionale. Al contrario questa riforma è stata  voluta,  pensata, costruita dal Governo ed imposta al Parlamento. Veniamo  al precorso parlamentare. Già in commissione affari costituzionali  il pastrocchio governativo sul Senato non aveva la maggioranza. Questa è stata ottenuta espellendo dalla commissione  i senatori irriducibilmente contrari e riducendo a più miti consigli quelli in disaccordo ma  in fondo disponibili a cambiare idea. Dunque l’approdo della legge in aula è avvenuto viziato da una maggioranza innaturale ottenuta in commissione  con minacce ed espulsioni.  

Anche in aula questa riforma indigesta non aveva la maggioranza. Tanto è vero che nelle due occasioni in cui si è optato per il  voto segreto,  su alcuni emendamenti, il governo è andato sotto. Segno che anche in questo caso molti senatori di maggioranza e di minoranza (leggi Forza Italia) sono stati costretti a votare favorevolmente, grazie probabilmente a minacce e promesse.  Nel Pd sono diventati tutti  renziani dell’ultima ora.  Mi chiedo  per quale recondito motivo  i tanti fedeli di Bersani, una volta contrari a Renzi , abbiano cambiato idea in massa. Centralismo democratico e attaccamento alla poltrona? Addirittura tale insulso pasticcio ha avuto l’astensione (quindi voto contrario) di uno dei suoi relatori, il Senatore  Calderoli. Persona coerente nello  schifare i provvedimento che lui stesso redige. 

Ed infine la conduzione dell’aula da parte della presidenza del Senato è stata completamente in violazione dell’art. 72 della Costituzione il quale ammette procedure veloci, come canguri e ghigliottine, ove si rendano necessarie misure urgenti, per votare provvedimenti importanti , ma queste non possono applicarsi a leggi costituzionali. 

Come si vede una legge ancora non approvata ha già trovato applicazione. Dunque  per non subire, oltre che un furto di democrazia, una colossale presa in giro, è necessario che tutte le forze democratiche ed antifasciste,  si mobilitino. Non basta più inviare comunicati stampa o scrivere sui social network, bisogna tornare in piazza. Bisogna tornare fra le gente nei quartieri per spiegare a tutti l’imbroglio di una norma, spacciata come necessaria alla riduzione dei costi parlamentari, ma in realtà utile all’esclusione del popolo dall’esercizio democratico.  

Come detto il tempo c’è, ma per arrivare a far fallire il tutto attraverso il referendum, ma bisogna iniziare da subito. Invito quindi comitati e movimenti a mobilitarsi sin da dopo ferragosto e pianificare un programma di comizi e interventi nella piazze delle principali città della Provincia. Chi ha tempo  non aspetti tempo.

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