Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 11 dicembre 2012

L'Immacolata Concezione der Pallone (Roma-Fiorentina 4-2)

Kansas City 1927


Dice che era nsacco de tempo che nfaceva così freddo all’Olimpico.

Dice che era nsacco de tempo che nfaceva così caldo all’Olimpico.

Dipende.

Diciamo na cifra freddo prima e na cifra caldo dopo.

Der tipo che nfaceva cosí caldo dai tempi de Spalletti, dice. Che poi mo Spalletti sta ar freddo vero, quindi manco è facile mettese a fa paragoni e manco c'ha troppo senso utilizzà Luciano come unità de misura.

Comunque all’inizio faceva freddo e basta. Ma è nattimo a scallasse, certe volte. E’ sette minuti a scallasse, certe volte. E’ sette minuti a stupisse, certe volte.

De sto gò va subito detta na cosa, pe inquadrallo ner campo dell’umanamente concepibile. Er cross è Dercapitano. Perchè se sta palla non viene contagiata dar debito ar punto de fallì immediatamente ar contatto cor teritorio greco, è perchè quando ce ariva è ancora carica dela ricchezza capitana. Perchè quando Ercapitano tocca palla, automaticamente je imprime un Pil sui livelli delo stato de Montecarlo, roba che l’editorialisti der Sole 24 Ore nsoo spiegano e chiamano i colleghi de l’Economist e quelli je rispondono “We don’t explain it ourselves too”, e quelli der Sole pensano “Ammazza che inglese rudimentale questi dell’Economist”.

E così sto pallone carico de credito giunge sula capoccia dela Cosa Greca, che, sordo ai richiami dela Bce, insensibile ai diktat del Fmi, strafottendosene degli ultimatum della Ue che je impongono rigore e de evità colpi de testa, dentro l’area de rigore co un colpo de testa schiaccia e genera na traiettoria maligna e ingannevole e imprendibile se purtroppo c’hai quer brutto problema che c’ha Viviano.

“Perchè che problema c’ha Viviano?”

Eh boh, ma quarcosa ce lo deve avè, che lì non è che la battezza, ma proprio la cresima, la sposa e estremunzia fori quanno gne costava gnente mettece mbraccio, col risultato che O Goleador Improvisado de Dios se ritrova spalancata la porta e se rende autore de uno dei gesti più controversi dela storia der calcio: er gò fregato.

Dato il giocatore A come generatore di un vettore proiettato verso la porta avversaria, dicesi gò fregato quella interferenza da parte di un giocatore B, compagno di A, sulla traiettoria del vettore. Per ricadere nella casistica del gò fregato, l’interferenza deve essere unanimemente  considerata di dubbià utilità, bassa moralità e sopratutto deve verificarsi a non più di 10 cm di distanza dalla linea di porta.

Dall’alba dei tempi, sul tema del gò fregato, il mondo si divide in innocentisti e colpevolisti.

I primi che parteggiano per chi se frega er gò al grido di “L’importante è che sia entrata!” , sostengono che sia un gesto dettato dalla concitazione del momento e mosso unicamente dall’istinto di voler assicurare una segnatura alla propria squadra in una situazione nella quale la stessa è ancora in dubbio.

I secondi, che sposano la causa dei defraudati al grido di “Vabbè ma entrava lo stesso”, permangono granitici nella convinzione che il sordido intervento altro non sia che un furto ai danni del compagno, del calcio, del Fair Play, dello Spirito Olimpico, der Fantacarcio e delo Spirito Santo.

Noi, che ben sappiamo che er Castagna co lo Spirito Santo ce sta così (per la corretta rappresentazione scenica della frase il lettore è caldamente invitato a chiudere entrambi i pugni con l’eccezione degli indici, di tendere gli stessi in avanti, di percuotere gli stessi tra di loro e di ripetere il gesto in un lasso di tempo inferiore a 1 secondo) sappiamo bene che gne farebbe mai no sgaro, e quindi propendiamo pe la prima ipotesi.

La Cosa fa finta de gnente o nse rende conto e core impazzito a festeggià e a mostrà na maja preparata chissà da quanto co scritto: Μου σκόραρε! Μην ακούτε τα ψέματα του κατηχητή! Castan είναι ένας γνωστός ψεύτης που προσβάλλει τον Θεό και τους άνδρες!

