Con una sentenza del 29 maggio 2015 la corte d’appello di
Firenze accertava l’illegittimità di un licenziamento ai danni di un dipendente e condannava il datore di lavoro, a corrispondere all’addetto
licenziato 15 mensilità a partire dall’ultima retribuzione effettivamente
erogata. La motivazione della sentenza si basava sul fatto che la Società ha
proceduto al licenziamento, pur non ricorrendo sfavorevoli e contingenti situazioni incidenti
in modo straordinario sulla tenuta economica della Compagnia . In pratica quell’addetto
non doveva essere licenziato perché la
sua retribuzione non metteva a rischio la tenuta economica dell’azienda. Le
motivazioni citate dalla società, a giustificazione dell’interruzione del
rapporto, riguardavano semplicemente la necessità di una riduzione
dei costi per assicurarsi un mero incremento di profitto.
Il 7 dicembre del
2016, la Corte suprema di Cassazione, sezione lavoro, ribaltava completamente la
sentenza di II grado annullando le sanzioni a carico del datore di lavoro il
quale si vedeva riconosciuto il suo diritto al licenziamento per incrementare i
profitti. Le basi di questa III ed ultimativo pronunciamento venivano incardinate sull’art. 41
della Costituzione, in cui si sancisce, nel 1° capoverso, che l’iniziativa economica è privata e libera. In base a ciò la Corte riconosceva all’imprenditore la libertà di
scegliere le migliori combinazioni dei fattori produttivi finalizzati all’incremento della
produttività, compreso il licenziamento. A sostegno di tali motivazioni, i giudici citano inoltre, due sentenze risalenti al 2007 e la
legge 604 del 1966 secondo la quale il licenziamento può derivare anche da
“riorganizzazioni comprese quelle dirette al risparmio dei costi o
all’incremento dei profitti”.
Ciò che
si capisce da questa sentenza, è che i giudici applicano principi sanciti da un
patto in cui il capitale ha di gran lunga prevalso sul lavoro. Al di la delle
leggi ordinarie che hanno ispirato il giudizio , resta l’articolo 41 della Costituzione, pure richiamato nel dispositivo stesso a tutela della libertà d’impresa. In
realtà questo andrebbe letto per intero, in fatti a seguire l’incipit “L’iniziativa economica è privata e libera”
si legge. (Essa) “non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli perché
l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a
fini sociali”.
Se la guardiamo dalla
parte dell’addetto licenziato, è fuori di dubbio che questi abbia subito (in
nome del profitto) danno alla propria
sicurezza, libertà e dignità umana. Né si
può affermare che le leggi vigenti siano efficaci nell’ indirizzare l’attività
economica a fini sociali. Allargando il contesto, in base al pronunciamento del 7 dicembre, Almaviva sarebbe ampiamente legittimata, in nome del
profitto, a licenziare 1666 addetti per de
localizzare in Romania.
Tutto ciò sollecita , soprattutto chi come noi si è
battuto per la difesa, dei diritti sanciti nella Carta Costituzionale, ad attivarci
massicciamente per rendere reale tale difesa. Veniamo dalla strepitosa
vittoria contro la controriforma
Renzi-Boschi. Ciò dovrebbe darci forza per proseguire la lotta verso due
obbiettivi minimi. Il primo, far rispettare la Costituzione, il secondo Cambiare
la stessa Carta, in quelle parti in cui il pieno sviluppo della persona umana
viene impedito.
Lo spirito dell’art. 41
dovrebbe essere chiaro in merito al rispetto da parte dell’impresa privata
delle prerogative sociali, ma siccome la sua formulazione pare aver creato
dubbi, cambiamolo. Personalmente avrei preferito l’abolizione della proprietà
privata, ma dal momento che , la Costituzione è il mirabile frutto della mediazione fra
le forze politiche costituenti ciò
sarebbe andato in contrasto con i principi liberali borghesi, avanzati da quei
movimenti non propriamente comunisti o socialisti.
Però se l’iniziativa
economica privata deve essere ammessa che siano più stringenti gli obblighi tesi alla salvaguardia sociale .
A tal proposito l’art. 41 potrebbe essere modificato sostituendo la parola
libera con subordinata. Cioè “ L’iniziativa economica è privata e subordinata all’utilità sociale ,non
può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla
dignità umana….” Semplice no!” D’accordo
il compromesso e il rispetto delle sensibilità di tutti, ma mi sembra che il
mondo del lavoro, abbia ampiamente dato in termini di cessioni di diritti.. Questa è la riflessione
che vi lascio alle fine del 2016, augurando a tutti cose belle per il 2017.
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