Il triplice fischio dell’arbitro Pairetto pone
fine alle ostilità. In una uggiosa domenica d ottobre del 1994, la Roma operaia
di Mazzone batte la Samp del profeta del calcio champagne Sven Goran Eriksson. Ci alziamo sollevati dopo
aver assistito ad una partita complicata, dal primo tempo insipido. Una robusta linea difensiva composta da Annoni, Lanna,
Benedetti, e Carboni è efficace ma un centro campo inedito con Aldair trasformato da Mazzone in
regista, affianco dell’arcigno mediano Piacentini, e il principe Giannini in panchina, non riesce ad innescare la sontuosa linea d’attacco
romanista composta da Fonseca e Balbo. I resti della Samp priva di Mancini Platt e
Bertarelli, soprattutto grazie all’abilità
di Vierchowod e Ferri rendono innocua una tatticamente sconclusionata squadra
giallorossa. Lo zero a zero del primo tempo sembra un risultato ovvio. Fortunatamente dopo poco più di dieci minuti
del secondo tempo, il centrale difensivo Aldair, prestato al centro campo, lancia una palla precisa per Fonseca, l’uruguagio
contrastato da Vierchowod cada, la sfera sembra persa, ma da terra con un guizzo improvviso
Fonseca riesce ad allungare per Balbo, finta dell’argentino a disorientare Mannini
e cuoio alle spalle di Zenga per l’uno a zero. Punteggio che rimarrà fino alla fine, nonostante la Samp
si riversi nella metà campo giallorossa, sfiorando il pareggio con Jugovich, e
la Roma si mangi con Fonseca due gol fatti, per chiudere anzitempo i giochi e risparmiare a noi sugli spalti la
sofferenza di arrivare al 90’ con la paura di pareggiare. Sollevati ci godiamo
il primo posto in classifica anche se consapevoli di essere solo alla V
giornata. Scendiamo le scale che dalla Tevere sud ci conducono all’uscita accompagnati dalle note di Grazie Roma. Come
al solito per evitare di rimanere intrappolati nel traffico dell’esodo da
stadio, anziché raggiungere subito la macchina parcheggiata nel piazzale della
Farnesina, decidiamo di aspettare i
calciatori all’uscita dagli spogliatoi.. Raggiungiamo altri tifosi pronti con
penna e taccuino ad intercettare qualche loro beniamino per ottenere il
sospirato autografo. Dal cancello posto affianco all’entrata dei distinti sud,
cominciano ad uscire alla spicciolata i calciatori. Carboni saluta veloce,
Piacentini si ferma a rilasciare autografi, assieme a Cappioli. Passa il pullman della Samp, accolto con indifferenza,
ben più caloroso il saluto al torpedone con i giocatori della Roma che hanno
deciso di rientrare a Trigoria. Aldair e Giannini salutano dai finestrini. Nonostante
la confusione non possiamo fare a meno di notare un ragazzetto sui diciassette anni
che arriva sgasando su una sferragliante vespetta bianca e incurante del fior
di campioni che gli passano davanti sembra restare in attesa di qualcuno, o
qualcuna, supponiamo noi, pensando esclusivamente agli affari suoi . Lo
guardiamo incuriositi dalla sua indifferenza alla confusione che c’è intorno.
Si rianima solo alla vista di un altro ragazzetto che sguscia dal cancello
degli spogliatoi, trattenuto invano da un addetto della Roma che lo apostrofa
dicendo, “non puoi uscire di li, i
calciatori devono rimanere al di qua delle transenne”. “Lassame passà -dice il ragazzino poco più che adolescente -
devo annà co’ l’amico mio, me stà a
aspettà” . Il ragazzo con la vespetta si avvicina e carica il compagno uscito dagli spogliatoi in modo così inconsueto
Quest’ultimo porta sulle spalle la borsa della Roma e stringe una busta di
plastica trasparente da cui si intravede la maglia della Sampdoria, si accomoda
sul sellino della vespetta e corre via con il suo amico. Quel ragazzetto uscito
così freneticamente dagli spogliatoi, con la Sampdoria quella domenica non aveva giocato, era rimasto in panchina affianco a Giannini , ma dopo qualche anno avrebbe vinto uno scudetto con la Roma, sarebbe stato
campione del mondo. Oggi è il
calciatore in attività che ha segnato più gol di tutti in serie A ed è il secondo marcatore di sempre nella
storia del calcio italiano insieme a Nordhal dietro solo al grande Piola. E’ Francesco
Totti. Allora in quel due ottobre 1994, già giocava a pallone, non nel campetto
della parrocchia, ma nell’AS Roma a
fianco di campioni come Giannini, Balbo e Fonseca, aveva già segnato il suo
primo gol in serie A al Foggia nella
gara di esordio, e poi, come se tutto ciò fosse una cosa normale, se ne andava a spasso in vespetta con gli
amici del suo quartiere. Quel ragazzetto è oggi è il capitano delle Roma ed è
entrato nella storia del calcio Italiano e mondiale. Domenica scorsa contro il
Genoa ha segnato il gol n.225, quello che lo ha fatto entrare nella leggenda e
lo incorona come goleador più prolifico dei calciatori ancora in attività.
Personalmente ho avuto la fortuna di vedere direttamente dal campo le sue prodezze
e alcune delle sue reti, ne sono rimasto impressionato. Altri 225 di questi gol capitano!
P.S. Abbiamo poi saputo
che la maglia della Sampdoria che l’allora diciassettenne Totti portava nella
busta, era di Mancini, il quale pur saltando quella partita perché infortunato,
gliel’aveva fatta recapitare sapendo che Francesco allora era un suo ammiratore.
Della serie non possono non far parte il gol n.224 realizzato contro la Juve e il n.225 contro il Genoa
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