Sono passati pochi giorni dal terremoto che ha sconvolto il Centro Italia. Passando in rassegna i titoli dei giornali è sconvolgente l’analogia con quanto veniva riportato nel 2009 dagli stessi organi d’informazione a proposito del terremoto dell’Aquila : la generosità degli italiani, a cui viene attribuita una capacità di unirsi nel momento del bisogno travalicando le ataviche divisioni politiche e sociali - il dubbio che gli aiuti economici vengano dirottati verso scopi speculativi - le indagini su la sicurezza degli edifici crollati, puntualmente rivelatisi meno resistenti dei castelli di sabbia, nonostante i soldi spesi per la loro messa in sicurezza.
Se per l’Aquila abbiamo assistito indignati alle risate di due imprenditori edili i quali gioivano, parlando al telefono, nonostante i morti, per le opportunità di business che la ricostruzione della città abruzzese avrebbe loro offerto, nel caso della tragedia del Centro Italia la rabbia è arrivata dall’indegna rappresentazione di Bruno Vespa e del Ministro Delrio, i quali, nello sciagurato Porta a Porta andato in onda pochi giorni dopo la tragedia, sottolineavano come il terremoto di Amatrice e dintorni potesse offrire ampie opportunità di profitto per l’industria del mattone. In realtà una differenza fra le due disgraziate esternazioni c’è . Nel primo caso ci troviamo in presenza di due imprenditori ignari di essere intercettati, nel secondo il giubilo per le opportunità di business, manifestato ancora a cadaveri sepolti, è stato sbandierato pubblicamente da uno sciacallo pseudo giornalista pagato profondamente dalla Rai, con i nostri soldi, e da un Ministro della Repubblica, per giunta a capo di quel dicastero incaricato di provvedere alla ricostruzione.
Altro elemento comune alle due tragedie riguarda gli impegni governativi. Berlusconi, Presidente del Consiglio nel 2009, promise di ricostruire l’Aquila in 28 mesi. Renzi oggi assicura che entro l’inverno gli sfollati saranno sistemati in case di legno. Nel giro di 6-8 mesi inizierà la ricostruzione . Per dovere di cronaca c’è da aggiungere che l’attuale inquilino di Palazzo Chigi ha pianificato una tappa ulteriore. Un piano di messa in sicurezza del territorio denominato “Casa Italia”, che si avvarrà della consulenza del noto "archistar" Renzo Piano e che costerà alle casse dello Stato 2-3 miliardi l’anno.
Il fallimento della ricostruzione berlusconiana per l’Aquila, è una evidenza inconfutabile. Per gli esiti dei programmi di Matteo Renzi c’è da aspettare ed augurarsi che finisca in modo opposto a quanto accaduto nella città abruzzese. Permangono forti dubbi su dove il premier fiorentino riuscirà a recuperare i 2-3 miliardi annui necessari alla messa in sicurezza del territorio. Probabilmente le stringenti regole economiche della UE permetteranno di derogare al patto di stabilità per gli interventi emergenziali. Ma come la mettiamo per un programma strutturale, ambizioso e indubbiamente necessario , come la messa in sicurezza del territorio? Per l’architetto Renzo Piano realizzare un simile progetto potrebbe coinvolgere due generazioni.
Con l’impellenza di far rientrare l’eccesso del debito al 60% del Pil in ragione di 1/20 l’anno, come fiscal compact comanda, dove si andranno a pescare le risorse necessarie ? Forse qualcuno l’avrà dimenticato, ma l’Italia sta continuando a rimandare un impegno, per il quale si deve riportare il debito rispetto al Pil dal 135% attuale al 60% attraverso un percorso che prevede la riduzione del gap di 1/20 all’anno. E’ quindi probabile che il programma Casa Italia abbia difficile se non impossibile realizzazione.
Un altro elemento che accomuna il Berlusconi del 2009 e il Renzi attuale è la situazione politica che li coinvolge nel momento in cui avviene la sciagura. Berlusconi era in perdita di consensi, con il suo governo incapace di sostenere quella crisi economica innescata dai mutui subprime americani. Renzi è egualmente in difficoltà per colpa del rovescio elettorale di primavera, di una crisi economica pari se non peggiore a quella del 2009, per il calo di consensi personali e sulla riforma costituzionale scritta insieme con la Boschi .
Berlusconi, grazie alle mirabolanti promesse sulla ricostruzione dell’Aquila, grazie ad eventi mediatici ad effetto come il G8 organizzato proprio nel Capoluogo abruzzese riuscì a risollevarsi superando le tempeste della sua maggioranza innescata dallo strappo di Fini. Renzi avrà uguale giovamento da altrettanto grandiosi propositi come il programma Casa Italia? Vedremo.
E’ un fatto che nella riforma Renzi-Boschi il Governo, quando lo richieda l’interesse nazionale, può legiferare direttamente sui territori, esautorando il nuovo Senato delle Regioni e gli enti locali. La ricostruzione di un terremoto sarà sicuramente considerata materia di interesse nazionale per cui Governo e Presidente del Consiglio potranno, in caso di affermazione referendaria, predisporre a piacere del territorio da ricostruire. In questa ottica la promessa di Renzi sul coinvolgimento delle comunità locali nella ricostruzione e manutenzione del proprio territorio è una vera e propria chimera. E’ più probabile che accada quanto allegramente prospettato da Vespa e Delrio , cioè che la ricostruzione farà felici gli imprenditori edili a cui verrà affidato direttamente dal Governo l’incarico di operare .
Come il recente passato ha dimostrato saranno le stesse imprese che, nonostante le inchieste a loro carico, continuano a cementificare l’Italia. Ecco perché proprio dal mondo dell’impresa arriva il più accorato sostegno alla riforma referendaria. Tutto si tiene. A parte la case
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