Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 26 maggio 2015

Quando "buona" significa "privata"

Fabiana Stefanoni

Non si ferma la mobilitazione di precari, insegnanti e studenti

Ha fatto notizia il grottesco videomessaggio di Matteo Renzi a difesa del disegno di legge sulla scuola. Da bravo rigattiere da trasmissione televisiva di terz'ordine, il premier si è presentato davanti ad una lavagna dell'anteguerra, con in mano un gessetto. Ha poi cercato di spiegare perché la sua "buona scuola" è da difendere, scrivendo sulla lavagna i cinque punti forti della sua "riforma". Molti docenti hanno ironizzato sul fatto che è riuscito a commettere un grossolano errore, scrivendo sulla lavagna cultura umanista, anziché umanistica. Ma, essendo avvezzi all'ignoranza dei nostri ministri o primi ministri - tutti ricordano le gaffes della ministra dell'Istruzione Gelmini, che aveva pubblicamente parlato di un tunnel sotterraneo di collegamento tra la Svizzera e il Gran Sasso... - non ci stupiamo.
Ciò che salta all'occhio è, invece, l'evidente difficoltà del governo di fronte alle mobilitazioni del mondo della scuola, insegnanti in primis: per questo il premier ha avuto bisogno di cimentarsi in questo ridicolo video-spot con lavagna.
 
La privatizzazione dell'istruzione pubblica e lo studente-lavoratore non pagato
Renzi non sarà stato un bravo allievo (almeno nelle materie umanistiche), ma sicuramente ha studiato con profitto alla scuola di Marchionne. Esattamente come Marchionne, che ha imposto in Fiat un modello basato su autoritarismo, disciplina e supersfruttamento, azzerando la tradizionale politica concertativa col sindacato più rappresentativo (in quel caso la Fiom in Fiat), così Renzi ha deciso di imporre alla scuola un modello autoritario e aziendalista basato sulla figura autocratica del dirigente-sceriffo. Anche in questo caso, il premier ha deciso di ignorare le rivendicazioni - tra l'altro molto timide - del principale sindacato (in termini d’adesioni) tra i lavoratori della scuola, la Cgil. Nessuna concessione è stata fatta, per ora, a differenza che in Fiat, nemmeno ai sindacati gialli (Cisl e Uil).
Del resto, i bilanci dello Stato italiano - che è il Paese europeo col debito pubblico più alto dopo la Grecia - sono meno rosei di quelli della Fiat. E' per questo che per la scuola pubblica, come già avvenuto nei trasporti, nella sanità, nei servizi sociali, la strada maestra per il governo è la privatizzazione. Il salasso di otto miliardi del governo Berlusconi (con la famigerata controriforma Gelmini) non è bastato, né al governo italiano né alla Troika. 
Se si considerano i punti salienti del disegno di legge, ciò che emerge è la trasformazione delle scuole in aziende dirette da un preside-manager dotato di superpoteri: da quello di scegliere il personale delle sue scuole (con i conseguenti fenomeni di clientelismo e discriminazione) fino alla possibilità di attingere finanziamenti privati dove meglio crede. Sulla sua lavagnetta, Renzi ha indicato al primo punto, come elemento "forte" della "buona scuola", l'alternanza scuola-lavoro: è un fatto reale. Con la controriforma aumentano le ore d’alternanza scuola-lavoro: tradotto, significa che gli studenti dedicheranno molte più ore del loro tempo scolastico a... lavorare gratuitamente in azienda.
E' facile prevedere che le aziende che decideranno di elargire finanziamenti a una scuola del territorio riceveranno in cambio convenzioni che permetteranno loro di risparmiare sul personale. E' un fenomeno che già oggi avviene, e che con questa controriforma è destinato ad aggravarsi: gli studenti rinunciano a molte ore d’insegnamento, preziose per la loro formazione, per andare a svolgere stage non retribuiti in aziende del territorio... E, spesso, in aziende che poco o nulla hanno a che vedere col percorso di studi dello studente. Un bel risparmio per i padroni, che così possono fare a meno di assumere personale.
 
