Intervista di Pasquale Coccia. Da “Alias” del 2 dicembre
Pierpaolo Romani è coordinatore dell’associazione Avviso Pubblico. Enti
locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie. E’ stato consulente della
Commissione parlamentare Antimafia dal 1997 al 2001 e dal 2007 al 2008. Ha
scritto Le case da gioco; Le nuove schiavitù in Italia. Il traffico degli
esseri umani nel XXI secolo; 30 anni di criminalità in Italia. 1971 – 2001 (con
Enzo Ciconte). Ha recentemente pubblicato Calcio criminale (Rubettino,
euro 12).
Come nasce l’idea di scrivere un libro su criminalità
organizzata e calcio?
Ho deciso di scrivere questo libro dopo essere stato invitato dal
Damiano Tommasi,ex calciatore della Roma e attuale presidente dell’Associazione
italiana calciatori a tenere una lezione sul tema “cacio e mafie”
al centro tecnico di Coverciano a 60 ex calciatori professionisti. Nel
prepararmi a questo incontro ho scoperto tante strie che non immaginavo.
Esistessero. Dopo quell’incontro ho constatato che il problema esiste ed è
diffuso. Bisognava parlarne.
Vuoi spiegare come il calcio che descrivi è diventato
criminale?
Il calcio non è tutto criminale, per fortuna. L’ultimo capitolo del mio
libro è dedicato esclusivamente a storie che parlano del calcio come strumento
per diffondere la cultura della legalità democratica e del rispetto delle
persone. Tuttavia, vi è un pezzo di calcio che, dal mio punto di vista,deve
definirsi criminale, in quanto vi operano mafiosi, sportivi disonesti,
faccendieri e insospettabili colletti bianchi. Un calcio in cui regnano
corruzione, violenza, intimidazione e omertà. Questo pazzo modo del pallone si
serve dei capitali mafiosi, dei servizi che queste organizzazioni criminali
possono svolgere, come di garantire la sicurezza negli stadi, di evitare
problemi negli spogliatoi, di garantire la combine di certe partite su cui,
successivamente, si scommette a colpo sicuro. Il calcio criminale va
contrastato con determinazione.
Perché la criminalità organizzata ha indirizzato i suo
interessi anche verso il calcio delle serie minori?
I mafiosi hanno compreso che il calcio è un ottimo strumento per
acquisire e gestire consenso sociale, per controllare il territorio e il
consenso elettorale. Quello delle serie minori è il calcio più vicino alla
gente e al territorio, dove spesso i soldi mancano i e giocatori sono più facilmente corruttibili, quello su cui
non si accendono i riflettori della
stampa e delle TV nazionali. In questo contesto, i mafiosi hanno una maggiore
facilità di muoversi nell’ombra. Quello delle serie minori, poi, è un terreno
fertile per riciclare il denaro sporco.
La criminalità organizzata che descrivi nel tuo libro,
interessata al calcio minore, è una criminalità di serie B?
Tutt’altro. Nel libro racconto episodi che parlano della ‘ndrina dei
Pesce di Rosarno, una potenza nel mondo criminale, che aveva messo la mani
anche su una squadra campana, il Sapri Calcio; parlo dei casalesi che si erano
comprati l’Albanova calcio e avevano deciso di scalare la Lazio; racconto di
alcune cosche di Cosa Nostra, tra cui quella dei Lo Piccolo, che miravano a
inserirsi negli affari del Palermo calcio.
Qual è l’intreccio tra mafie, partiti ed enti locali nelle
serie calcistiche minori?
Il legame è piuttosto stretto in certe situazioni. Grazie alla squadra
di calcio e al consenso che ruota attorno ad essa, i mafiosi riescono ad
avvicinare persone che appartengono a monti lontani e si vedono aprire le porte
dei salotti che contano, compresi quelli delle sezioni locali dei partiti. I
mafiosi sanno che c’è una parte della politica, da Sud a Nord, che cerca voti e
loro glieli forniscono. I tifosi dai 18 anni in su, votano e fanno votare i
loro familiari e i loro amici . Votano, e fanno votare, inoltre anche quei
genitori che portano i loro figli nelle scuole calcio gestite dai mafiosi nella
speranza nella speranza che questi pargoli, grazie a certe conoscenze, possano
fare dei provini in grandi squadre. In tal modo se le cose vano bene, anche la
famiglia svolta economicamente .
Le serie calcistiche minori sono oggetto di poca attenzione
da parte degli organi di polizia che lottano contro la criminalità organizzata?
Le forze dell’ordine e la magistratura hanno svolto, e svolgono,
un’opera importante n diversi contesti. In Calabria sono state confiscate due
squadre di calcio. Il problema vero è
che bisogna migliorare e di molto, la prevenzione contro l’infiltrazione
mafiosa nel calcio, rafforzando i controllo anche da parte delle autorità
sportive, ai vari livelli, introducendo dei meccanismo più selettivi e rigorosi
prima di permettere a certe persone di
acquistare una squadra e di iscriverla a un campionato. A Lecce, per
esempio, per quanto riguarda le squadre impegnate nei campionati
dilettantistici , il Procuratore Motta e il prefetto Perrotta hanno proposto alla
Figc la sottoscrizione di un protocollo in cui si provveda alla redazione d un
codice etico nel quale sia prevista la
preclusione di una squadra
all’iscrizione dei campionati, se all’interno della compagine societaria vi
sono soggetti segnalati dalla prefettura come appartenenti alla criminalità
organizzata.
