Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 10 novembre 2010

LA BATTAGLIA PER IL SINDACATO DI CLASSE

Piattaforma per la costruzione di un'area classista in Usb



Crisi del capitalismo e ripresa del conflitto di classe
 
La crisi in corso si annuncia come lunga e devastante. In essa, che è crisi di sovrapproduzione, si esprimono le contraddizioni del sistema capitalistico. Mentre un mondo intero di diseredati e di lavoratori soffrono la fame o a stento arrivano alla fine del mese, le immense merci già prodotte giacciono invendute nei magazzini e la produzione crolla. Anziché gli annunciati miglioramenti delle condizioni di vita, il capitalismo in putrefazione determina la distruzione delle forze produttive, con conseguenze catastrofiche soprattutto sulle nuove generazioni, condannate alla miseria e alla disoccupazione. E' lecito prevedere che il capitale alimenterà una deriva guerrafondaia che potrà condurre a una nuova stagione di conflitti interimperialistici. Al contempo, in questo quadro di devastazione economica e sociale e di pesante attacco persino alle condizioni di vita minimali dei lavoratori, la borghesia è consapevole del rischio di una possibile esplosione del conflitto di classe, esplosione che potrebbe, in un momento storico in cui non ha briciole da distribuire, minacciare il suo dominio.
In altri Paesi la lotta di classe ha già raggiunto livelli importanti. In Francia si susseguono grandi scioperi generali in grado di bloccare il Paese per settimane, accompagnati da manifestazioni di massa e dall'occupazione di numerose fabbriche. In Grecia dopo le manifestazioni e gli scioperi della scorsa primavera - nel corso dei quali i lavoratori, i giovani disoccupati e i pensionati hanno tentato di assaltare il Parlamento - il conflitto non si placa e sono quotidiane le iniziative di lotta contro le misure restrittive del governo. Similmente, la Spagna e il Portogallo hanno visto negli scorsi mesi manifestazioni e scioperi di massa che hanno messo in grossa difficoltà i rispettivi governi. Significativamente, in Sud Africa uno sciopero prolungato di tre settimane del pubblico impiego - organizzato nonostante le norme antisciopero - è riuscito, nell'unità di lotta con molti settori del privato, ad ottenere il ritiro dei tagli e aumenti salariali.
E' lecito prevedere che anche in Italia i fenomeni, per ora isolati e frammentari, di lotta di classe in Italia - dalla lotta degli operai dell'Alcoa alla resistenza degli operai di Pomigliano, dalla lotta delle masse proletarie di Terzigno alla protesta dei lavoratori immigrati a Rosarno - sono destinati ad estendersi. Se, nonostante i licenziamenti di massa e la pesantezza dell'attacco padronale, in Italia il conflitto non ha ancora raggiunto la radicalità di altri Paesi è soprattutto grazie alle direzioni burocratiche dei principali sindacati.
 
Le direzioni di Cisl, Uil, Ugl e Cgil: un'ancora di salvezza per il padronato
 
La Cisl, la Uil e l'Ugl si sono resi parte attiva del peggiore attacco padronale alla classe lavoratrice dal dopoguerra ad oggi: questi sindacati hanno svolto il ruolo di meri vassalli del governo e dell'imperialismo italiano. L'accordo sulla riforma degli assetti contrattuali ha dato il colpo di grazia alla contrattazione nazionale e al ruolo del sindacato. Con questo accordo, Cisl e Uil hanno rafforzato i contorni politico-organizzativi del nuovo modello di sindacato corporativo e cogestore della crisi a fianco del capitale, accentuando la subordinazione dei lavoratori alle compatibilità imposte dal sistema e dalla crisi. La conferma è venuta col recente sì al modello Marchionne: Cisl, Uil e Ugl hanno rappresentato i principali e preziosi alleati del padrone. Le legittime reazioni degli operai iscritti alla Fiom che hanno attaccato le sedi della Cisl rappresentano un primo embrione di consapevolezza, tra la classe operaia, del ruolo delle burocrazie sindacali nella cogestione dell'attacco padronale.
Allo stesso tempo, la Cgil - che pure è stata esclusa dal tavolo della concertazione ed è stata costretta a collocarsi in una posizione di opposizione di facciata (in realtà recependo e firmando la revisione degli assetti contrattuali in quasi tutti i comparti) - ha risposto all'attacco padronale con una riduzione delle mobilitazioni (i dati ufficiali parlano di un vero e proprio crollo delle ore di sciopero in questo ultimo anno e mezzo). E quando ha chiamato alla lotta lo ha fatto con la solita routine di scioperi puramente dimostrativi, mai protratti al di là di una o mezza giornata di astensione dal lavoro, in giorni diversi per le diverse categorie. Scioperi vuoti di contenuti e di radicalità, che pesano sulle tasche dei lavoratori ma non hanno portato ad alcun risultato concreto. Questo metodo di lotta crea alla lunga frustrazione e stanchezza fra i lavoratori, e viene utilizzato dalla direzione Cgil solo in funzione di riconquistare un ruolo egemone al tavolo della concertazione, oggi scalzato dalla Cisl. Non a caso, Epifani si fa garante, davanti agli occhi di Confindustria, della pace sociale, evitando addirittura di proclamare uno sciopero generale di tutte le categorie (nella probabile consapevolezza che, nel contesto economico e sociale attuale, uno sciopero generale potrebbe innescare una dinamica di conflitto di classe).
La stessa direzione della Fiom, che pure a Pomigliano si è pronunciata per il no e oggi invoca lo sciopero generale, sta facendo di tutto per procrastinare ed evitare l'esplosione del conflitto. Non è un caso che, anche nelle zone dove tradizionalmente la Fiom è più forte, le manifestazioni sono state deliberatamente organizzate in modo da creare il minor disagio possibile al padronato: scioperi centellinati e di sole poche fabbriche, manifestazioni durante la settimana separate le une dalle altre, divisione dagli scioperi dei lavoratori degli altri settori, ecc. Non solo: la generosa disponibilità alla lotta, dimostrata dagli operai di tante fabbriche, viene sistematicamente tradita dai dirigenti (e spesso dagli stessi delegati) della Fiom, che smobilitano le lotte in cambio di accordi al ribasso (accordi che prevedono cassa integrazione straordinaria, mobilità, esuberi). La stessa grande manifestazione del 16 ottobre ha avuto un carattere meramente dimostrativo (nel tentativo da parte di Landini di riaprire la contrattazione) e non ha portato, come era legittimo prevedere, a nessuna retromarcia da parte di governo e padronato (significativamente il governo qualche giorno dopo ha dato il via libera al "Collegato Lavoro", che smantella definitivamente i diritti acquisiti dai lavoratori con le lotte degli anni Sessanta e Settanta).
 