A noi, ovviamente, de chi ha segnato figurate che cazzo ce frega. Stamo sopra!

Qualcuno se vorebbe aggrappà ar vecchio adagio dell'avemo segnato troppo presto, ma anche la sola intenzione che je lampa nell'occhi viene incenerita da chi, mbriaco de tre vittorie consecutive, s'è scordato chi è, da dove viene e dove sta a andà. Mo sappiamo gestì la situazione! Mo stiamo in quella categoria de squadre che pe descrivele nce devi mette l'articolo!

Siamo squadra matura. Siamo squadra esperta. Siamo squadra cinica.
Siamo squadra uno a uno, cazzo.

Da una de quelle punizioni sula treqquarti che se nfai cazzate non esce niente de pericoloso, famo na mezza cazzata e esce qualcosa de pericoloso. Pe la precisione esce nargentino che svernicia tutta la difesa nostra che sale sale e non farebbe manco male a fallo, se nfosse che Rodriguez sto schema se l'è studiato dar Tramonto all'alba, e facendose strada a colpi de Machete se infila eccitato nela nostra Sin City co la consapevolezza de chi sa che ormai er più è fatto e basta buttasse in mezzo pe mettela dentro. Fracoechea, Desperado, se ritrova solo davanti a tre de loro e po solo inibì Aquilani e lasciacce cor dubbio dela sua esultanza (e in ognuno dei due casi il commento nostro sarebbe stato "stammerda"), ma non impedì a Roncaglia de sfogasse pe mesi de Caressa che lo chiama Roncaghlia e segnà.

L'esultanza non è delle più serene.
"Che devo fa la mitraghlia? Me spoghlio e me levo la maghlia? Ditemoo voi! Dimmoo te Carè!"
Ma se je rode a lui, figurate a noi.

"Ammazza che doccia fredda", commenta qualcuno.
"Ammazza che similitudine der cazzo" rispondono altri rincarcandose nela sciarpa.

Quando Er Tiramolla de Dios, l'umano passato per Roma in assoluto più simile al fu Pietro Vierchowod, anticipa de testa un collega anziano (che rispetto a lui so tutti anziani), er Malincosniaco fiuta l'attimo d'insiemistica propizio a convince chi der monnonfame è Capitano, che due destini che si uniscono se ponno strigne in un istante solo, quello di un passaggio smarcante per segnare un percorso profondissimo dentro di loro. "Va, mio Ercapitano, ti ricordi i giorni chiari dell'estate quando parlavamo fra le passeggiate sui gradoni? Segna con questa palla che ti dono e poi stammi più vicino ora che ho paura. Tu che tutto puoi dillo ar Santone tuo ner dopo gara e dillo pure in mix zone e ale radio e ale tv e nelle riedizioni dei libri de Natale. In questa fretta tutto si consuma e quando sei no stranger la gente so strani, o diceva pure Jim Morison, pertanto fingimi gratitudine e dimmi che "mai non ti vorrei veder cambiare mai".

Ercapitano stoppa morbido, se gira incredulo e de luce propria riflette tra sé e sé e ricorda de quando pe avè nsoriso da AberBarbo o Cappiola doveva fa tre tunnel quattro cucchiai e rimboccà tutte le lenzola dela foresteria de Trigoria. "A Miralem, secondo te è normale che io che so io, mo, pe sto passaggetto, dovrei dì ar monnonfame na cosa der genere? Pe te? No dico, o sai io de palle a chilomba come questa quante ne metto a partita? E a settimana? E da quando ce sta er governo Monti? E da quanno Omnitel è diventata Vodaphone? E da quanno er maresciallo Tito ve teneva ancora tutti insieme? O sai che se tutti quelli che me devono dì grazie e dedicà ex voto pe ngò fatto c'avessero le pretese che c'hai te pe sta palletta, er Divino Amore o mannerebbero fallito?".

