Lo Stato di Israele spende ogni anno milioni di euro per promuovere la propria immagine nel mondo e, nel contempo, diffamare gli avversari e, in generale, chi dissente dalle sue politiche. L’aspetto propagandistico è molto importante per un Paese che si trova a dover fronteggiare l’ostilità di gran parte dell’opinione pubblica internazionale, nonostante le ingenti risorse di cui dispone e la collaborazione di molti opinion makers legati alle lobbies israeliane.
Dopo l’aggressione alla Striscia di Gaza ed il massacro dei nove attivisti della Freedom Flotilla, l’immagine dello Stato di Israele nel mondo si è ulteriormente deteriorata, rafforzando le campagne di boicottaggio già in atto da alcuni anni. Consapevoli di questa realtà, le autorità israeliane hanno aumentato gli investimenti sul terreno della propaganda e della disinformazione, con una particolare attenzione verso le nuove tecnologie comunicative, come internet ed i social network. Gli elementi di fondo della grancassa israeliana sono rimasti sostanzialmente quelli di sempre: rappresentazione di Israele come baluardo della democrazia occidentale in un mondo arabo in preda al fondamentalismo, giustificazione del genocidio palestinese in nome della lotta al terrorismo e diffamazione di critici ed avversari, sistematicamente presentati come antisemiti, senza riguardo nemmeno per i numerosi Ebrei contrari all’occupazione ed alla repressione dei Palestinesi.
Israele, dunque, impegna risorse notevoli, sia finanziarie che umane, per contrastare gli avversari delle proprie politiche, ricorrendo senza scrupoli ad ogni forma possibile di mistificazione e diffamazione. Per esempio, non potendo negare l’assassinio dei nove attivisti della Freedom Flotilla, la propaganda israeliana ha cercato di farli passare per terroristi o fiancheggiatori del terrorismo: ricordiamo qui la vicenda della parlamentare italiana Fiamma Nirenstein, che per mesi ha detto e scritto che l’associazione turca IHH, cui appartenevano gli attivisti assassinati, era un’organizzazione terroristica riconosciuta, messa al bando dalla Germania e inserita nella black list del Dipartimento di Stato U.S.A. Smascherata in una conferenza stampa dagli attivisti della Freedom Flotilla Italia, che hanno dimostrato come l’organizzazione fuorilegge in Germania e negli U.S.A. fosse in realtà una formazione tedesca, che con l’associazione umanitaria turca IHH aveva in comune solo l’acronimo, la (poco) onorevole Nirenstein si è ben guardata dallo scusarsi per le sciocchezze che aveva diffuso a piene mani, ma, almeno, ha cambiato argomenti.
A parte gli alti e bassi dal punto di vista dell’efficacia, l’impegno israeliano contro i critici è obiettivamente ragguardevole. Non si capisce, quindi, perché ci sia gente che tenta di rubare il lavoro a chi già lo svolge con tanta dedizione e competenza.
Doversi misurare con la propaganda israeliana è un fattore che ogni attivista solidale con la Palestina ha sempre messo in conto. Diversamente, da quando è iniziata la preparazione della partecipazione italiana alla nuova Freedom Flotilla, che il prossimo maggio punterà nuovamente verso Gaza assediata, è iniziato “anche dentro ambiti di movimento” un lavoro – fantasioso ma certosino – di diffamazione dell’iniziativa, che aiuta e aiuterà parecchio la black propaganda israeliana, proprio perché animata da soggetti diversi, tutti interni – o ritenuti tali – al movimento di solidarietà con il popolo palestinese. Nell’ordine, la neonata Freedom Flotilla Italia è stata velatamente o apertamente accusata di:
§ collaborazionismo con il governo turco nella repressione dei Curdi, a causa della presenza nella coalizione internazionale della Freedom Flotilla 2 dell’associazione turca IHH;
§ agire nel solo interesse di Hamas e del fondamentalismo islamico;
§ essere infiltrata dai fascisti;
§ essere finanziata da non si sa chi;
§ essere finanziata dai fascisti, attraverso un’associazione di estrema destra guidata da personaggi coinvolti nell’arruolamento di mercenari per guerre e regimi di diversi Paesi.
Per la verità, qualcuno (sempre da “sinistra”) ha adombrato anche un interessamento verso la Freedom Flotilla da parte di Al Qaeda, ma questa versione non è andata oltre il sussurro da corridoio, mentre tutto il resto è stato veicolato con migliaia di e-mail, comunicazioni più o meno “confidenziali”, interventi in riunioni, ecc.
A promuovere e condurre questa capziosa campagna diffamatoria sono forze e soggetti diversi, ma tutti, ufficialmente, solidali con il popolo palestinese: si tratta principalmente di esponenti di ONG finanziate sia da governi di sinistra che di destra (a seconda di chi governa, ovviamente), ma non mancano i settori “antagonisti” un po’ troppo islamofobi o semplici scriteriati appassionati del gossip.
Questo intenso lavorio ovviamente non ha né fermato e nemmeno rallentato la crescita della coalizione italiana per la Freedom Flotilla 2, ma ha provocato un comprensibile malessere ed una certa confusione in alcune aree di movimento.
Ora, a noi piace essere chiari: i nostri obiettivi e finalità sono indicati nel Manifesto della Freedom Flotilla 2, nel quale, fra l’altro, si può leggere che “Ci riconosciamo nei valori fondamentali dell’antifascismo, della solidarietà e del diritto all’autodeterminazione dei popoli”. La Freedom Flotilla è un’iniziativa della società civile internazionale in solidarietà con la società civile palestinese, dunque senza sponsorizzazioni politiche e/o governative, né in Italia, né altrove. I fondi per la realizzazione dell’iniziativa provengono (in Italia come in Francia, in Canada, in Spagna e in tutti i Paesi che parteciperanno) da donazioni, cene sociali, concerti e sottoscrizioni effettuate in diverse occasioni, naturalmente anche da parte di decine di migliaia di cittadini di religione musulmana e persino di pelle scura, i quali – a nostro modesto avviso – hanno gli stessi diritti di quelli di pelle bianca che professano altre religioni o non professano alcuna religione.
Detto questo, ci sentiamo in dovere di lanciare un appello ai nostri denigratori “di movimento”, coerentemente con le nostre convinzioni sociali ed umanitarie. Per favore, smettetela di alimentare un meccanismo che semplifica il lavoro agli apparati ideologici e propagandistici israeliani! A fare questo lavoro ci pensano già Fiamma Nirenstein, Pierluigi Battista, Magdi Allam, che non sanno più cosa inventarsi. E allora, perché vi inventate tutto voi?
Per quanto ci riguarda, questo è un passo e chiudo.
In solidarietà,
il Coordinamento Nazionale della Freedom Flotilla Italia
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