Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 14 marzo 2013

Cosa è davvero la "rivoluzione" a cinque stelle


di Adriano Lotito
Se si dovesse decretare un vincitore in questa ultima tornata elettorale, indubbiamente sarebbe il Movimento cinque stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Una campagna elettorale che ha riempito le piazze (lo "Tsunami tour" in giro per l’Italia), una presenza televisiva indiretta ma costante, soprattutto un risultato elettorale al di sopra di ogni previsione e sondaggio. Alla Camera raggiunge il 25,55% dei voti in Italia e il 9,67% all'Estero, per un totale di 8.784.499 voti, risultando la seconda lista più votata dopo il Pd, e ottiene 108 deputati. Al Senato ottiene invece il 23,79% in Italia e il 10% all'Estero, per un totale di 7.375.412 voti, secondo solo al Pd e conseguendo 54 seggi. I Cinque stelle risultano essere il primo partito in Marche, Liguria, Sicilia e Sardegna.
Per cercare di comprendere questo fenomeno dobbiamo innanzitutto evitare di cadere nella trappola della stampa progressista (leggi Pd) che attacca il “grillismo”, etichettandolo in modo riduttivo come "populismo" e dandone una descrizione alquanto superficiale e incompleta, animata dal puro e semplice risentimento per la sconfitta del centrosinistra. Nell’analisi che svolgeremo vogliamo caratterizzare il grillismo concentrandoci su tre fronti principali: la struttura del movimento, il programma e infine il blocco sociale di riferimento (se esiste e in che termini). Solo partendo da queste basi pensiamo sia possibile tentare di delineare una funzione sociale del fenomeno, ovvero il perché, il senso, del fenomeno Grillo, e sviluppare anche qualche previsione a breve termine. In aggiunta, pensiamo sia utile tracciare alcuni parallelismi rispetto a fenomeni simili che si sono ripresentati nel corso della storia, non per cadere nelle futili analogie tanto di moda tra gli opinionisti da salotto, ma per trarne delle lezioni strategiche utili ad affrontare il prossimo periodo.

Il movimento-azienda e l’assenza di democrazia
Innanzitutto sfatiamo un mito: il Movimento non nasce dal basso, dalla "libera associazione dei cittadini sulla Rete", ma da una pianificazione aziendale condotta da uno che di marketing se ne intende. Parliamo ovviamente di Gianroberto Casaleggio, fino a poco tempo fa capo occulto del Movimento, venuto alla ribalta dopo le dichiarazioni fuori onda di Giuseppe Favia (1). Favia si lamentava della gestione verticistica messa in atto da Casaleggio, “una mente freddissima”, il vero pianificatore di tutte le strategie del Movimento, dal blog di Grillo (di cui è fondatore) al Meetup, dall’organizzazione del primo V-day all’adesione data al referendum del 2011.
Per Favia è impensabile che Grillo possa aver pianificato tutto questo, perché Grillo è un “istintivo”. Ma chi è Casaleggio? Uno dei massimi esperti di comunicazione e marketing via Internet in Italia, ex-amministratore delegato di Webegg Spa, un’azienda di consulenza in mano a Tronchetti Provera e Pirelli. Successivamente, nel 2004, Casaleggio fonda la sua Casaleggio Associati: Strategie di Rete. E lavora per clienti come JPMorgan, PepsiCo, Marriot, American Financial Group, Bnp Paribas, Ibm, Best Western (come si legge sulla brochure del sito). Teniamolo a mente quando ascoltiamo le invettive di Grillo contro le multinazionali.
Politicamente Casaleggio è un ex simpatizzante della Lega e di Bossi; nel 2005 incontra Beppe Grillo e insieme decidono di fondare il blog che nel giro di poco tempo diviene uno dei siti internet più visti in tutto il mondo (2). Dietro al successo del Movimento dunque c’è una pianificazione a tavolino, condotta con intelligenza aziendale e spiccato acume per gli affari, un campo in cui Casaleggio è esperto. In quanto proprietario del logo, inoltre, Casaleggio si comporta come padre padrone del Movimento (ce lo ricorda ancora Favia), ha i suoi informatori, bisogna stare attenti a quel che si dice, altrimenti si rischia l’isolamento e l’espulsione (a partire dal caso Tavolazzi con cui, secondo Favia, si è voluta bloccare una protesta iniziata sul web contro la gestione Casaleggio da parte degli attivisti).
