Sette milioni l'anno per
riformare le isole Pontine. Parte dalla fonte di Cassino, attraversa il mare e
torna indietro. A caro prezzo. Sprechi, bollette salate e pasticci burocratici.
E un vero business per le navi cisterna
LATINA - Sale, scende, scavalca
montagne, poi torna indietro. Sgorga da una fonte sopra Cassino, da Cassino
precipita a Napoli, da Napoli finalmente arriva a Ponza e a Ventotene. Prima la
regione Lazio la dà gratis alla regione Campania, dopo un lungo viaggio se la
ricompra e la fa pagare ai contribuenti laziali. È il giro dell'acqua. Più va lontano e più
costa. Andata e ritorno. La spostano non una ma due volte: per una quarantina
di chilometri in più via terra e per quasi cinquanta miglia in più via mare.
Scorre nelle condotte sotterranee fra le colline davanti agli Appennini, passa
dentro tubi sospesi nel vuoto, riempie le cisterne delle navi che prendono il
largo dal molo Beverello, la caricano su una banchina e la scaricano su
un'altra e - alla fine - ricompare praticamente vicino a dove era partita.
Chilometro dopo chilometro e miglio nautico dopo miglio nautico, quella del
Gari diventa salatissima. Sperperi e affari. Impegni mai rispettati,
investimenti mai fatti, delibere di giunta come carta straccia e un tortuoso
percorso per favorire società private e trasportatori. Sempre i soliti.
Per ricostruire questo giro dell'acqua siamo a venuti a Latina - davanti alle
isole pontine - dove si rintraccia la parte finale di un inghippo che ai
contribuenti laziali spreme inutilmente 7 milioni di euro l'anno e in più -
come vedremo - contempla qualche altra voce nella bolletta. In origine la
faccenda poteva sembrare solo uno di quei pasticci all'italiana soffocati dalla
burocrazia, in realtà si sta rivelando
un vero business. Trascinare l'acqua
di qua e di là a qualcuno conviene. Tutto è cominciato molto tempo fa. Quando
dalle sorgenti del Gari, ai piedi di Monteccasino e della Rocca Janula, ne
fuorisciva così tanta che la regione Lazio decise di regalarne un po' alla
Campania assetata. Era il 1983. "Per quella concessione abbiamo avuto un
ristoro", spiega oggi il sindaco di Cassino Giuseppe Golini Petrarcone. In
dono l'acqua e in cambio il finanziamento per costruire un depuratore. Da quel
momento tremila litri al secondo sono stati dirottati dal Lazio verso l'altra
regione, convogliati nell'acquedotto occidentale della Campania che la spinge
giù a Napoli per quasi settanta chilometri. Allora nessuno avrebbe mai
immaginato che nel 2012 in molti paesi della provincia di Frosinone, dove c'è
Cassino, ci sarebbe stato un razionamento idrico. Ma così è andata.
Torniamo però all'acqua del Gari. Passa da un serbatoio all'altro di Napoli e
disseta la città, poi finisce al molo Beverello dove l'Eni Acqua Campania la
consegna alla compagnia marittima Vetor che con le sue navi fa rotta su
Ventotene e Ponza. La Vetor presenta ogni anno il conto alla regione Lazio.
Sono quei 7 milioni di euro. La regione in pratica paga la sua acqua. E sempre
allo stesso armatore di Anzio. "L'appalto per il trasporto l'ha vinto
sempre lui", dice Daniele Coraggio, consigliere comunale di Ventotene
mentre fa i calcoli delle distanze per illustrare lo spreco: Napoli è lontana
40 miglia da Ventotene e 60 miglia da Ponza, il porto di Formia (il più vicino
fra le isole e la fonte, su a Cassino) invece è solo a 26 miglia da Ponza e a
36 miglia da Ventotene. Dice ancora il consigliere Coraggio: "Basterebbe
una condotta che parta da Cassino e, in neanche 30 chilometri, l'acqua
arriverebbe a Formia, meno della metà del tragitto attraverso la
Campania". Qualche mese fa qualcuno ha presentato un esposto alla procura
di Latina su questo commercio d'acqua, all'ultima gara per l'appalto del
trasporto alle Pontine incredibilmente non si è presentato nessuno. La Vetor,
comunque, continua a gestire il servizio "in regime di proroga". E la
regione Lazio paga sempre.
Ricorda Giovanni Maria De Rossi, un archeologo che fu testimone dell'inaugurazione
della prima "captazione" delle acque del Gari destinate alla
Campania: "Il vecchio sindaco di Ventotene Beniamino Verde, quando l'acqua
fu portata sull'isola dalle navi cisterna dei privati e non più da quelle della
Marina militare, mi disse: "Vedrai che quest'acqua ci costerà come se
dovesse arrivare da New York". Beniamino aveva proprio ragione". Per
la prima volta lo scandalo è stato raccontato dal quotidiano "Latina
Oggi" ma il grande accusatore di tutti gli imbrogli sui predoni dell'acqua
di Latina è Roberto Lessio, un imprenditore agricolo di Borgo Sabotino, ex
presidente provinciale di Legambiente e autore di un appassionato e
informatissimo libro, "All'ombra dell'acqua", sui traffici idrici in
Italia. Lui, che ha studiato tutti i percorsi viziosi dei tubi, svela:
"Quell'acqua che parte da Cassino continua a fare i suoi tour perché a
Ponza e a Ventotene non si fanno i dissalatori che Acqua Latina, la società che
gestisce il servizio idrico integrato a cavallo fra le province di Latina e Frosinone,
ha fin dal 2004 nel suo piano di investimento". Dagli accordi presi con la
regione Lazio (c'era ancora Storace governatore) il dissalatore di Ventotene
sarebbe dovuto entrare in funzione nel giugno del 2006, quello di Ponza nel
dicembre successivo. Per misteriosissime ragioni - costo per entrambi i
dissalatori 9 milioni di euro - non si sono mai fatti. E vanno sempre avanti e
indietro le navi cisterna dell'armatore di Anzio. Con una gabella in più per
gli abitanti di Latina. Ancora Roberto Lessio: "Noi paghiamo non solo
l'acqua che la regione Lazio regala e poi si ricompra dalla regione Campania,
ma nelle bollette c'è anche la voce dell'investimento per i dissalatori che non
ci sono".
Questo giro dell'acqua ricorda tanto quella storia dei pomodorini che passano
in questa provincia, trasportati sui camion della camorra che entrano ed escono
dal mercato ortofrutticolo di Fondi. Prima vanno giù, in Sicilia. Poi vanno su,
a Milano. Poi tornano qui, in provincia di Latina. Più ammaccati e più cari.
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