Assunzioni dei precari: sì, ma come?
La tanto sbandierata assunzione di centomila precari della scuola non ha convinto nessuno, tantomeno i precari stessi. Prima di tutto va precisato che il governo si trova costretto ad assumere i precari della scuola per una sentenza della corte di giustizia europea, che ha sanzionato l'Italia per l'illegittimo reiterare dei contratti a tempo determinato. Esiste, infatti, una legislazione che impone l'assunzione nella pubblica amministrazione dopo 36 mesi di lavoro: principio completamente ignorato per ragioni di risparmio. I contratti precari sono stati sistematicamente reiterati per anni o decenni, per evitare il pagamento dei mesi estivi e delle tredicesime.
In questi anni, la condizione lavorativa dei precari è costantemente peggiorata: riduzione delle ore di lavoro su molte materie (in particolare dopo i tagli della Gelmini), scippo della monetizzazione delle ferie non godute (cioè 1.000 euro in meno l’anno), proroga del pagamento del tfr, ritardi di mesi nell'erogazione degli stipendi per le supplenze brevi, ecc. A molti precari è stato chiesto di svolgere costosissimi (3.000 euro circa) corsi abilitanti a frequenza obbligatoria... che oggi diventano carta straccia. Il piano d’assunzioni esclude a priori decine di migliaia d’insegnanti abilitati (del tfa, dei pas e del diploma magistrale) che, dopo anni di lavoro e di sacrifici, dovranno scordarsi per sempre l'assunzione. Il disegno di legge dice, infatti, che, d'ora in poi, non sarà più possibile protrarre i contratti di lavoro nella scuola oltre i 36 mesi: in altre parole, per aggirare la sentenza della corte di giustizia europea... il governo licenzia tutti.
Ora, i "fortunati" che rientreranno nel piano d’assunzione, dovranno adattarsi al peggio. Prima di tutto, saranno chiamati a discrezione dei dirigenti; in secondo luogo, dall'anno scolastico 2016-2017, dopo un anno di prova nella provincia d’appartenenza, finiranno in albi regionali, quindi potranno essere assunti anche in scuole molto lontane da quella dove abitano (e non potranno rifiutare pena il licenziamento in tronco); infine, saranno ricattabili a vita, poiché i loro contratti dovranno essere rinnovati di tre anni in tre anni... Tutto questo, sia detto per inciso, senza sapere esattamente cosa dovranno insegnare e come. L'idea del governo è, infatti, quella di utilizzare questa massa d’assunti come tappabuchi nelle varie scuole o per svolgere attività pomeridiane e serali (quindi senza più nessuna regola negli orari).
Per il personale già di ruolo le cose non andranno molto meglio: chi perde il posto in una scuola o chiede trasferimento finirà parimenti nei famigerati albi regionali, dove dovrà accettare quel che viene, pena il licenziamento. Tutto questo mentre il contratto di lavoro non è rinnovato dal 2006 e gli stipendi sono sempre più inadeguati al costo della vita. Non solo: nel disegno di legge si dice esplicitamente che tutti i punti che sono in contraddizione col contratto nazionale di lavoro in vigore... implicano l'annullamento del contratto nazionale stesso!
 
Avanti con la mobilitazione!
Renzi ha basato la sua campagna per le primarie sulla scuola, presentandosi come il difensore degli insegnanti (contando sul fatto che una buona fetta d’insegnanti ha tradizionalmente sempre votato Pd). All'indomani della sua elezione a premier, tra i lavoratori della scuola e anche tra i genitori, si sono create molte illusioni sul premier "salvifico". Ora, tutte le illusioni seminate si stanno rivelando un boomerang per il governo: non è un caso che i recenti scioperi (in particolare quello del 5 maggio) abbiano avuto una delle adesioni più alte degli ultimi decenni. Soprattutto, è la prima volta che la scuola sciopera e protesta in massa contro un governo a guida Pd. E' il segno che la misura è colma. Anche gli studenti hanno fatto sentire la loro voce, in particolare in occasione del boicottaggio delle prove invalsi: e la sensazione è che queste mobilitazioni siano solo un piccolo anticipo di ciò che accadrà in autunno.
Mentre scriviamo questo articolo, il governo sta cercando di far passare in fretta e furia la legge in Senato. Ma gli insegnanti - e anche i loro sindacati, su pressione della base - hanno annunciato che la protesta non si fermerà con l'approvazione della legge in Senato. Sono già in programma scioperi in occasione degli scrutini di fine anno (le operazioni con cui si assegnano i voti agli studenti) e, da parte sia dei comitati di lotta più combattivi sia d’alcuni sindacati di base, si sta valutando l'ipotesi di procedere ad oltranza (eventualmente rompendo i vincoli della legge 146/90 che impedisce lo sciopero prolungato in questo settore).
Ma la cosa più importante è che la scuola sta diventando un elemento catalizzatore di tutto il malcontento sociale: i ferrovieri della Cub hanno espresso solidarietà alla mobilitazione degli insegnanti, dicendosi disposti a mobilitazioni unitarie fino allo sciopero generale. Analoga solidarietà è venuta dal mondo dei metalmeccanici. Messaggi che sono stati accolti con entusiasmo dai lavoratori della scuola, a dimostrazione che la situazione sta diventando esplosiva ed è forte la domanda di un nuovo sciopero generale (sciopero che, per ora, le burocrazie sindacali non hanno intenzione di proclamare, a parte qualche esternazione, non seguita dai fatti, di Landini).
 
Serve un sindacalismo combattivo
Le sorti della scuola pubblica, così come quelle di tutti gli altri settori colpiti dalla crisi, possono trovare una via d'uscita solo con una grande mobilitazione, unitaria e di massa, che cacci, con lo sciopero prolungato, il governo Renzi. Ma, per arrivare a questo fine, è necessario che i lavoratori si organizzino indipendentemente dai grandi apparati sindacali concertativi: serve un sindacalismo combattivo, che ponga l'unità delle lotte e la democrazia sindacale al centro della propria azione. Sindacalismo che, non a caso, il governo Renzi e Confindustria stanno cercando di distruggere, come dimostra il vergognoso accordo sulla rappresentanza che cancella il sindacalismo conflittuale nelle fabbriche: un accordo contro cui in molti hanno gridato, ma che, alla prova dei fatti, in molti stanno firmando: dalla Fiom di Landini fino ai Cobas Lavoro privato e - brutta notizia delle ultime ore - anche Usb.
I padroni, il governo e i grandi apparati burocratici, contando sulla debolezza e la frammentazione del sindacalismo "conflittuale", hanno vinto un’importante battaglia. Ma la guerra non è finita: è necessario che gli attivisti onesti e i lavoratori si oppongano con determinazione alle nefaste decisioni dei loro dirigenti, nei grandi come nei piccoli sindacati. Senza sindacalismo conflittuale si potranno solo subire le politiche d’austerity: impediamogli di vincere! Costruiamo l'opposizione di classe ai governi dei padroni!

Nessun commento:

Posta un commento