Ner mentre er piede, più veloce der pensiero, s'è già vendicato de tanta superbia premiando Destro, che in imbarazzo s’enciampa e stoppa male, non tira e pe mette na pezza che sia mejo dela buca, restituisce er maltolto Arcapitano. "Ma che devo fa tutto io?" chiede Ercapitano ar monnonfame che tosto risponde "Sì!", pure se non so passati manco 20 minuti. Quello ristoppa na palla che je sempenna ferma mentre tutto davanti se move. Na contraerea de corpi viola se frappone inutirmente in attesa der battezzo dell'angolo, dell'anghingò e der gò.
Ercapitano se magna l'alluce dela mano, Dexter lo abbraccia felice, Miralem lo abbraccia piangendo. Duanuno pe noi. Oggi ce se scalla così.

Subito, ormai, quando segna Ercapitano, ce sta chi esurta sparando numeri fori da ogni tombola. "So 220! è er numero 220!". Ce pensi, non te ricordi più chi cazzo dovete ripiglià, tu e Ercapitano, ma fa così freddo che la prima cosa che te pare chiara è che co sto gò Ercapitano ha superato Gustav Thöni , Pierino Gros, Ingemar Stenmark e Zurbriggen. Tagli er traguardo in discesa libera mentale, te senti gigante, in slalom tra le avversità, fino ar prossimo gò.

Non pago, forte e tenace er Malincosniaco se rimbocca la testa e lotta e battaja e incrocia Oliveira, uno de quei giocatori de cui conosci er destino de mercato solo er giorno che te lo ritrovi davanti a fa lo stronzo, colui che un dì, de salentino vestito, scalcettando er capitano, ne provocò reazione, espursione e assenza ar derby. Ora, essendo er Malincosniaco l'autore titolare dela pagina Wikipedia bosniaca dedicata Arcapitano, ad egli onere e onore di gestire e spuntare con disinvortura e professionalità la blacklist capitana.

Da Colonnese a Poulsen, da Vanigli a Tudor, Miralem saprebbe come farsi capitanamente benvolere, ma non è colpa sua se i nemici se so quasi tutti mestamente smaterializzati dai campi e Ercapitano è più forte de prima. Rubà palla ar contemporaneo Oliveira diventa così dovere civico e morale, e però quello è preda tanto ghiotta quanto recidiva, e colto da raptus de invidia e gelosia, decide de riavvitasse i tacchetti sur porpaccio der poro Miralem, che come elettrico zerbino bestemmiando s'arotola su se stesso. A quell'onta in mondovisione l'Olimpico ruggisce goffo nei movimenti consapevole der fatto che giocà in superiorità numerica tutta na partita sarà comunque un problema.

"Ercorcabballero! E' stato lui! L'ha fatto pure l'anno scorso cor Villareà", afferma dala fila de dietro namico youtubbicamente nozionista. "No guarda, è stato Oliveira, è stronzo uguale!" rispondemo sicuri dela nostra ipermetropia. "No no è Porcabballero! Too dico io! L'ha fatto cor Villareà te sto a dì!", incarza quello confidando nella ripetitività del repertorio altrui. E però, quasi a placà i timori de no ssadio mai pronto a sentisse matematicamente superiore, la ciancicata passa inosservata ai 18 arbitri de linea che decidono che sì, uno senza capelli ha effettivamente acciaccato navversario, ma co sto freddo ognuno se scalla come può, soprattutto se carvo, e quindi tocca esse elastici. Tipo Miralem, che così caldo non è stato mai.

Ma oggi, oggi che pure Poropiris è arivato preparato dopo na settimana finarmente passata a studià le diagonali, l'obiettivo de sta squadra operaia è mandà la sua classe in paradiso, tanto che er Lucido se cala nela parte der carvo de talento, scrosta palla dar piede altrui e con superbia yankee fa ripartì l'azione co tanto de tunnel a un viola inutilmente opposto all'esportazione dela palla dala difesa ar centrocampo. Conscio dela sculata, l'americano scarica su Destro, che ner dubbio s'engobbisce e la dà a Lui, Egli, Isso, Ipse. Ercapitano la pìa, fa vede carosello a mpar de viola che non fanno in tempo a invocà er Moment che già se devono dedicà agli sgraziati passi der Cigno sghembo. Caricato de responsabilità, colui cui è toccato er bonus de poté beneficià pe nanno intero der paragone co Josè Angel da Twitter (ragazzo che praticamente s’è fatto un anno de Erasmus a Roma senza fa un cazzo se non divertisse, proprio come prevede l'Erasmus), in omaggio ar più ordinario degli adagio da campo de periferia ("se maa dai taa ridò"), restituisce palla Arcapitano, che incredulo ridomanda: "ma che davero devo fa tutto io?". "T'amo detto de sì ncacarcà!" rispondemo in millemila senza rendese conto dell'eccessiva confidenza fideisticamente presa.

