Dicembre 2025. Nelle aule di tribunale di una siccitosa città di provincia del centrosud d’Italia si svolge il processo a carico dell’ex-sindaco in carica dieci anni prima. L’imputato è accusato di omicidio colposo a seguito della morte per tumore maligno di una donna di mezz’età. Il testimone chiave del procedimento è una molecola di benzopirene, che nell’udienza clou del processo ha rilasciato sotto solenne giuramento la seguente dichiarazione: “Mi chiamo benzo[a]pirene, sono un idrocarburo aromatico policiclico con azione cancerogena. Sono nato il 28 dicembre 2015 all’interno del motore diesel di una vecchia automobile di classe Euro 3 come sottoprodotto della combustione del gasolio per autotrazione. Come ricorderete, in quegli anni praticamente tutti i veicoli in circolazione erano ancora alimentati con combustibili fossili inquinanti, mentre le auto elettriche ricaricate con energia rinnovabile che vediamo oggi percorrere silenziosamente le strade cittadine erano ancora pressoché sconosciute…” Sì, sì, va bene – lo interruppe il giudice – lo sappiamo, non si perda in chiacchiere, vada avanti! “Mi scusi signor giudice. Dunque, dicevo, io devo la mia esistenza alla combustione imperfetta che ebbe luogo nel motore di quella vettura che, a quanto seppi in seguito, aveva regolarmente superato la revisione periodica pur in presenza di livelli sensibili di polveri sottili rilevate dall’analisi dei fumi, livelli che comunque rientravano nei limiti di legge per le auto diesel di quella categoria. Fuoriuscii dal tubo di scappamento aggrappandomi ad una particella microscopica classificata con la sigla PM2,5, cioè con diametro inferiore a 2,5 micron. Una volta all’aperto, mi guardai intorno e mi resi conto di trovarmi in una strada del centro cittadino affollata di pedoni. C’era il sole, l’aria era stagnante, non pioveva da due mesi e il clima era mite per il periodo dell’anno, certo non caldo come oggi, ma insomma credo che in quell’anno 2015 molta gente cominciò ad avere la consapevolezza che i cambiamenti climatici stavano diventando un problema drammatico con cui bisognava in qualche modo fare i conti…” Ok, ok – lo incalzò ancora una volta il giudice – prosegua la sua esposizione e vada al dunque! “Insomma – continuò la molecola – dopo un po’ che svolazzavo in mezzo al caos cittadino sorretto alla mia particella di polvere venni improvvisamente risucchiato dalle narici di quella donna e finii col depositarmi in un alveolo del suo polmone sinistro su cui la microparticella che mi trasportava aderì. Passai quindi cinque lunghi anni della mia vita incastrato nel DNA di una cellula del tessuto polmonare di quella poveretta: purtroppo così facendo il meccanismo che regola la replicazione cellulare fu gravemente compromesso, e ad un certo punto ebbe inizio una riproduzione incontrollata delle cellule che finì col produrre una massa tumorale, che in seguito metastatizzò. Beh, si sa come vanno queste cose, per farla breve quando il tumore le fu diagnosticato era già troppo tardi, si cercò di tenerlo sotto controllo in vari modi ma dopo alcuni anni e molte sofferenze la poverina morì. Questo è tutto, vostro onore”.
A seguire, l’arringa della parte civile evidenziò che l’imputato era da ritenersi direttamente responsabile della morte della donna in quanto, per timore di non essere riconfermato sindaco nelle elezioni amministrative che si sarebbero svolte di lì a poco più di un anno, si era limitato a provvedimenti di limitazione del traffico veicolare di facciata pur in presenza di valori delle polveri sottili largamente e per lungo tempo al di sopra dei limiti di legge. A nulla valse l’agguerrita difesa dell’ex-sindaco (ironia della sorte, anch’egli a suo tempo “principe del foro”), che tentò puerilmente di aggrapparsi alla circostanza che le anomale condizioni metereologiche di quel periodo non avevano permesso la naturale dispersione degli inquinanti in atmosfera: sulla base della decisiva testimonianza della molecola di benzopirene l’ex-sindaco fu condannato per omicidio colposo per aver omesso di adottare idonei provvedimenti a tutela della salute dei cittadini da lui amministrati.
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Riflettiamo un attimo: se le molecole cancerogene potessero parlare, o se solo se ne potesse tracciare il percorso dalla loro formazione fino a conoscerne gli effetti su ogni singolo individuo che le avesse inalate, chi di noi in qualità di membro della giuria popolare avrebbe voluto assolvere l’ex-sindaco nella favoletta appena raccontata? Del resto, volendo tentare di attenuare le responsabilità dell’amministratore, a chi altri si potrebbe legalmente addossare la colpa della morte della donna? Non certo all’automobilista, che era alla guida di un’auto regolarmente revisionata e legittimata a circolare, né alla casa automobilistica che l’ha prodotta nel rispetto formale delle leggi vigenti all’epoca. Il sindaco, al contrario, era edotto dei gravi rischi per la salute del particolato emesso dai motori diesel, era consapevole dell’abnorme superamento per più di 100 giorni dei limiti di legge per le PM10, sapeva che la sua città era in testa alle classifiche nazionali in quanto a inquinamento atmosferico, aveva il dovere di tutelare la salute pubblica e ciononostante decise di non farlo, o almeno non nella misura che sarebbe stata necessaria. Mentre altre città disponevano le targhe alterne o dei veri blocchi totali del traffico, egli ebbe pavidamente timore di inimicarsi gli automobilisti della sua città, forse giudicandoli incapaci di comprendere le ragioni del disagio che avrebbero dovuto sopportare, e decise di proibire la circolazione per tre giorni alle sole auto Euro 0 e 1 a benzina ed Euro 0, 1 e 2 a gasolio, cioè in pratica quasi a nessuno.
Se le molecole potessero parlare potremmo facilmente mettere in relazione ogni singolo caso di decesso con la causa scatenante, e la grave accusa di omicidio colposo a carico di un sindaco a cui istituzionalmente spetta l’onere di disporre le misure contingibili e urgenti in situazioni di emergenza sanitaria non suonerebbe ingiuriosa o provocatoria ma fondata e circostanziata. Ma per fortuna dei sindaci le molecole non parlano, anche se al loro posto parla la scienza, e parla chiaramente. Il conto è presto fatto: sulla base dei dati dell’Agenzia europea dell’ambiente, che stima in 59.500 all’anno le morti premature in Italia attribuibili al PM2,5, una città di 50.000 abitanti come quella considerata nella favoletta di cui sopra dovrebbe celebrare ogni anno circa 50 funerali a causa delle polveri sottili. Francamente, anche volendo considerare tutte le altre potenziali sorgenti di particolato, è difficile non credere che almeno una decina fra questi decessi siano imputabili al traffico automobilistico e alla sua mancata limitazione deliberatamente disposta dagli amministratori locali.
L’emergenza smog di queste settimane in Italia e il dramma che stanno vivendo megalopoli come Pechino, avvolta da mesi in una cappa mortale, aggiungono, se mai ce ne fosse stato bisogno, un’altra vagonata di buoni argomenti a tutti coloro che spingono perché l’era delle fonti fossili volga al termine nel più breve tempo possibile. Smetterla di estrarre e bruciare petrolio e gas non è solo necessario se vogliamo difendere la Terra dalla incombente catastrofe rappresentata dai cambiamenti climatici, ma è anche largamente desiderabile se si vuole liberare una volta per tutte l’aria delle nostre città dai veleni e preservare la nostra salute.
PS: Nella favoletta iniziale, ogni riferimento a città e persone realmente esistenti è puramente casuale…
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