FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L’ACQUA
Proposta per una assemblea nazionale l'11 settembre a Roma
In
seguito all’inequivocabile
sconfitta subita alle recenti elezioni amministrative, il governo Renzi sta
pensando di utilizzare tutto il tempo tecnico a sua disposizione, posticipando
a fine novembre l’approvazione definitiva del Testo unico sui servizi
pubblici locali di interesse economico generale, decreto legislativo
attuativo dell’art. 19 della L. 124/2015 (Legge Madia).
Evidentemente
in difficoltà, e con la prospettiva - completamente aperta - di un referendum
costituzionale in cui ha deciso di mettere in gioco il proprio futuro politico,
il governo Renzi cerca di dissimulare le carte, rallentando la marcia e
suggerendo aperture.
Ma
la direzione è comunque
tracciata: il Testo unico è, e rimane, un vero e proprio manifesto liberista,
la cui finalità è quella di promuovere “la concorrenza, la libertà di
stabilimento e la libertà di prestazione di servizi di tutti gli operatori
economici interessati alla gestione dei servizi pubblici locali di interesse
economico generale”.
Si
tratta di un provvedimento che, cinque anni dopo la straordinaria vittoria
referendaria sull’acqua e i beni comuni, vuole portare fino in fondo la
sciagurata scelta compiuta ventidue anni fa, con la legge Galli, di risolvere i
problemi del servizio idrico non con il risanamento e la riqualificazione delle
gestioni pubbliche, ma imboccando la via opposta, ossia consegnando il servizio
idrico a grandi holding finanziarie, secondo il credo neoliberista, e agli
interessi di un ceto politico che aspira a farsi potentato economico.
Oltre vent'anni dopo i
risultati di quella scelta sono gravemente passivi per i cittadini. I pesanti
aumenti tariffari solo in piccola parte sono stati utilizzati per costruire
depuratori e rinnovare la rete. La massima parte sono andati a risanare i conti
delle multiutilities e a distribuire dividendi agli azionisti, quasi tutti
istituti finanziari.
Il
referendum del 2011 chiedeva, anzi imponeva, di voltar pagina. Ma la volontà
popolare, che indicava la via di un rinnovamento della politica attraverso la
partecipazione dei cittadini (e dei cittadini-lavoratori delle aziende) è stata
ignorata. L'esplosione delle tubature dell'acqua quasi contemporaneamente a
Firenze (Publiacqua, con forte presenza di Acea tramite la controllata Acque
Blu Fiorentine) e a Genova (Iren) riveste un significato quasi simbolico
dell'esito delle scelte compiute dai governi della “Seconda Repubblica”.
Con
l’alibi della crisi e la trappola
artificialmente costruita del debito pubblico, si cerca di portare a termine la
spoliazione delle comunità locali, mercificando i beni comuni, privatizzando i
servizi pubblici e attaccando i diritti del mondo del lavoro.
Con
questo provvedimento, il governo Renzi prova a chiudere il cerchio aperto dalla
straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011, attaccando esplicitamente
la stessa nozione di servizio pubblico locale e prefigurando l’intervento del
pubblico come di supporto al mercato.
Dunque oggi si
confrontano due linee: il vero cambiamento, a partire dai risultati del
referendum, da una parte; il perseverare sulla via fallimentare
dell'assoggettamento dei servizi pubblici locali agli interessi della finanza
casinò, dall'altra.
A sostegno del necessario
cambiamento di rotta in questi mesi si è progressivamente prodotta
un’opposizione sociale alla legge Madia e a ciò che essa rappresenta: lo
dimostrano le decine di iniziative territoriali e la raccolta di centinaia di
migliaia di firme in calce alla petizione alle Camere, promossa dal Forum
Italiano dei Movimenti per l'Acqua e sostenuta dalle compagini che hanno dato
vita alla campagna dei Referendum Sociali.
Crediamo
sia giunto il momento di fare un
punto collettivo, proponendo a tutte e tutti quelli che, a diverso titolo e in
tutti i territori, da anni si battono contro tutti i provvedimenti che vogliono
consegnare i beni comuni ai grandi interessi finanziari, devastando i territori
ed espropriando le comunità territoriali, un’assemblea nazionale di discussione
collettiva sulle iniziative e le mobilitazioni da intraprendere nel prossimo
autunno.
Fermare
il decreto Madia vuol dire
consentire alle comunità territoriali la riappropriazione sociale dei beni
comuni, l’autogoverno partecipativo degli stessi, la messa in campo di una
nuova economia sociale territoriale.
Fermare
il decreto Madia vuol dire
rispettare la volontà popolare espressa dal referendum sull’acqua, bloccare le
politiche liberiste di privatizzazione, riappropriarsi della democrazia.
E' evidente come tutto ciò incroci la scadenza del referendum
confermativo sulla controriforma costituzionale del prossimo autunno. E almeno
due sono le ragioni di fondo: la prima è che il combinato tra controriforma
costituzionale e legge elettorale nasce proprio con l’idea di restringere gli
spazi di democrazia in termini funzionali ad affermare le scelte di carattere
neoliberista e classista che contraddistinguono l’attuale governo. La seconda è
che non è possibile disgiungere i contenuti delle scelte sul terreno economico
e sociale da quelle relative alle forme e agli assetti istituzionali. Da questo
punto di vista, è evidente che, se non si vuole produrre un discorso che
rischia di essere astratto sulla difesa e sull’espansione della democrazia,
esso va innervato di contenuti e fatto vivere in relazione alle scelte che
intervengono sulle politiche economiche e sociali, su quelle scelte che
riguardano la condizione di vita concreta delle persone.
Proponiamo di vederci tutte e tutti domenica 11
settembre a Roma.
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