Molto interessante risulta essere a riguardo, l’inchiesta condotta da Antonio Amorosi, di Affaritaliani.it, sull’intreccio tra il modello aziendale di Casaleggio e il Movimento cinque stelle (3). Ci sono non poche corrispondenze, infatti, tra i dieci comandamenti aziendali della Webegg Spa (la società comandata da Casaleggio a partire dal 2000) e le regole del Movimento: assenza di competitività interna, che ricorda la regola “uno vale uno”; teamwork, un sistema di lavoro per gruppi funzionali che ricorda il Meetup, dove gli attivisti si aggregano per singoli temi; oppure la “responsabilità sul risultato” che evoca le semestrali dei grillini dove i cittadini confermano o meno la fiducia ai consiglieri eletti. O ancora la “produzione continua di business” o l’importanza del “divertimento” (magari nelle vesti di un comico genovese!).
Secondo Mauro Cioni, project manager della Webegg, gli stessi che lavoravano per Webegg, per Casaleggio, adesso lavorano per la Casaleggio Associati, dietro il Movimento grillino. Anche la prima aggregazione di cittadini intorno a Grillo, il Meetup di Milano, nasce da un dipendente della Casaleggio Associati, ex-Webegg, Maurizio Benzi, nel giugno 2005; un mese dopo Grillo propone Meetup come piattaforma di aggregazione agli attivisti del Movimento. Sembra proprio dunque che il Movimento cinque stelle sia la riproduzione del modello di business messo in piedi da Casaleggio, ispiratosi a sua volta al modello delle web-company americane.
In questo senso, il fenomeno Grillo, può essere inteso come un’ulteriore tappa del processo di aziendalizzazione della politica (non solo nella sostanza ma anche nella forma). Se negli anni Novanta Berlusconi porta il modello televisivo in politica, oggi Casaleggio ha introdotto la Rete, divinizzandola alla stregua di un feticcio, come veicolo principale di consenso (4). Il grillismo, come il berlusconismo, nasce prima come azienda, poi diventa partito (anche se si continua a negarlo). Con una importante e pericolosa differenza: il grillismo infatti si presenta come un fenomeno di protesta e di opposizione ai poteri forti, e dunque rappresenta un’aziendalizzazione del dissenso, un modo per convertire la giusta indignazione di larghe fasce della società in una subdola operazione di marketing.

Ideologia, programma e gruppi sociali di riferimento 
Dalla forma aziendale impressa al Movimento discende una visione della politica estremamente “tecnica”: il problema posto non è l’ordine sociale nella sua struttura fondamentalmente diseguale, bensì il come viene gestito questo ordine ritenuto immutabile.
La svolta della politica si esaurisce a una rimodulazione della pratiche di gestione dell’esistente, non in un suo sovvertimento. Sostituire i vecchi politici corrotti (la "Casta"), con volti nuovi, con “cittadini” puliti e onesti. Questa concezione, la riduzione del fare politica a un tecnicismo gestionale (che peraltro caratterizza anche il montismo e le formazioni che lo hanno sostenuto), si comprende dalle stesse dichiarazioni dei grillini eletti. Giuseppe Favia, quando fu eletto in Emilia Romagna, dichiarò di voler essere il Co.co.pro. dei cittadini (i politici come “dipendenti a progetto” della società).
Tecnicismo e cittadinismo sono i corollari di un programma interclassista, che mescola in un polverone indifferenziato varie istanze anche contrapposte. Se ci addentriamo nei venti punti proposti da Grillo nella campagna elettorale (5) troviamo rivendicazioni che si indirizzano prevalentemente verso quel ceto medio impoverito dalla crisi e che non regge la concorrenza dei grandi colossi dell’industria e del commercio: si va dalla richiesta di “misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa” alla rivendicazione di una “semplificazione dello Stato” (non si capisce se questo significa procedere nelle liberalizzazioni berlusco-bersaniane), dallo stop ai pignoramenti delle case all’abolizione di Equitalia (che per quanto possa attrarre significative masse indebitate, potrebbe risultare un netto peggioramento nel caso si voglia procedere alla privatizzazione dell’esazione fiscale).
Un punto fondamentale è l’attacco contro l’Unione europea e l’euro, declinato in senso nazionalista: tornare alla lira e svalutarla così da salvaguardare gli interessi del capitalismo nazionale e scapito della concorrenza straniera che soffoca la piccola impresa. Sulla scuola pubblica, Grillo rivendica il riassorbimento dei tagli ma non propone nessun modello alternativo: anzi, ha rivendicato l’abolizione del valore legale del titolo di studio (storica battaglia berlusconiana) che significherebbe un inasprimento della competizione tra poli universitari e la separazione classista tra università di serie A e università di serie B (6). In tema di lavoro, il carattere reazionario del movimento si esprime con più nettezza: Grillo ha portato avanti un attacco deciso contro "i partiti" in generale (quindi anche contro i partiti del movimento operaio) e ha dichiarato di voler abolire i sindacati.
