Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 27 febbraio 2013

La soluzione va cercata altrove: nelle lotte


dichiarazione del Comitato Centrale del Pdac
 

Le elezioni - che molti analizzano come se fossero lo specchio politico del Paese - danno sempre solo un'immagine deformata dei rapporti tra le classi. Tenendo conto di questo si possono fare alcune primissime valutazioni, riservandoci di tornare in modo più approfondito nei prossimi giorni sul tema.
 
I dati da evidenziare sono questi:
 
1) nessuno dei tre principali schieramenti borghesi (centrosinistra, centrodestra, centro) ottiene risultati che gli garantiscano di governare. Il che significa un ulteriore aggravarsi della crisi di gestione della politica borghese (le borse sono crollate all'apertura delle urne), chiaramente colpita da un vastro discredito di massa per le misure anti-popolari e l'impressionante dilagare della corruzione del suo sistema politico;
 
2) la crisi del capitalismo e il discredito delle politiche borghesi si traduce sia nell'astensione (che tocca nuovi record: un quarto degli aventi diritto) che nel risultato impressionante della lista del comico reazionario Grillo. Quest'ultimo, sotto il mantello di un programma che include anche punti apparentemente radicali e apparentemente anti-sistema, capitalizza il maggior risultato - nell'assenza di una mobilitazione complessiva della classe operaia. A Grillo vanno voti di ampi settori proletari ma anche di una piccola-borghesia sospinta dalla crisi alla ricerca di soluzioni "anti-sistema" (significativo in particolare il travaso di voti della piccola-borghesia del Nord Est dalla Lega Nord al Movimento Cinque Stelle);
 
3) il successo della lista Grillo, al di là delle illusioni che in essa ripongono anche ampi settori di lavoratori, non costituisce in alcun modo un risultato politico anti-padronale. Al contrario, assorbe il malcontento verso le politiche del capitalismo traducendolo in un programma che non mette in discussione in alcun modo la grande borghesia e il suo dominio. Il programma di Grillo, che contempla anche punti "di sinistra", vede il suo segno prevalente in una generica protesta contro "la politica" e "i partiti", prospettando in realtà soluzioni reazionarie e potenzialmente pericolose, tra cui spicca l'attacco (per ora indiretto) alle stesse organizzazioni del movimento operaio, politiche e sindacali (proclami per lo "scioglimento" dei partiti e per il "superamento" dei sindacati, ecc.);
 
4) a sinistra, la lista di Ingroia (Rifondazione, Idv, ecc.), che si candidava dichiaratamente a un accordo post-elettorale col Pd e Sel (che a sua volta crolla al 3%), per garantire una collaborazione di classe col governo dei banchieri e degli industriali  , subisce una clamorosa sconfitta, rimanendo molto lontana dalla soglia di sbarramento e restando dunque fuori dal parlamento borghese. E' facilmente prevedibile che ciò provocherà non solo la dissoluzione di quell'impasto demagogico di riformismo e giustizialismo che è stata la lista Ingroia ma anche la conseguente ulteriore crisi dei partiti riformisti (Rifondazione in testa) che potrebbero andare incontro a una esplosione dei rispettivi gruppi dirigenti, che tutto puntavano su queste elezioni per rientrare nei giochi di palazzo borghesi;
 
5) il Pcl di Ferrando, un partito centrista, caratterizzato da un profilo apparentemente rivoluzionario a travestimento di un progetto semi-riformista, partito immagine espressione di un guru che funge da surrogato del partito di militanti inserito nelle lotte, riceve un risultato elettorale infimo. Infimo, intendiamoci, non tanto per il dato numerico in sé (che dovrebbe importare poco a un partito rivoluzionario) ma in relazione all'ampia aspettativa che il gruppo dirigente del Pcl aveva riposto nelle elezioni ("l'unico partito a sinistra di Rifondazione", il "partito dell'1%", ecc.). Nonostante (come si è vantato per un mese) il Pcl abbia potuto presentarsi in quasi tutte le circoscrizioni (non certo in virtù della capacità di raccogliere le firme ovunque, visto che ha presentato liste e firme anche in regioni dove non ha nemmeno un nucleo di attivisti che potessero raccoglierle...) il Pcl si attesta sullo 0,26 perdendo quasi il 60% dei voti che aveva preso nel 2008.
E' l'ulteriore conferma che non di un partito leggero, elettoralista e d'immagine c'è bisogno.
 
6) Alternativa Comunista, che non disponeva di "aiuti" per presentarsi nelle diverse circoscrizioni, e che quindi ha potuto presentarsi solo parzialmente e simbolicamente, che non ha mai menato la grancassa sulle elezioni, considerandole un terreno secondario della lotta e della propria costruzione, riceve un risultato numerico identico a quello del Pcl nonostante il nostro candidato Adriano Lotito (uno studente ventenne) non abbia potuto godere di nemmeno un secondo di visibilità in tv e sia stato oscurato dalla gran parte della stampa borghese e da quella cosiddetta di sinistra (il giornale il manifesto, ecc.).
Nell'unica circoscrizione, la Puglia, dove è possibile un raffronto con l'altra lista che esibiva la falce e martello, cioè col Pcl, essendo l'unica regione dove eravamo presenti contemporaneamente entrambi, entrambi prendiamo lo 0,2- 0,3% che certo noi non celebriamo come storica avanzata: non solo perché sono numeri minimi ma soprattutto perché per noi, a differenza che per altri, le avanzate reali non sono quelle che si fanno nelle urne ma nelle piazze e nella costruzione reale del partito delle lotte e della rivoluzione.
Per parte nostra peraltro partecipavamo alle elezioni (come abbiamo dichiarato da subito) non riponendo in esse nessuna illusione e usandole solo - nella misura del possibile - come piccola tribuna per amplificare il nostro programma e la nostra prospettiva, che è quella di unificare e far crescere le lotte operaie e studentesche in direzione di una alternativa rivoluzionaria. In questo senso la campagna elettorale che abbiamo sviluppato, non nei salotti televisivi ma (di fatto unici a sinistra) nelle piazze e davanti alle fabbriche, è stata utile e positiva perché ci ha consentito di far conoscere il nostro partito e il suo programma rivoluzionario a un numero crescente di lavoratori e giovani, guadagnando alcune nuove e significative adesioni militanti proprio in queste settimane.
 
7) Come avevamo scritto nelle settimane scorse, non è nelle elezioni borghesi che si troveranno le risposte ai problemi dei lavoratori e dei giovani proletari. Le risposte potranno venire solo dall'unificazione e dallo sviluppo delle lotte che aprano la strada a nuovi rapporti di forza tra le classi, da costruire nelle piazze. E' solo nelle piazze e nelle fabbriche che si potrà costruire la premessa di un'ascesa della lotta di classe simile a quella che già si sta sviluppando in altre parti d'Europa, soprattutto di fronte all'ulteriore incancrenirsi della crisi politica del sistema, con l'impossibilità per qualsiasi coalizione borghese di gestire gli effetti della crisi economica capitalistica. E' solo con le lotte che i lavoratori e i giovani potranno rimettere in discussione alla radice il capitalismo putrido e il sistema politico corrotto che ne è naturale ed inevitabile espressione. E' solo proseguendo nella lunga e difficile costruzione di un partito comunista, di militanti, radicato nei luoghi di lavoro e di studio, basato su un programma rivoluzionario, partecipe della costruzione in Europa e nel mondo di un'Internazionale rivoluzionaria, la Quarta Internazionale, che i lavoratori potranno vincere realmente.

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