Ercapitano sbuffa, recita no spot, scrive un libro, inaugura nasilo, carica er tiro e da trecentoventi metri tira na suatta dala varvola rotante tanto bella quanto finalizzata a fa venì le stimmate sule mano de nportiere che non essendo Padre Pio, nula po pià. Er tracciante illumina la notte de Viviano che furminato s'adegua ar passaggio de sta stella cometa in anticipio. Come re magio ce fa er dono e la lascià entrà. Esplode o ssadio ar duplice fischio. Treauno pe noi.

"So 221! è er numero 221!", urlamo mentre coremo a fa la fila pe piscià. Faccia ar muro, cor fumo che paglierino ce opacizza er vespasiano, realizzamo che co sto gò Ercapitano ha superato in un corpo solo Edwin Moses e Moses Malone, Rod Laver e Rod Stewart, Marvin Gaye e Marvin Hagler. Record su record che crollano, Mike Bongiorno, Josefa Idem e Alcide De Gasperi ormai a un passo, ma soprattutto, stamo sopra de du gò all'intervallo. La situazione pe noi più pericolosa.

Però dai. Siamo squadra concreta. Siamo squadra tonica. Siamo squadra spettacolo.
Siamo squadra treadddue. O, er primo che rifà sta cazzata de parlà così guarda che fine che fa eh, guarda eh!

Niente, manco er tempo de godesse na calma apparente, e subito la calma se ne va a donnacce sula Togliatti. El A'nduja, calabro-marocchino formatose sui porverosi campi de Cosenza, punta de razza e de stazza co la fame pe er gò e pe il piccante, dimenticato da Dio e quindi dai nostri uomini che in quanto catechisti nse metterebbero mai contro er principale, la prima palla che tocca la mette dentro.

Il "Macheccojoni" che era rimasto a Siena dala settimana scorsa torna a casa e se precipita a coprì l'Olimpico co tutta la carica del caffè, l’energia der cioccolato e l’efficacia dele madonne.

La partita a quer punto se fa vibrante, millemila dildo se mettono in moto e i capovorgimenti de fronte so de tal varietà e qualità da fa prende forma a na specie de kamasutra del calcio live, dove er piacere non sembra mai troppo e er dolore quasi te piace, sperando de non dové piagne ala fine.   

Ed è ar dolore der 3-2 che Sturmentruppen reagisce, assalta ala baionetta, se fa la barba, se rasa le tempie, se stira le recchie, salta nel cerchio de foco e incorna d'elmetto sulo scudo dei piedi de Viviano che respinge lo sparo.

E però i nostri eroi son giovani, forti e non so morti, e tutti insieme realizzano pe nattimo che sì vabbè er quattrotrettré, sì vabbè er gioco corale e le sovrapposizioni, ma de fatto stamo a giocà a na punta, e quella punta è Dexter, l'eroe dela quintana, a ognuno er lavoro suo, famolo segnà.
Ma na notte d'inverno così fredda e glaciale genera ner maschio adulto un noto e irrisolto problema. E se a na certa età nce fai più caso, se sei pischello che trabocca testosterone e brami prestazioni utili a sparge la fama e il seme tuo da na bandierina all'artra der monnonfame, sai che non po esse questa la serata propizia. Perché co na temperatura vicina alo 0, ogni alabarda se ritira, ogni biscia s'accuccia, ogni mazzo se fa mezzo, ogni flauto se fa ottavino, ogni salame se fa appetizer, ogni uccello rientra ner nido. "Dexter ce l'ha piccolo!" avrebbe urlato la bandierina tua, quella dell'Olimpico, la più importante de tutte. Mejo evità. A porta vòta Dexter spara sull'unico piede viola rimasto sul prato. Dopo un minuto crossa invece de tirà. Dopo nantro minuto fa finta de non arivà in tempo su na palla precox. L'Olimpico mugugna come un utente de Youporn davanti al buffering.

