Il Segretario Prc-Se Paolo Ceccano
Quella del lavoro oggi è la
questione epocale di cui bisogna avere l’adeguata consapevolezza.
Per rendersene conto basta tenere
presente che, come giustamente e per fortuna, l’articolo uno della nostra
Costituzione recita, sul lavoro si fonda la ragion d’essere della Repubblica
Italiana. Vale a dire: il lavoro
costituisce il collante dell’aggregato sociale che ciascuno di noi vuole
civile, equo e avanzato verso una modernità definita in maniera precisa.
Il dramma che stiamo
attraversando è quello di una economia che non produce più lavoro. Si badi
bene: le relazioni economiche oggi esistono in forme diverse dal passato, non
esiste più il Fordismo e il taylorismo di cui i grandi aggregati manifatturieri
erano l‘espressione con il lavoro umano che ne costituiva il motore. Ma queste
relazioni economiche oggi producono accumulazione di ricchezza, di entità
vieppiù maggiori, generando forti disparità sociali e non generano lavoro.
La nostra preoccupazione è che la
disgregazione sociale diventa sempre più spinta in presenza di questa economia
per pochi e quindi malata.
La forte opposizione alle
politiche governative che noi esprimiamo discende proprio da questa
preoccupazione. Il Jobs Act è deleterio proprio perché tende a gestire e a
incentivare la marginalità del lavoro. Quindi foriero di disgregazione sociale
e suggella in maniera definitiva la presa d’atto della presenza imperante
dell’economia malata. Quella che crea solo profitto e nello stesso tempo disparità
e disgregazione sociale.
Per noi il concetto di tutela del lavoro, non è una pretesa
incompatibile con lo sviluppo dell’economia. No, ne costituisce invece la
premessa allorquando noi rivendichiamo la funzione sociale dell’economia. La
difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, si inquadra in questa
esigenza. Guai a considerarla una difesa di un privilegio. Non può essere
l’economia una questione privata di chi detiene il potere finanziario, come
purtroppo oggi è! A forza di considerarla una questione privata, l’Italia con
la delocalizzazione delle produzioni e con l’intervento della finanza straniera
ha perso grandi capacità industriali, importanti knowhow e specificità
produttive. Al punto che oggi, in molte realtà importanti estere, ritroviamo
queste capacità che una volta erano italiane e traferite in loco in ragione dei
tristemente famosi “salvataggi stranieri”.
Ecco che ritorna la funzione
sociale dell’economia. Si deve produrre beni e servizi e quindi creare
ricchezza da cui far discendere un assetto della società equa e giusta eche
tuteli il lavoro per tutelare anche una idea di società che non sia avversa
alle speranze di sviluppo di ogni giovane e più sicura per tutti. L’obiettivo
del Jobs Act, della cancellazione dell’articolo 18, della precarietà consacrata
dai voucher è l’antitesi di questo bisogno.
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