Come
sono andate le elezioni? Come dovevano andare. Un popolo in cui una larga parte
di persone crede che qualcuno, dopo averli rapinati per andare a troie, possa restituirgli
i soldi dell’Imu, un popolo formato da un numero così cospicuo di soggetti che crede
che Ruby sia veramente la nipote di
Mubarak, non ha difficoltà a rimanere avvinghiato
a Berlusconi. L’ondivago e morbido atteggiamento riformista nel combattere la
menzogna della dittatura capitalista, la
scomparsa di partiti che traevano linfa culturale dalle
lotte operaie e studentesche, oltre che
dalla primavera no global, -formazioni dissoltesi nel liquame del continuo rinnegare
o giustificare un passato giudicato fuori dalla modernità che, ieri li ha posti fuori dal Parlamento, e oggi ne
determina la morte sicura - ha
indotto l’altro popolo, quello un po’ meno ignorante, a scegliere Il Movimento 5 Stelle. Preso atto
che la lotta di classe non è praticabile perché è sparita la classe, entità decimata
dalle continue rese e concessioni al capitalismo finanziario , imposte da un fantomatico senso di responsabilità governista
da sempre faro del riformismo italiano e dei sindacati a lui
collaterali, il ragionamento che può suggerire il risultato elettorale cammina
su due binari. Il primo quello più immediato porta a prendere atto con
consolatoria e moderata soddisfazione che una forza come il Movimento 5 Stelle
ha i numeri e le potenzialità per far saltare il banco. Avere gente in
Parlamento pronta a smascherare inciuci e inciucetti, come dice Grillo, orditi
nelle varie commissioni parlamentari, non può che essere positivo. Ma ai grillini
si deve chiedere di più. Si deve pretendere che osino, forti del loro consenso elettorale. Osare
significa, proporre da subito una moratoria sul pagamento degli interessi sul
debito, un analisi della genesi del debito stesso che conduca a non liquidare quanto accumulato dagli speculatori e i maneggioni della finanza,
cambiare la legge elettorale e applicare da subito l’articolo 10 del dpr
361/1957, dichiarando Silvio Berlusconi “INELETTO”. L’articolo appena citato è parte della legge
sul conflitto di interessi approvata nel lontano 1957 e recita : «Non sono
eleggibili […] coloro che in proprio o in qualità di
rappresentanti legali di società o di imprese private risultino
vincolati con lo Stato per contratti di opere o di
somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole
entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici,
l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse,
alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta». Silvio Berlusconi traendo profitti da
società che usufruiscono di concessioni amministrative di notevole entità
economica, non poteva essere eletto. Dunque è ora che la norma venga applicata
e si ristabilisca la legalità del Parlamento estromettendone chi non ha il
diritto di starci. Avranno i grillini il coraggio di imporre questi tre
semplici atti programmatici? E veniamo
alla seconda parte del ragionamento che focalizza l’attenzione sul crollo e la
scomparsa delle forze anticapitaliste dal panorama politico . Queste ultime
elezioni dimostrano che non esiste oggi una forza capace di aggregare consenso
attorno ad un programma anticapitalista serio . Il percorso è tutto da
costruire e si basa sulla riconquista del blocco sociale di riferimento. Un
operazione culturale lunga che
può iniziare solo tornando nei quartieri, nelle fabbriche, nelle scuole a
parlare con la gente ad ascoltare a prendere atto dei problemi veri. Un
processo al di fuori di qualsiasi dinamica elettoralistica che deve coinvolgere movimenti collettivi
attivi nel proporre e accettare soluzioni. Ricominciare d’accapo dunque
liberandosi di quei pesi morti che oggi sono gli apparati vuoti di partiti come Rifondazione, i Comunisti
italiani, i Verdi, l’Italia dei Valori .
E’ ora che questi burocrati del 0,1% non solo a livello nazionale ma anche a
livello locale, provinciale e di circoli cittadini, si tolgano di mezzo. La
smettano di predicare bene, cavalcando ogni movimento che cerca di mobilitare
pezzi di società contro la dittatura del capitalismo, e razzolare male cercando alleanze che hanno il solo
utopico scopo di elemosinare uno strapuntino in un consiglio provinciale o
comunale o di quartiere svendendo gli interessi collettivi alle proprie mire di
bottega. Non dispero che questo processo possa iniziare, ma bisogna crederci.
"Lo so mica, se c’è mai stato un partigiano che si sia scelto come nome di battaglia Ombra.
Sarebbe stato meravijoso, secondo me, come nome, Ombra: viene dal sanscrito abhra, nube gravida d’acqua, anche la controparte anglofona, shadow, che ha la stessa radice di shade, sfumatura, se ti metti a scarafujiare poi lo scopri che viene dal norreno sceadu, che significa oscurità, tenebra, ma anche riparo. Quando il cielo si fa gravido d’ombre, ottenebrato, minaccia pioggia – le nuvole che annunciano la tempesta son sempre nere, e strafottenti – la miglior cosa da fare è cercarsi un riparo, e in quel riparo organizzarsi, farsi comunione, affilare l’acume e le bajonette, resistere. Per reagire.
Perché il momento più bello, quando tutt’attorno è tenebra, lo sai, è quello in cui poi alla fine si diradano, le tenebre."
Sarebbe stato meravijoso, secondo me, come nome, Ombra: viene dal sanscrito abhra, nube gravida d’acqua, anche la controparte anglofona, shadow, che ha la stessa radice di shade, sfumatura, se ti metti a scarafujiare poi lo scopri che viene dal norreno sceadu, che significa oscurità, tenebra, ma anche riparo. Quando il cielo si fa gravido d’ombre, ottenebrato, minaccia pioggia – le nuvole che annunciano la tempesta son sempre nere, e strafottenti – la miglior cosa da fare è cercarsi un riparo, e in quel riparo organizzarsi, farsi comunione, affilare l’acume e le bajonette, resistere. Per reagire.
Perché il momento più bello, quando tutt’attorno è tenebra, lo sai, è quello in cui poi alla fine si diradano, le tenebre."
Fabrizio Gabrielli
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