Il Comune è
dovrebbe essere un luogo dove gli abitanti di una città mettono in comune i loro sogni
e dei loro bisogni. E’ , o dovrebbe essere, un luogo dove i cittadini si
legano gli uni agli altri solidali nell’elaborare in modo autonomo le norme che
regolano la vita della città, così che
ognuno possa vivere in modo dignitoso la
propria realtà di cittadino, con spazi pubblici condivisi dove coltivare i
rapporti sociali. Il comune è, o dovrebbe essere, un luogo in cui l’interesse generale della
comunità costituisce l’anticorpo principale all’appropriazione indebita privata
dei luoghi di proprietà dei cittadini. Il comune è, o dovrebbe essere, un luogo dove nuove politiche economiche
basate sullo sviluppo dell’energie rinnovabili, sulla promozione delle risorse
naturali e culturali, su un nuovo modo di erogare i servizi, possono costituire fonte di prosperità per tutta la
cittadinanza, creando e non alienando posti di lavoro, sottraendo il tessuto
urbano alle scorribande speculative di pochi scaltri imprenditori messi in questo caso fuori gioco da un sistema che esclude il
cemento e l’urbanistica contrattata come
mezzi per accrescere la ricchezza di
pochi. Il “COMUNE” lo dice la parola stessa, è un luogo dove tutto viene messo
in comune. Una città con un
Comune che avesse cura del benessere dei cittadini, anziché porre
maniacale attenzione al mantenimento e all’accrescimento dei privilegi degli
amministratori che operano al suo interno, sarebbe uno spazio brulicante di
vita. Se invece in una città gli
amministratori svendono pezzi del territorio alla speculazione edilizia e finanziaria per
alimentare il proprio bacino elettorale, se il risultato dell’azione normativa
di questi burocrati produce la riduzione degli spazi vitali a
disposizione della comunità, l’alienazione e la devastazione dei diritti della
cittadinanza a vivere in un posto non inquinato, non congestionato dal
traffico, con edifici scolastici moderni e sicuri. Se in questa città si trasferisce il debito accumulato a causa delle agevolazioni
fiscali concesse agli speculatori di cui sopra sulle
spalle degli incolpevoli cittadini, la comunità e la città stessa sono
destinati a morire. E’ ciò che sta
accadendo a Frosinone dove un non
precisato debito, che aumenta di giorno in giorno,( oggi pare che si sia
attestato a 45 milioni di euro),
formatosi grazie alla non riscossione degli oneri concessori e di altri
tributi, al pagamento di laute consulenze esterne e al foraggiamento di avidi manager messi a
capo delle società partecipate, vedi
Multiservizi, Società Aeroporto di Frosinone, viene scaricato sulla
cittadinanza attraverso il taglio dei servizi,
l’aumento dei tributi e il licenziamento di coloro che si occupavano
della cura della città. Ecco dunque che
l’altro ieri i cittadini, al seguito dei lavoratori della Multiservzi, il cui
mancato rinnovo del contratto di servizio da parte del comune, ne decreta il
licenziamento o la precarizzazione ulteriore delle condizioni di lavoro, hanno
celebrato il funerale della città. Ma noi speriamo che con l’aiuto di tutta la
cittadinanza che possa sostituirsi ad una opposizione molle e in insistente
all’interno dell’aula consiliare, il Comune torni ad essere luogo di comunanza
e la città possa risorgere. Considerata la partecipazione dei cittadini al
corteo di protesta dell’altro ieri c’è poco da stare allegri.
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