In questi giorni il referendum sull'acqua bene comune e per la difesa dei servizi pubblici compie 5 anni. Sono stati anni vissuti pericolosamente. Anni in cui l'esito referendario è stato ripetutamente messo sotto attacco dai Governi succedutisi alla guida del Paese. Solo la persisente mobilitazione del movimento per l'acqua ha finora evitato che venisse completamente stravolto.
Il 12 e 13 giugno 2011, infatti, oltre 26 milioni di persone si recarono alle urne per bloccare il progetto del Governo Berlusconi di definitiva privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici locali.
10 giorni prima della scadenza referendaria l'allora Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, pubblicava sul suo profilo Facebook il seguente post: “Referendum. Vado a votare sì all’acqua pubblica ...".
Ora Matteo Renzi è Segretario del PD, Presidente del Consiglio e il PD è il principale partito di maggioranza.
Quali migliori condizioni per attuare l'esito referendario e rispettare la volontà popolare?
Ma qual'era la volontà popolare?
Quali migliori condizioni per attuare l'esito referendario e rispettare la volontà popolare?
Ma qual'era la volontà popolare?
Così la riassumeva la Corte costituzionale: "rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua."
Invece il Governo ha deciso di muoversi lungo una direzione contraria, soprattutto con i decreti attuativi della legge Madia, i cui obiettivi espliciti, riportati nella relazione di accompagnamento, sono “la riduzione della gestione pubblica ai soli casi di stretta necessità” e il “rafforzamento del ruolo dei soggetti privati”.
Il decreto Madia sui servizi pubblici locali vieta, inoltre, la gestione pubblica per i servizi a rete, quindi acqua inclusa, e ripristina l’”adeguatezza della remunerazione del capitale investito” nella composizione della tariffa, nell’esatta dicitura che 26 milioni di cittadini avevano abrogato.
E' significativo che proprio mentre milioni di italiane e italiani stanno per votare le future amministrazioni delle loro città, il Governo discuta un decreto che, di fatto, viola l'art. 75 della Costituzione e sposta la gestione dei servizi pubblici dai consigli comunali ai consigli di amministrazione. Bloccare questo progetto è innanzitutto una questione di democrazia.
Per cui in questi giorni sono in programma decine di iniziative diffuse sui territori e prosegue la raccolta firme sulla petizione popolare per il ritiro di questi decreti nell'ambito del “Firma Day” promosso dalla campagna sui referendum sociali e costituzionali.
Inoltre, come movimento per l'acqua, contestiamo lo stravolgimento della legge per la ripubblicizzazione dell'acqua compiuta dalla maggioranza alla Camera il 20 Aprile scorso.
Per questo nei giorni in cui ricorre il 5° compleanno del referendum nelle iniziative in programma intendiamo ribadire la richiesta di ritiro immediato del decreto Madia e il ripristino del testo originario della legge per l'acqua.
Roma, 10 Giugno 2016.
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