La prospettiva di un governo PD/Monti, che avrebbe proseguito le politiche liberiste ispirate dall'asse BCE-UE, strettamente subalterne alle linee d'indirizzo dettate da FMI e USA, con il corollario di tagli allo stato sociale, privatizzazioni, svendita del patrimonio pubblico e attacco ai diritti dei lavoratori, ha subito un duro colpo d'arresto: è stata rigettata, sconfitta. Il consistente voto contrario alle politiche economiche restrittive dell'Unione Europea renderà più difficoltosa l'attuazione delle direttive esterne. Certo, da sole le elezioni non bastano per un radicale cambiamento di rotta, però queste hanno aperto spazi e potenzialità significative. La parziale rimonta di Berlusconi non inficia questa lettura, sia perché la perdita numerica di voti del suo partito rispetto al 2008 rimane rilevante, sia perché –molto furbescamente e sfruttando tutte le sue doti di comunicatore e di pubblicitario– ha impostato la campagna elettorale sul rifiuto delle politiche euriste del Governo Monti, nonostante questo fosse nato e avesse operato grazie all’appoggio decisivo del PDL.
A questo si accompagna il duro colpo –non ancora fattivamente mortale– subìto dal sistema bipolare. Pur duramente colpito, non appare distrutto questo sistema caratterizzato da un antagonismo formale, che vede l’avvicendamento al "potere" di due coalizioni niente affatto alternative sul piano politico ed economico. Queste sono infatti espressione in ultima istanza degli interessi delle diverse frazioni di classi sub/dominanti, intrecciati a quelli dei gruppi imprenditorial-finanziari che perseguono i propri "particulari" obiettivi in scia dell'euroatlantismo, tutti concordi sugli snodi e le direttrici di fondo prescritti dalla catena di comando che da Bruxelles arriva a Washington.
Il materializzarsi di uno scenario di fase ai nostri occhi maggiormente auspicabile, quello dell'instabilità e della non fluidità delle politiche coloniali euroatlantiche in questo Paese, apre una finestra 'a tempo' in termini di opportunità per il diffondersi ed il radicarsi della consapevolezza sulla centralità della conquista della sovranità e dello sganciamento dalla dipendenza. Senza sovranità e liberazione dal sistema coloniale dei vincoli esterni e delle sub/dominanze interne non ci può essere alcun progetto di società e di rapporti economici alternativo a quello attuale.
– Come nel 2008 anche nel 2013 la sinistra rimane fuori dal Parlamento, contraendo ulteriormente il numero dei voti ottenuti. Cogliamo la valenza simbolica del dato: gli effetti devastanti della durissima crisi sociale ed economica avrebbero dovuto favorire l’affermazione di una proposta politica radicale, consentendo un pieno di voti. La sinistra, invece, nelle sue diverse articolazioni e posizionamenti, continua a essere considerata un interlocutore sempre meno credibile. Se non si prendono voti numericamente significativi nella criticità di questo tipo di scenario, quando si pensa di prenderli? La tesi giustificativa, emersa nello specifico da Rivoluzione Civile, dell'essere rimasti schiacciati "tra le spinte al voto utile e quelle al voto di protesta" appare elusiva, intrinsecamente inquietante, espressiva di una forma patologicamente grave di disconnessione con la realtà politico-sociale nazionale e di incomprensione del contesto internazionale. L'aver ammesso "incapacità di interpretare ed intercettare il forte disagio sociale e il largo dissenso verso le politiche di austerità" è tanto più grave perché si tratta di una recidiva che replica, peraltro al ribasso, il 2008. Le cause vanno ricercate nella non credibilità dei contenuti e delle modalità di percorso: innanzitutto l'ambiguità nei confronti del PD (con Rivoluzione Civile schierata contro Monti ma alla continua ricerca di un accordo proprio con il suo più allineato sostenitore, il partito di Bersani) ha consolidato la sfiducia accumulata in anni di inciuci con la sinistra liberista di DS/Margherita/PD indicando di fatto, come direttrici di voto, o il voto "utile" direttamente al PD o il voto di protesta al M5S. In secondo luogo, ma strettamente connesso al punto precedente, la timidezza su contenuti decisivi (riguardo l’Unione Europea ed i suoi Trattati) è stata tale da far svaporare e rendere assolutamente inconsistenti le proposte di Rivoluzione Civile, stante l'incompatibilità di quelle rivendicazioni nel quadro europeo. Infine, la veicolata centralità di un immaginario legalitario, esso stesso sconnesso dai processi invasivi economico-finanziari-giuridici dell'Unione Europea, e scaturente dalla scelta di una figura, come Ingroia, dalla statura politica molto, molto modesta, nonché piatta in termini comunicativi, ha reso etereo e fumoso il senso del messaggio politico di Rivoluzione Civile. Particolarmente i primi due punti, nella loro reiterazione nel tempo, appaiono epitaffio di uno svuotamento politico che sancisce per il futuro, stante così le cose, la prospettiva di una irrilevanza di senso per sinistre di tal fatta che si spegneranno da sé. Né ci pare una valida alternativa il rilancio/ripiego in un identitarismo ideologico, simbolico e slogandistico, che ha già mostrato di essere illusorio, produttivo di nulla.
Per gli aderenti alle diverse soggettività politiche dei partiti di sinistra si pone oggettivamente la scelta di un bivio: reiterare fideisticamente fumosi copioni già visti oppure, nella consapevolezza di una linea politica palesemente e totalmente fallimentare, scegliere di intraprendere una strada diversa. In tal senso auspichiamo che prendano forza le istanze di quei compagni (con alcuni dei quali collaboriamo o abbiamo collaborato) che si sono nel corso degli anni dimostrati conseguenti sul piano dell’anticapitalismo e dell’antimperialismo, e che hanno assunto, come riorientamento strategico politico e di percorso, la rivendicazione della sovranità come asse centrale e principale di fase, nella complementarietà delle rivendicazioni strategiche della giustizia e della liberazione sociale quali assi fondamentali di un progetto di società alternativo all'esistente.
– La grande vittoria del Movimento 5 Stelle è stata costruita sul consenso su alcuni fattori, primo fra tutti l’insofferenza diffusa nei confronti della classe politica, dei suoi privilegi, delle sue rendite di posizione. A ciò si deve aggiungere la possibilità per persone scarsamente formate politicamente di essere coinvolte, di partecipare e di comunicare, prescindendo dalle burocrazie partitiche e dai canali informativi della TV e della grande stampa. Infine il successo di alcune proposte forti (accanto a quelle che si propongono di abolire i privilegi della “casta”), alcune enunciate nel programma, altre espresse da Grillo durante i comizi, come ad esempio acqua pubblica, sanità pubblica, istruzione pubblica, rigetto delle grandi devastanti opere, reddito di cittadinanza, rimessa in discussione di tutti i Trattati europei, rimessa in discussione della PAC (Politica Agricola Europea) proposte radicalmente incompatibili con gli obblighi derivanti dai vincoli europei. Non mancano le ombre circa la vaghezza, a volte anche la contraddittorietà di certi contenuti, o la non considerazione di altri, ma rimane il fatto che proprio tale indeterminatezza può lasciare aperta la porta alla possibilità del radicamento di istanze sovraniste e socialmente progressiste all’interno del M5S.
Per "Indipendenza", che dalla sua nascita ha posto come decisivi gli snodi della sovranità, dell'indipendenza, della liberazione, porsi in termini dialogici, di confronto, di analisi, di proposta anche con quest'area, è un dovere politico oltre che una logica conseguenza.
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