Ci sono calciatori e dirigenti sponsorizzati dalle mafie che
fanno carriera nel calcio della serie A?
Recentemente, Luigi Bonaventura, un collaboratore di giustizia della
‘ndranhgeta ha parlato dei “calciatori invisibili”, sostenendo che sono persone
insospettabili al servizio della mafia calabrese. Il loro compito, sarebbe
quello di pilotare i risultati sportivi, ma anche i comportamenti all’interno
degli spogliatoi. Secondo Bonaventura, alcuni di questi “calciatori invisibili”
quest’anno avrebbero giocato in Champions League. Il tutto è ancora da
dimostrare.
Le mafie si impossessano di società calcistiche delle serie
minori come fanno con le aziende? Come avviene l’operazione?
I magistrati della procura di Reggio Calabria hanno parlato delle
squadre entrate nell’orbita dei clan come di “società a partecipazione
mafiosa”. Al di là della quantità di capitali che i boss investono, anche per
il tramite di terze persone, essi, alla fine, finiscono per essere quelli che
dettano le regole, che decidono le formazioni, che stabiliscono quale
allenatore e quali giocatori ingaggiare, se vincere o se perdere una partita.
Quando le mafie entrano nelle imprese o nelle squadre di calcio salta il
principio della libera concorrenza e della meritocrazia. Non vince il migliore,
ma quello più protetto e disonesto.
Tra mafia, ‘ndrangheta, camorra e Sacra Corona Unita, che si
è spinta di più sul terreno del calcio?
Tutte le mafie italiane sono
interessate al mondo del calcio. Certamente, Camorra e Cosa Nostra hanno cercato di arrivare anche a
squadre di serie A; anche in campionati stranieri per quanto concerne la mafia
campana. Camorra e Sacra Corona Unita si sono inserite anche nel mercato delle
scommesse sportive legali, arrivando ad acquistare delle agenzie, grazie alla
complicità di manager insospettabili.
Ci sono casi di dirigenti di società di calcio o di
calciatori puniti con la morte dalle organizzazioni mafiose per non essersi
piegati al loro potere?
Un caso che è stato riaperto recentemente è quello del giocatore del
Cosenza Denis Bergamini che, secondo la versione ufficiale si sarebbe suicidato
il 18 novembre 1989. Grazie ala lavoro di denuncia compiuto da un altro ex giocatore recentemente scomparso, Carlo Petrini,
e dall’avvocato della famiglia
Bergamini, e in seguito a una perizia dei carabinieri del Ris di Messina, la
procura di Castrovillari ha riaperto il caso. Il sospetto è che Bergamini sia
stato ucciso o per ver scoperto cose che non doveva scoprire o per non essersi
piegato alla volontà criminale. Altri giocatori, militanti in squadre minori,
sono stati uccisi in Calabria qualche anno fa.
Attraverso il calcio minore le organizzazioni mafiose si
rifanno l’immagine di cattivi e accedono al salotto della finanza?
Francesco Schiavone, detto Sandokan, boss del clan dei Casalesi, quando
nel 1992 entra nella dirigenza dell’Albanova calcio, la squadra di Casal di
Principe, la società dirama un comunicato in cui definisce Schiavone un “noto
imprenditore”. Dalle indagini che hanno portato al suo arresto,si è visto che
il boss frequentava abitualmente personaggi della cosiddetta “borghesia mafiosa”
: politici, imprenditori, banchieri,, avvocati, notai.
Le mafie sono infiltrate anche tra le tifoserie?
Il problema principale è che i mafiosi sono anche tifosi e vivono
questa loro passione praticando
comportamenti criminali. A questo si aggiunga che alcuni settori delle
tifoserie sono organizzati come un clan: hanno una gerarchia interna con ruoli
ben definiti: impongono rituali di
affiliazione e dei simboli di riconoscimento ai loro affiliati, come i
tatuaggi, impongono la cultura dell’omertà. Le mafie usano le tifoserie per
ricattare la società, minacciando di creare problemi di ordine pubblico dentro
gli stadi se, ad esempio, non gli vengono concesse significative quantità di
biglietti omaggio. Le società temono i disordini anche perché questo può significare
dover pagare pesanti sanzioni pecuniarie . Infine il rapporto con le tifoserie
serve ai mafiosi per arrivare ai dirigenti e ai calciatori. Un mafioso che si
fa fotografare con un giocatore, magari anche importante, dimostra la sua
potenza agli occhi della gente. Se poi è in grado di dimostrare che lo
frequenta, allora da potente diventa onnipotente.
Quale è il giro d’affari del calcio criminale in Italia?
Non esistono stime ufficiali trattandosi di un’attività illecita.
Ricordo soltanto che in Italia il mercato legale delle scommesse sportive si
aggira sui 5 miliardi di euro l’anno e quello clandestino sui 2 miliardi e mezzo.
Più del 90% delle scommesse riguarda il mondo del pallone.
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