In una partita così, ogni inezia è determinante, ogni singolo prezioso, ogni battito de denti c'hai paura che possa scatenà er contropiede avverso. L'eccitazione de no spettacolo de rara bellezza e spreco è pari solo ala strizza dela beffa finale, dell'ingiustizia in agguato, della sfortuna con occhi de lince, dell'inculata suprema, dela controepifania che tutta la festa se porta via prima de stappà pure solo no spumantino. Per tutte queste ragioni, quando l'equilibrio dela partita più squilibrata dell'anno è rotto dala sagoma der 16 che se scalla non più come farebbe no spettatore molto prossimo al tereno di gioco, ma proprio come uno che sta pe entrà ner tereno in questione ar posto de Taccidis, o ssadio pe nistante se fa muto e trattiene er fiato (fumando dale recchie de conseguenza).

Chi odia De Rossi nu lo vole vedé e se sente sollevato dar fatto che se mai sta partita dovesse finì male, sarà comunque corpa sua.

Chi ama De Rossi o vole vedé in campo ma c'ha er terore che se sta partita dovesse finì male, sarà comunque corpa sua.

Passaggi e movimenti de Capitan Panca vengono studiati ar microscopio, come cavie da laboratorio. Vivemo tutti co nansia da prestazione rara, come se ogni suo contrasto perso o vinto possa determinà pe sempre er futuro suo e nostro. A pathos s'aggiunge pathos (che non è na punta greca fori forma usa a accoppiasse co la fia der padrone).

Dexter, ner mentre, se sente osservato. Lo guardamo tutti come colui pe corpa der quale stamo ancora a strigne er culo, ma il suo dardo è più rintanato che mai. E però, un po' perché vabbè fa finta de sbajà ma così ala fine te sgamano pure le bandierine, mpo perché se er cross è Capitano sbajà diventa difficile, Destro monta sur destriero e incorna forte sula traversa che respinge forte sur Tiramolla. Quello, che non se po permette i distinguo der collega sciupone, come verginello assetato intruppa e segna, ma un guardaligne in andropausa sur più bello lo sveja, sbaja e annulla.

Mo immaginateve voi a 18 anni. Pensate a voi 18 anni che ve fanno giocà co la Roma. Fate nurtimo sforzo de immaginazione e pensate a voi a 18 anni che giocate co la Roma e fate er primo gò in Serie A, e ve lo annullano e voi sapete che è bono. Se sarebbero sprecati i vaffanculo, no? Marcos, sempre più Vierchos, invece registra il tutto co na freddezza da Zar, abbassa la testa e core pe tornà ar posto suo, a difenne er fortino. A noi sta cosa ce fa fomentà più der gò, a noi che ancora se ricordamo le crisi ormonali de Mexes, tanto pe dinne uno, vedè un pischello così preciso ce fa bene ar core.

De Rossi intanto core, imposta e contrasta nela norma de na partita fuori norma, fino ar momento in cui alza la testa e mette er Lucido in porta, da solo. Ma er capitalista non capitalizza, la struscia de cute, sbaglia er tempo e soprattutto er momento pe magnasse ngò che non sarebbe stato suo. I derossiani maledicono er Lucido riesumando slogan da guera molto più fredda de quella de sta sera.

Manco er tempo de rimette le cose a posto che El Anduja se bulla der momento delicato der biondo co la barba, e funambolico lo sarta facile, dando la stura a un oooooo collettivo de strizza, premonizione e quintali de inchiostro pronti a rimette Capitan Mostro in prima pagina. Quando er viola nemico tira chiudemo l’occhi. Quando li riaprimo la palla è in angolo. Mentre eravamo ar buio, ce dicono, Francoechea ha fatto er miracolo. Lui, proprio lui, er portiere bravo coi piedi, para co na mano, plastico, in tuffo, determinante, sarvando noi, e già che ce sta pure De Rossi.

