Martedì scorso, 26 maggio, ha avuto luogo, presso l’aula
magna del Liceo Classico Norberto Turriziani la presentazione del volume “dell’entropia
ancora” ultimo libro del poeta saggista Alfonso
Cardamone. L’evento, promosso dall’”Associazione
ExAlunni Turriziani” ha visto la
partecipazione, dell’autore Alfonso Cardamone, dei professori Renzo Scasseddu e Marcello
Carlino il quale ha arricchito il testo
con una efficace prefazione.
Ho avuto la
fortuna di partecipare all’incontro grazie all’invito di Alfonso che, oltre a
saggista e poeta, è anche prezioso ed
illuminante amico. Prima di proseguire
nella stesura dell’articolo mi preme sottolineare, per correttezza, come le considerazioni che seguono siano il
frutto delle riflessioni di un semplice appassionato lettore, non particolarmente addentro alle
dinamiche lessicali e semantiche della poesia. Per cui confido nella clemenza
di chi è più esperto di me su eventuali inesattezze o pressapochismi.
Il volume
“dell’entropia ancora “ racchiude una serie di componimenti poetici, brevi
asciutti, accompagnati dalle tavole del pittore Angelo D’Onorio. Un connubio di arte, poetica e pittorica, dalla
potenza comunicativa ed emozionale fuori dal comune. Ad accompagnarci, nel
mondo anarchicamente ed entropicamente creativo
di Alfonso Cardamone, due maestri d’eccezione: Il professor Renzo Scasseddu, il quale ci ha
guidato nei meandri stilistici, del fluire poetico di Alfonso, e il professor
Marcello Carlino che si è soffermato sulla semantica di quei versi graffianti e
teneri (mi scuserete di questo ossimoro che è tutto mio, ma che dovrebbe
rendere bene uno dei filoni su cui si snoda l’entropia di Alfonso).
Si comincia
da Itaca, la dove nasce il viaggio di Ulisse, dove nasce il viaggio della vita di ognuno di
noi. E ad Itaca si torna, “l’approdo”
dopo essere ripartiti ancora una volta “tornando
a sciogliere le gomene”. Questo è l’Universo. L’Universo di Ulisse, e l’Universo di ognuno di noi. Uno dei temi cari
ad Alfonso Cardamone è proprio l’idea di
un’identità universale legata e limitata alla vita delle persone. Si ignora l’esistenza di un’entità al di fuori di noi, la si può
intuire, immaginare, ma nulla si conosce di essa.
La nostra percezione, il nostro vivere l’Universo
inizia dal non noto, con la nascita, ed
inevitabilmente torna al non noto con la morte. Ed in mezzo? In mezzo c’è la vita,
la nostra vita, un percorso che si consuma secondo un presente di “deformazione delle immagini, di dissolvimento
delle esperienze e della percezione” per citare Alfonso. E’ dunque un
percorso fortemente entropico, è un continuo susseguirsi di ossimori: la
crudeltà dei sogni ingannatori, che come schegge avvelenate ingiuriano la carne
illusa dell’uomo, unita alla tenerezza
del nonno che guida il nipotino per mano. Dunque l’entropia in attesa della
morte. Ma proprio perché entropico il viaggio della vita, che ha un esito certo,
è incerto e affascinante. Questo è uno
dei messaggi che mi è sembrato cogliere dal volume di Alfonso Cardamone. Ripeto
sono considerazioni del tutto personali.
Questo succedersi della nascita, dell’evolversi
entropico e della morte del “NOSTRO” Universo, mi richiama alla musica di John
Coltrane. Una poetica musicale che parte dall’esposizione di un tema, magari
non pedissequamente eseguito nella sua precisa forma melodica, (Itaca) per poi avventurarsi nell’entropia dell’imporvvisazione
più delirante, parola intesa nel suo senso
strettamente etimologico derivante dal
Latino. In cui de -lirare significa seminare fuori dal solco dell’aratro (lira) ,
come ci ha mirabilmente spiegato il professor Scasseddu. Dunque un’imporvvisazione
delirante, entropica, determinata dalla creatività emotiva di quel musicista, diluita e limitata al tempo dell’esecuzione, che non è prevedibile.
Un viaggio sonoro che inevitabilmente riporta a Itaca, cioè alla figura melodica
di partenza, al tema.
Unitamente ai video relativi alla presentazione del
libro, ho pubblicato un contributo musicale, che dovrebbe essere esplicativo di
queste dinamiche. Il brano è “Naima” di John Coltrane. Dopo l’esposizione del
tema, eseguita dal Coltrane al sax tenore e da Erich Dolphy al clarino basso,
lo stesso Dolphy si lancia in una improvvisazione entropica, fuori dal solco
dell’aratro. Quel solco rimane sullo sfondo impercettibile. E’ ignorato, ma
esiste. Anche il successivo assolo del
pianoforte di McCoy Tyner è completamente esterno al solco, deviano anche le figure ritmiche di
Elvin Jones alla batteria. Solo Reggie Workman al contrabbasso rimane a delineare, appena accennata, la lira dell’aratro.
Tutto poi ritorna alla melodia iniziale e termina. Naima costituisce il
sottofondo musicale delle immagini di
alcune opere di Angelo D’Onorio ,straordinario autore delle tavole che
illustrano il libro di Alfonso.
Ma nell’entropia assoluta di questo mio
argomentare esiste un punto fermo. E’ la tendenza a buttarla in
politica. Martedì scorso mi sono rigenerato, fra le mura
amiche del Liceo Classico Turriziani, istituto che ho frequentato ahimè con
scarso profitto, diversi decenni fa. Ho assaporato il privilegio e la gioia di dissetarmi presso fonti di sapienza e di humanitas, alimentate dalle parole di Cardamone, Carlino e Scasseddu. Ma
nello stesso tempo, in un lampo di razionalità, ho realizzato come tale
privilegio, difficilmente potrà essere goduto da altri alunni nei prossimi anni.
E’
una riflessione amara che deriva dal constatare come l’idea di scuola che da
decenni si tenta di imporre, e che sta trovando il suo pieno compimento con il
ddl renziano sulla Buona Scuola, sia anni luce lontana da ciò che stava
avvenendo fra le mura del Liceo Classico.
L’istruzione finalizzata alla formazione della sensibilità umana , alla
capacità di apprendere e capire le persone intorno a noi, la predisposizione
alla condivisione del sapere, è in grave pericolo, è prossima alla distruzione.
Destinata a soccombere sotto i colpi di una nuova idea di scuola pubblica , in
cui gli insegnanti sono obbligati ad eseguire i comandamenti del preside
manager, e gli studenti, sono trasformati in nuovi schiavi, anziché
in persone coscienti e pensanti. Ecco, l’ordine pianificato finalizzato di questa
idea di scuola asservita al mercato, va assolutamente combattuto con la
sterminata ed affascinate entropia della cultura vera, quella che aiuta a
diventare donne e uomini.
Un grazie di cuore ad Alfonso Cardamone per il
privilegio che mi ha concesso.
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