Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 17 settembre 2015

La magia di "Bello de nonna"

Luciano Granieri



Il calcio di oggi, quello della Champions League è roba per ricchi capitalisti. Partecipare alla massima competizione europea per un club significa guadagnare centinaia di  milioni di euro. Il giocattolo fa  gola a ricchi sceicchi, magnati russi e scaltri finanzieri. I migliori calciatori sono merce pregiata, sono  guerrieri dalla faccia pulita arruolati in  invincibili armate pedatorie che imperversano sui campi di mezzo mondo. 

Atleti il cui costo raggiunge cifre iperboliche, Messi o Neymar del Barcellona, Cristiano Ronaldo del Real Madrid, Muller del Bayern Monaco e tanti altri celebrati campioni che militano nel Manchester City, nel Chelseae, nel Paris  Saint Germain sono gli attori da red carpet  che mandano avanti il miliardario e sfavillante carrozzone della Champions. Un carrozzone dove i tifosi allo stadio contano sempre meno e gli abbonamenti alle pay tv sempre di più. 

Eppure il calcio non era sport borghese. Agli inizi del ‘900 quando sono iniziati i primi campionati in Italia, il football era figlio del popolo, perfino Gramsci lo esaltò come sport sano  e corretto. Il Corriere dello Sport, ad esempio,  nacque il 14 luglio del 1923  come periodico. Allora  si chiamava  Sport e Proletariato . L’editoriale del primo numero riferiva di  un incontro di calcio promosso dalla federazione del lavoro fra una rappresentanza italiana di operai e  la francese  Federatione Sportive du Travail finito 7 a 2 per gli Italiani. Le partite si svolgevano nei campi impolverati di periferia e nei paesi. La Pro Vercelli, Il Casale, la Novese vinsero  fior di scudetti.  

Poi piano piano la borghesia si è impadronita del giocattolo  trasformandolo nella macchina da soldi che è oggi. Ma fortunatamente rimanendo il calcio pur sempre un sport e dunque dipendente dall’abilità, dalla fantasia, dalla creatività dei suoi interpreti, spesso regala momenti di vera e propria arte. Una magia a che per avverarsi non ha bisogno dei milioni  di investimenti, della ferrea programmazione. La magia si materializza, si genera per un’intuizione, per la straordinarietà di un gesto. E’ la fantasia e il coraggio di Davide che spesso ha ragione di Golia. 

E’ accaduto l’altro ieri sera allo Stadio Olimpico di Roma, quando  un ragazzo di 24 anni  con la faccia pulita di figlio del popolo  s’inventa il gesto, l’intuizione che consente alla Roma di pareggiare la partita contro il Barcellona, lo squadrone campione d’Europa. Lo strapotere di Messi e compagni era straripante. Nessuna tattica, nessun modulo avrebbe potuto cambiare gli equilibri, troppa la differenza fra i calciatori blaugrana,  in maglia blu elettrico per l’occasione, e la Roma. Ma  all'improvviso si avvera l’inimmaginabile , il colpo di genio, un tiro da 55 metri che lascia di stucco il portiere dei Catalani Ter Stegen e fa esplodere l’Olimpico incredulo  di gioia. 

E' proprio il  giovanotto dalla faccia di figlio del popolo a creare la magia. Un ragazzo semplice che tempo fa, dopo un gol realizzato contro il Cagliari, corse ad abbracciare la nonna in tribuna. Bello de nonna lo chiamarono dopo quel gesto. E l’altro ieri sera bello de nonna è entrato nella storia del calcio e dello sport in generale, perché quel gol da 55 metri è pura magia è  l’incantesimo  del ragazzo semplice ma geniale. Forse è per gente come bello de nonna che il calcio nonostante i milioni  e le tristi storie di corruzione che colpiscono federazioni e dirigenti, rimane uno sport emozionante e coinvolgente, sano avrebbe detto Gramsci.


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