Manco er tempo de riconsiderà l'ipotesi che quello der derby sia stato solo ninfortunio che po capità puro ai grandi campioni, che la palla spiove in area e lui je core appresso a bocca aperta e occhi ar cielo, guardandola proprio come fanno i regazzini ai giardinetti. La sicurezza infusa ner prossimo è tale che er Lucido torna tale e pe fasse perdonà se posiziona sula ligna dela porta sguanita a scaraventà ortreoceano quell'ipotesi de gò dell'ex che stava pe mannà Aquilani a riceve le chiavi dela città dar sindaco rottamatore. E invece no.

Intanto comunque ha imboccato pure er Cipolla, e quando ner giro de 10 minuti entrano Osvaldo e De Rossi (e Perotta, che comunque è campione der monnofname e se c’è da fa 20 minuti a difende è ancora più utile de Messi, e che comunque all’urtima HA SEGNATO) bè, lì se sentimo mpo stocazzo, ce viene mpo de Realmadritudine, mpo de Barcellonismo. Pe quanti anni al momento dei cambi de sta gente coi sordi che je escono dale recchie se semo guardati e se semo detti "No vabbè c'hanno pure questo/carcola che me l'ero scordato a questo/hai capito come se fanno i cambi/o vedi che vordì la panchina lunga/e grandi squadre fanno così/noi non ce l’avemo manco tra i titolari quelli che fanno panca da loro/etc etc”. Ecco, mo pe nattimo se cullamo ner pensiero der tifoso viola che sta a perde e se vede imboccà sti tre e rosica e se spaventa e pensa che tutto è finito. E’ mber pensiero. Ma non c’è tempo per cullarsi, che qua a forza de cullasse e de magnasse i frutti del carcio spettacolo, come ar solito, se stamo a cacà sotto e Zio Perotta ha già sparato a Piazzale Clodio la prima palla che jè passata per i piedi. E allora annamio a chiude.

Ma dopo na partita così non puoi chiude a caso. Devi chiude de prepotenza e de bellezza, de precisione e de velocità, de singolo e de coro, de singoli tarmente forti che se fanno coro e orchestra e ala fine non riconosci più le singole voci e i singoli suoni degli strumenti: senti solo la musica. Dopo na partita così, devi chiude co la musica.

Capitan Tornato recupera palla nela metà nostra, aspetta quer tanto che basta all’ensemble pe la coretta disposizione, e quando è il momento dà il La. Er primo a accordasse è Bosnia Capoccia, che, barcanico er giusto, co un tocco dissonante ala Bregovic supera navversario e appoggia pe Osvardo, co la raccomandazione de non fa Bordello e annà dritti a fa goGol. Er Cipolla vira deciso sule tonalità a lui più care, imbraccia la chitara, infila er jack, mette in fila mpar de Overdrive e un Wah, gira la rotella der volume dell’ampli a 10 e lascia mber fischio da feedback ala Hendrix nele mani de Zio Perotta. Quello è omo de mondo, e o sa che der feedback nse butta via gnente, e quando tutti s’aspettano naccenno de Calabrisella, Zio se fa Uncle e spiazza tutti ricordando “Ao io so nato Ininghi Rtera, famolo cantà a sto Wembley! Pensace te Capità” e lascia tutto nele mano der direttore d’orchestra. Pe dirige bene non servono gesti eclatanti, spesso basta na minuzia, ngesto che pare ninezia, ma che invece è nuniverso dastuzia. Er Direttore congela er tempo e la difesa viola in una pausa brevissima ed eterna, ma Osvardo sta già in modalità Jimi, ha già bruciato lo spartito sur palco de Woodstock, e pe lui er tempo nse ferma, lui core e core e guarda er Direttore, e lo sa che je basterà arivà preciso sula prossima battuta pe infilà l’assolo che ce deve fa sbroccà definitivamente a tutti. Er Direttore aspetta, aspetta, aspetta, e quando è il momento, quando tutto è pronto e compiuto e definitivo, co ntocco de bacchetta deflora er diverso da sé e lascia tutto nele mani der Chitara che ariva, se strappa er plettro dala catenina che porta ar collo, pizzica la prima corda, e fa partì er suono più rock e più dorce alo stesso tempo: quello de noi che strillamo.

E’ finita. Amo vinto. E se semo pure divertiti na cifra. 

Bello così. Arifamolo.

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