Il modello economico che sembra voler prediligere è la cosiddetta economia sociale di mercato che caratterizza l’assetto tedesco: un modello di cogestione che non va minimamente a intaccare la proprietà privata delle aziende ma che anzi fa in modo di accentuare l’integrazione della classe lavoratrice nelle dinamiche aziendali bypassando le organizzazioni sindacali.
Un’altra questione cruciale posta è il “reddito di cittadinanza”: non si capisce però in cosa esso consista, se sia un reddito minimo, un sussidio, quali i destinatari. L’unica cosa certa è come sarà finanziato: Grillo ha affermato che i soldi si ricaveranno dal taglio delle pensioni e di (tutti) gli stipendi pubblici (!). 
Altra cosa: sulla riforma Monti-Fornero che smantella i diritti dei lavoratori, nel programma di Grillo non si dice nulla. A chiarire la posizione ci pensa la neoeletta capogruppo del Movimento alla Camera, Roberta Lombardi, quando ha definito l’articolo 18 un’aberrazione: “Pensare di poter reintegrare un lavoratore nel posto di lavoro da cui è stato licenziato senza giusta causa o giustificato motivo è secondo me un’aberrazione e crea uno stato di tensione maggiore tra datore di lavoro e lavoratore stesso” (7). La stessa Lombardi peraltro aveva intessuto qualche giorno prima un elogio del "fascismo buono” che a suo dire “prima che degenerasse aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello stato e la tutela della famiglia”. Se a questo ci aggiungiamo l’apertura di Grillo a Casa Pound durante la campagna elettorale (con la giustificazione che “l’antifascismo non mi compete”) possiamo comprendere come questo supposto superamento della dicotomia destra-sinistra finisce al contrario per assumere una piega profondamente reazionaria. Questo spiega anche l’avvicinamento al Movimento di settori dell’imprenditoria del Nord-est tradizionalmente vicini alla Lega Nord: secondo l’analisi condotta sui flussi elettorali, un terzo dei voti persi dalla Lega si sarebbe indirizzato proprio verso Grillo. Grillo stesso ha strizzato più volte l’occhio all’elettorato leghista (vedasi come esempio la presa di posizione contro la cittadinanza ai figli degli immigrati). Secondo le analisi dell’Istituto Cattaneo, i grillini avrebbero attinto il 13% dei voti a Bologna dalla destra radicale, il 10% a Torino.

Qualche appunto storico e alcune previsioni di sviluppo  
Con questo non vogliamo etichettare il Movimento cinque stelle come "fascista" o "fascistoide", ma evidenziare una certa comunanza nei gruppi sociali rappresentati e conseguentemente nelle parole d’ordine avanzate.
Anche il fascismo nasce come fenomeno di protesta della piccola borghesia impoverita all’indomani della Grande guerra, si scaglia a parole contro banche e potere finanziario (la "plutocrazia"), contro la casta politica dell’allora Partito liberale, per poi scendere a compromesso con il grande capitale, cestinare le poche rivendicazioni “progressiste” presenti nel programma iniziale, e sposare in pieno gli interessi dei grandi potentati industriali (Agnelli e co.), divenendo un ariete contro i partiti e le strutture del movimento operaio. L’ascesa del nazismo in Germania non è dissimile: uno scenario di crisi e impoverimento generale, una radicalizzazione delle classi medie impoverite, un programma contro le banche e le potenze straniere, poi l’ascesa al potere e il compromesso con il grande capitale; l’ala "sinistra" del movimento sterminata (la Notte dei lunghi coltelli) e l’amministrazione ubbidiente degli affari dei Krupp e dei grandi capitalisti tedeschi.
La piccola borghesia nelle sue varie manifestazioni storiche ha sempre iniziato sostenendo un programma e finito sostenendone un altro (di grande utilità si rivelano le analisi condotte da Trotsky sul fascismo negli anni Trenta, che sarebbe utile riprendere in mano).
In realtà, riguardo al grillismo così come si dà oggi, paralleli storici al momento più appropriati possono essere il peronismo argentino, come grande movimento populista di massa, o il Poujadismo (8) nella Francia degli anni Cinquanta, da cui successivamente emerse il Fronte Nazionale di Le Pen.
