La politica italiana sta cambiando pelle, e non è un bello spettacolo. Le consultazioni Bersani-Cinque Stelle trasmesse in diretta con contorno di insulti; il blog di Beppe Grillo passato al setaccio come facevano i “cremlinologi” ai tempi di Breznev per indovinare le prossime mosse del “capo”; le eterne lotte intestine nel Pd; perfino – una settimana fa – la piazza di Silvio Berlusconi con i figuranti a pagamento. E ora il Presidente Giorgio Napolitano che consulta i partiti in prima persona, per un governo fatto su misura non della volontà degli elettori, ma del suo personale progetto di impossibili (e insensate) “larghe intese”.
Dal voto a oggi, lo spazio della politica è stato occupato da una rappresentazione del “cambiamento”, del “mandiamoli a casa”, che lascia tutto come prima, mostra un paese paralizzato, ridà spazio a Berlusconi. Non è questo quanto ci si aspettava dal – pur incerto – risultato elettorale. In questo mese trascorso dopo il voto per una parte significativa del mondo della rappresentanza politica la crisi è dimenticata e passata in secondo piano, la disoccupazione nascosta sotto il tappeto, i conti in rosso di imprese e banche ridotti a un dettaglio, l’emergenza ambientale trasformata in cronaca.
Ancora peggio avviene per i soggetti sociali. I lavoratori e il sindacato sono scomparsi – silenziosamente – insieme ai posti di lavoro. Movimenti e proteste sono ricacciati nel sottosuolo, perfino il grande corteo in Val Susa contro la Tav di sabato scorso non lascia traccia su gran parte della politica. La società civile è buona solo quando serve a legittimare i sussulti del palazzo. Del tutto cancellati anche i milioni di elettori del centro sinistra che l’ultima occasione per manifestarsi l’hanno avuta alle primarie del novembre scorso.
È un silenzio assordante, intollerabile. È incomprensibile che il centro sinistra lasci le piazze a Grillo e a Berlusconi. È stupefacente che il sindacato non si faccia sentire. È inaccettabile che la politica sia ridotta ad affare di palazzo o commento sul web, degenerazioni simmetriche che si alimentano l’un l’altra e azzerano la partecipazione. È il momento di ridare spazio e visibilità politica alla voglia di cambiamento che c’è nel paese, anche in molti che hanno dato il loro voto ai Cinque Stelle. È il momento di ridare forza ad una mobilitazione diffusa della politica con un richiamo, forte, alla partecipazione di tutti: un ritrovarsi insieme di centro sinistra, movimenti e sindacato, all’insegna di un “Cambio di rotta”.
Sul piano politico, si tratta di accogliere il messaggio di cambiamento venuto dalle elezioni, con un’iniziativa dell’alleanza sociale che può ricomporre un paese frammentato dalla crisi e diviso dal privilegio. Sul piano dei contenuti, l’iniziativa per il “Cambio di rotta” può individuare alcuni interventi immediati: rilancio dell’economia, produzioni sostenibili, tutela del lavoro e reddito minimo, taglio delle spese militari, cittadinanza agli immigrati.
“Cambio di rotta” è un’iniziativa che potrebbe nascere in cento città e coinvolgere le forze politiche del centro sinistra, la Fiom, la Cgil, campagne come Sbilanciamoci! e quella per l’acqua pubblica, movimenti e associazioni per l’ambiente, la pace, i diritti, la legalità, la giustizia. Potrebbe occupare – presto – una grande piazza di Roma, o molte piazze d’Italia. Può essere il contrappeso sociale del progetto di “larghe intese” che nasce al Quirinale e dell’atomizzazione del consenso organizzata dai Cinque Stelle. Vogliamo provarci?
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