Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 5 settembre 2016

Era meglio Louis o Bix?

Luciano Granieri





Era meglio Louis o Bix? Questa domanda divide da sempre gli  appassionati quando si parla della tromba (e suoi derivati) nella musica jazz. E’ una scelta complessa perché gli stili molto diversi  di Louis Armstrong e di Bix Beiderbecke, hanno  contraddistinto, due diverse evoluzioni  espressive dello strumento e del  modo di fare musica. 

E’ evidente che stiamo ragionando un po’ a spanne. Louis Armostrong è  passato dall’esecuzione collettiva  polifonica dei piccoli gruppi New Orleanisti (Hot Five e Hot Seven), ad un ruolo da protagonista    nelle orchestre newyorkesi come quella di Fletcher Henderson.  Era la stella dell’orchestra e una stella deve esibirsi mostrando tutta la sua maestria tecnica:  senso del blues, abilità nel gestire le tonalità alte, un linguaggio sfavillante.  

Bix Beiderbecke, invece, figlio di una famiglia tedesca  immigrata a Davenport alla fine dell’800,  recava  nel suo modo di suonare i retaggi del romanticismo tedesco con tutti i suoi risvolti sentimentali.  Non colori  sfavillanti, ma ovattati,  tenui,   con la predilezione per i  toni medi. Indubbiamente la militanza di Bix in orchestre commerciali come quella di Whiteman, agganciata fortemente alla partitura, senza  la possibilità di troppi voli pindarici, ha contribuito a questa espressività lirica curata. Ma anche nelle esibizioni con il  piccolo gruppo dei Wolverins la sua straordinaria sensibilità armonica risultò preminente.  

In realtà si potrebbe azzardare ad identificare un precursore  dello stile di Armostrong.  Fu  Buddy Bolden  il primo cornettista ad improvvisare nel suo gruppo. Bolden con i  toni  alti e squillanti della sua cornetta , imperversò nelle band impegnate ad esibirsi  in feste e  parate della New Orleans di fine ‘800. Da qui attraverso il contributo di Tony Jackson “King” Oliver  iniziò l’evoluzione stilistica di Armstrong.    

Velocità di esecuzione, toni acuti e sfavillanti, o lirismo e ricercatezza della proposta armonica,  hanno  diversamente contraddistinto generazioni di  trombettisti, fino all’avvento del free jazz ed oltre. Da Armstrong, si passò  allo straordinario  Roy Eldridge che   dall’orchestra di Gene Krupa  cominciò  a gettare le basi del linguaggio Be Bop. Dizzy Gillespie,  inventore insieme a Parker ed altri jazzisti del  Be Bop vero e proprio ,  estremizzò ulteriormente il fraseggio con arpeggi velocissimi, toni più che acuti, aggiungendo lo stravolgimento armonico  proprio  dei rivoluzionari della 52° strada.   Negli anni ’50 Clifford Brown, arricchì lo stile frenetico tecnicamente  straordinario    del Be Bop  inglobando  stilemi riferibili al blues più arcaico. 

Dall’altro lato, invece, lo stile di Beiderbecke si ritrova in pieno nel lirismo di Miles Davis. Fra la primavera del 1949 e l’inizio del 1950, fu realizzato per la Capitol  il disco “The Birth of the Cool”. Il manifesto del nuovo stile cool, dove proprio Miles Davis, che per altro aveva suonato con Parker, quindi aveva  frequentato  l’irrequietezza del Bop, mostrò quale fosse la raffinata evoluzione dello stile di Bix. Un fraseggio riflessivo ma ricco di suggestioni armoniche. Non c’era frenesia né spericolate evoluzioni tecniche, ma una straordinaria sensibilità lirica. Per Davis, in realtà questa non fu che una prima tappa del suo percorso di accanito  sperimentatore. Nel 1959 in Kind of Blue, insieme a John Coltrane iniziò a sperimentare il jazz modale che aprirà la strada al free, poi l’esplosione jazz-rock con Bitches Brew nel 1970. 

Chet Baker fu un altro autorevole esponente della linea cool, un degno erede di Biederbecke. Sia nella prima fase della sua carriera con il quartetto senza pianoforte insieme a Gerry Mulligan, che nella seconda , susseguente ad un ritiro dalle scene  per  traversie personali.  La  musica di Chet appare   ipnotica. Fraseggi misurati, note lunghe e piegate nel corso della loro modulazione definiscono uno stile inconfondibile. 

Fra gli anni ’60 e i ’70 irrompe il free jazz. Comincia un’altra storia, con la disintegrazione di ogni limite armonico. Bix e Louis sono lontani dimenticati. Lester Bowie, Don Cherry sono fra gli esponenti  più emblematici dell’era free.  

Negli anni ’80 fino ad oggi, molti trombettisti riferibili all’una o all’altra corrente hanno calcato i palchi di tutto il mondo. Personalità come Wynton Marsalis invece hanno sviluppato un linguaggio originale pescando sia dal fulminante tecnicismo che dalla ricercatezza armonica. Freddie Hubbard e Woody Shaw, sono stati  trombettisti dalla straordinaria cifra tecnica. Esponenti di spicco dell’hard bop, passati anche dall’esperienza free.    Caratteristiche del loro fraseggio  il blues, arpeggi veloci , e   tonalità squillanti. Rappresentano magnificamente il filone che parte da Louis Armostrong, o da Buddy Bolden, per essere precisi. 

Woody e Freddie (purtroppo scomparsi il primo nell’89 il secondo nel 2008) sono i protagonisti del video che segue. Insieme a loro suonano  Joe Henderson al sax tenore, Mc Coy Tyner al pianoforte, Avery Shapre al contrabbasso, Louis Hayes alla batteria. Li ascoltiamo in due favolosi blues: Sandu, un classico proprio di Clifford Brown, e Blues for Basie dello stesso McCoy Tyner. Il set svoltosi in Francia nel 1986, trova i due trombettisti in forma splendida, profondono groove a piene mani, o meglio a pieni polmoni. Un modo degno per concludere questo piccolo  excursus nel mondo della tromba nel jazz. 

Good Vibrations

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