Ma tutte queste analogie devono essere sempre prese con le pinze: lo sviluppo del Movimento cinque stelle è in progress, la sua tenuta e l’evolversi del programma dipenderanno molto dall’avventura parlamentare: rapporto tra eletti e Grillo-Casaleggio, atteggiamenti nei confronti delle altre forze politiche, dichiarazioni ecc.
Sicuramente la scelta come capogruppo dei grillini della già citata Lombardi, apertamente schierata (a destra), non è un caso: può rappresentare il primo passo verso una svolta apertamente reazionaria che si sbarazzi delle pur minime rivendicazioni progressiste avanzate in precedenza. Il problema che rende difficile sviluppare previsioni sta nel fatto che il blocco sociale rappresentato dal Movimento è ancora in formazione, non è ancora chiaramente caratterizzabile e non si è ancora consolidato. Inoltre, anche dal punto di vista propriamente politico bisognerà vedere come si risolveranno alcune questioni organizzative: il movimento si costituirà come partito? riuscirà a consolidarsi sul territorio reale oltre che su quello virtuale?
Molti si chiedono se ci saranno subito nuove elezioni; in realtà sarebbe più vantaggioso per Grillo conservare l’attuale assetto e prendere tempo per risolvere le suddette questioni. Infatti il consenso per il Movimento è in continuo aumento (dalle elezioni a oggi è già cresciuto di altri tre punti percentuale) e se si andrà subito a votare, Grillo rischia davvero di arrivare primo, senza però essere capace di gestire la situazione, e rischiando di provocare l’implosione del Movimento stesso.
Oltre a questo, ci sono da considerare i fattori oggettivi: l’andamento della crisi e lo sviluppo o meno di un forte conflitto sociale anche nel nostro Paese. Quest’ultimo fattore è fondamentale per comprendere il successo di Grillo e l’ostacolo che esso rappresenta per le lotte della classe lavoratrice che pure, in vasti settori, lo ha sostenuto alle elezioni.

Il grillismo come calmiere del conflitto sociale e il problema della direzione
In questi giorni si parla tanto sul web e su alcuni giornali della decisa presa di posizione del collettivo letterario dei Wu Ming (9) contro il grillismo.
Sulla rivista Internazionale, i Wu Ming scrivono: “L’M5s amministra la mancanza di movimenti radicali in Italia. C’è uno spazio vuoto che l’M5S occupa… per mantenerlo vuoto. Nonostante le apparenze e le retoriche rivoluzionarie, crediamo che negli ultimi anni il Movimento 5 stelle sia stato un efficiente difensore dell’esistente. Una forza che ha fatto da 'tappo' e stabilizzato il sistema” (10). Sul loro blog, Giap, i Wu Ming sostengono che il grillismo rappresenta la causa e la conseguenza della crisi di movimenti radicali in Italia. Il M5s nascerebbe dunque dalle macerie del movimento altermondialista in particolare, delle quali rivendicazioni Grillo si sarebbe impossessato all’inizio, per poi cestinarle e sostituirle con il più morbido discorso contro "la casta".
Anche il rapporto con gli altri movimenti è molto contraddittorio: il grillismo cerca di pilotare, con successo, il movimento contro la Tav (basti pensare che ha raccolto il 48% dei consensi in Val di Susa), mentre allo stesso tempo fa appello al giustizialismo etico e all’esaltazione della legalità. Grillo cerca di mettere il cappello a tutte le mobilitazioni nate in questi anni per deviarle e inquadrarle in un discorso interclassista che poco a poco sta assumendo tratti reazionari. Grillo è riuscito nel corso di questi anni ad appropriarsi anche delle istanze del movimento a difesa dell’acqua bene comune e a difesa dell’ambiente. Scrivono i Wu Ming: “La nascita del grillismo è una conseguenza della crisi dei movimenti altermondialisti di inizio decennio. Man mano che quel fiume si prosciugava, il grillismo iniziava a scorrere nel vecchio letto. Nei primi anni, i liquidi erano ancora 'misti', e questo ha impedito di vedere cosa si agitava nel miscuglio, oltre ad attenuare certe puzze. In seguito, la crescita tumultuosa del M5S è divenuta a sua volta una causa – o almeno una concausa importante – dell’assenza di movimenti radicali in Italia (…) Non c’è lotta 'civica' su cui il M5S non abbia messo il cappello, descrivendosi come suo unico protagonista. Temi, rivendicazioni e parole d’ordine sono stati cooptati e rideclinati in un discorso confusionista e classicamente 'né-né', cioè che si presenta come oltre la destra e oltre la sinistra” (11).
