Ho anche una memoria decisamente buona e fino a quando mi sorreggerà non c'è alcun pericolo che dimentichi chi, come e quando sulla vicenda dell'acqua ne ha fatte di cotte e di crude.
Non credo alle “folgorazioni sulla via di Damasco” e certe conversioni dell'ultim'ora le imputo a calcoli diversi rispetto ad un “tardivo ravvedimento”.
Ma sono una persona che le cose e le battaglie le fa perché sono giuste e devono portare ad un reale e concreto risultato che cambi sia la qualità della vita delle persone e sia in una qualche misura lo stesso loro modo di pensare.
E' questo che significa fare politica sociale, cioè agire perché la realtà concreta in cui ci è dato vivere si modifichi nella direzione che riteniamo migliore.
Per fare questo bisogna fare i conti con le istituzioni politiche ed amministrative che ci sono ed interagire con queste a prescindere dal giudizio politico ed umano che se ne ha, ed esclusivamente sulla base degli atti concreti posti in campo da queste istituzioni.
A chi si sfoga con il “sono tutti uguali”, “è tutto inutile”, “tanto faranno come al solito” voglio dire che rimandare la difesa di diritti e qualità della vita alla nemesi vendicatrice di una conquista elettorale delle istituzioni o all'assedio del palazzo con i forconi, si scontra con l'esperienza storica.
Banalmente, il momento più alto in cui in Italia la Costituzione materiale si è più avvicinata alla Costituzione repubblicana è stato nel biennio 1969-1970, in cui al governo del paese non c'era nessun rivoluzionario e nessun comitato di salute pubblica, ma nel paese reale i rapporti di forza erano tali da imporre a quelle istituzioni la riforma previdenziale e lo Statuto dei Lavoratori.
Io non sono un bilioso scontento, non sono un arruffapopolo col mal celato desiderio di entrare nelle istituzioni, io sono un rivoluzionario e vivo ogni ingiustizia nei confronti di chiunque come se fosse fatta a me e mi adopero, qui ed ora, per cancellarla.
Non sono nato ieri ma prendo atto che in pratica tutte le parti politiche ed istituzionali fino a ieri complici, silenti, accomodanti con ACEA ATO 5 S.p.A. si dichiarano oggi a favore della risoluzione del contratto.
Questo è il dato di fatto che interessa e lasciamo al gossip politico le baruffe su chi si accoda a chi e sull'entità delle rispettive rogne.
A noi preme e serve “capitalizzare” questa “convergenza astrale” sapendo perfettamente che la partita è tutt'altro che finita e che per giungere all'effettiva risoluzione passeranno mesi e per avere un nuovo gestore passeranno anni in cui quel che si definisce oggi potrà essere rimesso in discussione.
A noi serve che a questo risultato parziale segua il fatto che questo Consiglio Regionale (questo e non un altro futuro, scaturito dai nostri sogni e dalle nostre aspettative) dia attuazione alla legge regionale 5/2014 in modo da scongiurare che ACEA, cacciata dalla finestra, rientri dalla porta.
Per quelli che ritengono inutile tutto questo c'è solo una possibilità: domani, facciamo alle 15.00 (insomma dopo mangiato) forconi alla mano, potete fare un bell'assalto al palazzo d'inverno.
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