Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 27 agosto 2016

La marcia indietro di Ankara rispetto ad Assad

Vijay Prashad

I bruschi cambiamenti nella guerra alla Siria hanno avuto un impatto sulla politica del governo turco del Presidente Recep Tayyip Erdogan. Inizialmente credeva che il governo del presidente siriano Bashar al-Assad sarebbe caduto precipitosamente. Non è successo. Piuttosto che rovesciare Assad, la guerra ha messo in pericolo la stessa Turchia: un ‘colpo di stato fallito’, il 15 luglio, è arrivato insieme a una rinnovata guerra contro la popolazione curda della Turchia, proprio come gli attacchi dello Stato Islamico (IS) nel paese sono stati un campanello d’allarme circa l’avventurismo di Erdogan. Un adeguamento della politica turca è ora probabile. Il viaggio del 9 agosto a Mosca, intrapreso dal presidente per incontrare il presidente russo Vladimir Putin, e le cordiali parole scambiate con il ministro degli Esteri iraniano durante la sua visita in Turchia del 10 agosto, indicano un cambiamento.
Il fallimento in Siria
Nel 2011 la Turchia  si era affrettata a  dichiararsi  a favore della rimozione di Assad. “Non è eroismo combattere contro la propria gente,” aveva detto Erdogan nel novembre 2011. E’ stato uno strano appello da parte del capo di governo di uno stato che era stato in guerra contro la sua gente,  cioè i curdi, fin dal 1980.  Il richiamo ha amplificato il coro nelle capitali del Golfo Arabo e dell’Occidente. Il loro scopo principale era di indebolire l’Iran rovesciando il governo di Assad.
Erdogan sperava che la sua fraterna. Fratellanza Musulmana siriana sarebbe entrata a Damasco sulle ali del cambiamento di regime spinto dall’Occidente che però era diffidente. Forniva appoggio diplomatico e militare ai ribelli, ma trovava la strada per Damasco bloccata da Russia, Iran e Cina. Nessuno di questi paesi voleva vedere una in Siria la replica dello scenario dell’Iraq e della Libia. Inoltre, la Russia e l’Iran avevano interessi materiali in Siria ai quali non volevano rinunciare. Ora, cinque anni dopo, la politica  di avanguardia  di  Erdogan è fallita, motivo per cui ha rapporti più amichevoli con la Russia e l’Iran nel tentativo di tracciare una strada  per uscire dal pantano siriano.
Il lungo confine della Turchia con la Siria ha dimostrato essere la via più accessibile per le armi e i combattenti. L’intelligence del Golfo Arabo e quella occidentale si aggiravano furtivamente nelle città sui confini, operando con l’intelligence turca per fornire appoggio alla variegata squadra degli eserciti delegati.  Era stato lungo questo confine che i combattenti turchi, sostenuti dal Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), un gruppo messo al bando in Turchia, iniziò a farsi strada. La settimana scorsa, una coalizione di curdi e arabi sotto la bandiera delle Forze democratiche della Siria ha preso il controllo della città di Manbij, in mano dell’IS. I successi dei  Curdi lungo il confine turco sono stati un anatema per il governo di Erdogan che ha ricominciato la sua guerra contro la popolazione curda all’interno della Turchia e anche contro le basi del PKK in Iraq. E’ stata questa guerra che ha aperto le tensioni tra Washington e Ankara, in cui Washington era preoccupato per l’assalto turco ad alcuni dei principali gruppi che avevano combattuto l’IS.
Non è ancora chiaro chi abbia autorizzato il ‘fallito colpo di stato’ contro il governo civile in Turchia. Erdogan ne ritiene responsabile il movimento del suo ex-alleato Fethullah Gülen. Dato che Gülen vive negli Stati Uniti e a causa delle voci che le truppe americane presso la base turca di Incirlik avevano aiutato i cospiratori del colpo di stato, è aumentata bruscamente l’animosità contro gli Stati Uniti. Alla fine di luglio, migliaia di persone hanno circondato la suddetta base e hanno bruciato bandiere americane e hanno scandito: ‘Morte agli Stati Uniti.’ Questo è accaduto il giorno prima che il Generale Joseph Dunford,  Capo di stato maggiore delle forze armate degli Stati Uniti arrivasse in Turchia per calmare i rapporti  che si erano riscaldati. L’indicatore più stabile del fatto che gli Stati Uniti erano contrari al colpo di stato, ha detto Erdogan, sarebbe l’estradizione di Gülen. Dato che non è probabile che questo avvenga, le tensioni tra Stati Uniti, NATO e Turchia, continueranno.
Apertura alla Russia e all’Iran
L’instabilità in Turchia come conseguenza della guerra siriana, ha creato grandi problemi economici. Le porte al mercato occidentale non  sono completamente aperte, mentre la guerra in Siria ha bloccato  mercato dell’Asia Occidentale. I rinnovati legami con la Russia hanno riavviato il gasdotto denominato Turkish Stream  e ha spinto a una riaffermazione da parte della Russia della sua promessa di costruire reattori nucleari in Turchia. Le lobby delle grosse imprese vicine a Erdogan, possono respirare di nuovo.
Nel corso del 2015, sia gli eserciti (proxy) “delegati” della Turchia in Siria che i suoi alleati politici siriani, hanno visto indebolirsi la loro posizione. I giochi dell’Arabia Saudita con il blocco dell’opposizione siriana, hanno eliminato il dominio della Fratellanza Musulmana siriana. Nel frattempo, sotto i pesanti bombardamenti della Siria e della Russia, i combattenti ribelli estremisti di Aleppo, compresi  i “delegati”  turchi, hanno affrontato degli ostacoli.  E’ chiaro che gli estremisti,  compresi i “delegati” turchi, non saranno in grado di resistere per troppo tempo. La Turchia cerca un soluzione prima di una completa umiliazione sul campo di battaglia.
Durante la sua visita a Mosca, Erdogan ha indicato che la Turchia ha necessità di coordinare la politica della Siria con la Russia e l’Iran. Il 20 agosto, il suo Primo Ministro, Binali Yildirim, ha detto che Assad poteva restare al potere per un periodo di transizione. Lo slogan ‘Assad deve andarsene’ non è più fondamentale per la politica estera turca.
Il giorno dopo che Erdogan ha lasciato la Russia, è arrivata una delegazione di importanti ufficiali per coordinare un centro militare di comando. La Turchia desidera molto che le forze curde non si impadroniscano di territorio lungo il confine. Gli ufficiali  russi hanno detto loro che questa sarebbe stata una priorità. Pochi giorni dopo i ministri degli esteri di Iran e Turchia hanno annunciato un stretto coordinamento per la Siria. Questo è certamente un brutto colpo per i “delegati” della Turchia e per gli Arabi del Golfo che sono arrivati a fare affidamento sulla Turchia come strada per la Siria.
Il Ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif ha detto alla stampa ad Ankara che “è finita l’era delle prepotenze e dei colpi di stato” e che “la scelta del popolo non può essere inibita da un gruppo militare”. L’affermazione riguardava il ‘fallito colpo di stato’ in Turchia. Avrebbe potuto essere espressa ugualmente in riferimento alla Siria, un paese distrutto dalle ambizioni regionali. Riequilibrare  il ginepraio turco con paesi stranieri potrebbe finalmente permettere  al futuro della Siria di essere  meno cupo.
Vijay Prashad, opinionista del  quotidiano turco BirGün, è autore del recente libro The Death of the Nation and the Future of the Arab Revolution (LeftWord Books).
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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