La posizione dei Wu Ming, che si potrebbe definire come una caratterizzazione del grillismo come calmiere della lotta di classe e parassita dei movimenti, è condivisibile ma incompleta. Infatti non si spiega il fallimento di tutti i movimenti citati e non si offre una prospettiva concreta aldilà dell’infantile slogan del “tifare rivolta” nel M5S. Quello che manca nell’analisi dei Wu Ming è la questione della direzione dei movimenti. Una questione occultata perché non conforme all’identità politica di questo collettivo letterario, affezionato all’autorganizzazione e al pregiudizio nei confronti di qualunque direzione. La realtà è che se Grillo ha potuto strumentalizzare i pochi movimenti sorti in Italia in questo periodo, in un quadro di mancanza di conflitti radicali, questo è accaduto proprio perché è mancata e manca tuttora una direzione politica realmente rivoluzionaria. Il movimento altermondialista in Italia è stato un nulla di fatto proprio perché alla sua guida c’erano da una parte Rifondazione comunista, che usava le mobilitazioni come trampolino elettorale, e dall’altra le Tute bianche, che giocavano con le forze dell’ordine ed erano dedite alla rappresentazione scenografica di un scontro mimato. Grillo si è nutrito anche del tradimento del riformismo e della mancanza di una sinistra di classe. Tematiche come la difesa dell’acqua pubblica, la lotta No Tav, la critica della casta, avrebbero dovuto convergere su una piattaforma rivoluzionaria e anticapitalista. Se questo non è avvenuto e si è lasciato il campo alla falsa rivoluzione a cinque stelle, ciò è in gran parte dovuto alla capitolazione di tutta la sinistra riformista, alla sua compromissione con la grande borghesia e con la sua "casta" politica.
Promuovere e unificare le vertenze del mondo del lavoro, collegarle alle istanze dei movimenti, sviluppare un programma di rottura rispetto alle logiche di mercato, ricostruire nelle lotte un partito comunista rivoluzionario, internazionale, un sindacato di classe e di massa: tutto questo è necessario per far saltare il “tappo” con cui Grillo e Casaleggio impediscono un reale sovvertimento del sistema capitalistico. Questo faremo a partire dalle mobilitazioni del prossimo periodo, cercando di guadagnare a questa prospettiva anche quei lavoratori e giovani attivisti che oggi sostengono il grillismo ma che sono in cerca di una prospettiva alternativa a questo sistema e ai suoi difensori (di ogni genere). Una prospettiva che certo non è quella di Grillo e Casaleggio e che potrà essere costruita solo dalle masse in lotta e dai rivoluzionari.

Note1)
http://www.youtube.com/watch?v=Oah6vq4QHPY
2) http://www.polisblog.it/post/19939/chi-e-gianroberto-casaleggio-movimento-5-stelle
3) http://www.youtube.com/watch?v=vf6gi4fohFQ
4) Per avere un’idea di dove arriva il feticismo della Rete, consigliamo la visione di un inquietante video di fantapolitica, prodotto da Casaleggio nel 2008, “Casaleggio e  il Nuovo ordine mondiale Gaia”, http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=JodFiwBlsYs
5) http://www.beppegrillo.it/2013/02/lettera_agli_italiani.html
6) http://www.ilcorsaro.info/nel-palazzo/il-fascino-irresistibile-della-vaghezza-grillo-e-l-istruzione-pubblica.html
7)
http://www.giornalettismo.com/wp-content/uploads/2013/03/roberta-lombardi-articolo-18.jpg
8) Movimento guidato da Pierre Poujad fondato nel 1953, che rappresentava gli interessi di commercianti e artigiani e denunciava l’inefficacia della politica parlamentare della Quarta repubblica. Si schierava anche contro il Trattato di Roma e la Comunità europea, per il sovranismo francese. Il movimento pretendeva di scavalcare la divisione tra destra e sinistra riprendendo il tema del Partito popolare francese di Jacques Doriot, un movimento apertamente filo nazista inventore dello slogan "né destra, né sinistra".
9) I Wu Ming sono un collettivo letterario di Bologna che è stato politicamente legato al movimento altermondialista e in particolare alle Tute Bianche (ora Disubbidienti) durante le proteste di Genova 2001 contro il G8.
10)
http://www.internazionale.it/news/italia/2013/02/26/il-movimento-5-stelle-ha-difeso-il-sistema-2/
11) http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12104#more-12104

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