Settarismo e autoreferenzialità: gli ostacoli da superare nel sindacalismo di base
 
Se le direzioni burocratiche dei sindacati concertativi mirano a congelare il conflitto, è allo stesso tempo vero che ad oggi quei sindacati raggruppano ancora la grande maggioranza dei lavoratori. In particolare, la Fiom rappresenta oggi il principale sindacato operaio, con l'adesione di larghi settori metalmeccanici. La stessa manifestazione del 16 ottobre, con la partecipazione di centinaia di migliaia di lavoratori, così come il partecipato sciopero generale di 4 ore indetto dalla Cgil a giugno, dimostrano che l'apparato Cgil dispone ancora di grosse possibilità di mobilitazione. Da questo punto di vista, ai fini del radicamento del nostro sindacato in particolare tra la classe operaia, riteniamo necessaria la partecipazione a tutti gli scioperi e a tutte le manifestazioni potenzialmente conflittuali - sia locali che nazionali - anche se indetti dagli altri sindacati inclusi quelli concertativi, purché la nostra presenza si caratterizzi come critica aperta e frontale all'operato dei dirigenti traditori e collaborazionisti.
Da questo punto di vista, riteniamo grave la decisione da parte dell'attuale direzione di Usb di non impegnare il sindacato nella partecipazione della manifestazione del 16 ottobre: un atteggiamento autoreferenziale e autoproclamatorio - in continuità con la tendenza a proclamare scioperi separati rispetto a quelli dei sindacati concertativi - che non favorirà certo la crescita della lotta di classe nel nostro Paese. Il 16 ottobre Usb ha rinunciato alla possibilità di interloquire con le migliaia di lavoratori in piazza, in una giornata di lotta. Come dimostrano i lavoratori francesi e greci, è proprio a partire dagli scioperi e dalle manifestazioni indette dai sindacati concertativi che possono svilupparsi i momenti più acuti di conflitto. Gli stessi episodi di conflitto operaio nel nostro Paese - dall'Alcoa a Pomigliano - mostrano che la scintilla della lotta di classe può partire anche da uno sciopero indetto da un sindacato reazionario (tutti ricordano le immagini degli operai dell'Alcoa che sfondano il cordone della polizia con le bandiere della Cisl e dell'Ugl).
Il settarismo degli scioperi e delle manifestazioni separati si associa alla grave frammentazione del sindacalismo di base, a causa della quale i sindacati non concertativi non appaiono oggi un'alternativa credibile agli occhi dei lavoratori. Se con la nascita dell’Unione Sindacale di Base e l’unificazione di RdB e SdL si è fatto un primo passo verso l’unificazione del sindacalismo di base, allo stesso tempo pare ancora lontana la prospettiva di una reale unificazione di tutti i sindacati di base. Il Patto di Base, in cui tanti attivisti sindacali hanno creduto quale primo passo verso l’unificazione di tutte le sigle sindacali di base, oggi appare un progetto abbandonato per volontà delle direzioni delle varie organizzazioni. E’ necessario ripartire, invece, proprio dal Patto per arrivare ad una reale unificazione di tutto il sindacalismo conflittuale, Usb, Cub, Cobas, Slai Cobas, S.I. Cobas, ecc. Parallelamente, è necessario mantenere un’interlocuzione costante con i settori classisti di tutti gli altri sindacati. La prospettiva deve essere quella della composizione in un unico sindacato di classe, all'interno del quale viga una reale democrazia operaia.
 
La battaglia per un grande sindacato di classe che ancora non c'è
 
E' evidente, soprattutto ai lavoratori, che ancora manca nel nostro Paese un grande sindacato di classe in grado di difendere i lavoratori dagli attacchi padronali e costruire un percorso di lotte ad oltranza in grado di rovesciare gli attuali rapporti di forza tra le classi. Ciò che serve è un sindacato che, innanzitutto, difenda e metta in pratica l’indipendenza di classe, preservando cioè l’indipendenza politica della classe e costruendosi come una trincea di lotta dei lavoratori contro tutte le forme di sfruttamento capitalista e contro tutte le istituzioni a tale scopo utilizzate dalla borghesia (Stato, governi e organizzazioni imprenditoriali). Un sindacato combattivo, che metta in pratica l’idea che solo la mobilitazione permanente dei lavoratori può difendere i diritti dei lavoratori e aprire la strada a nuove conquiste. Un sindacato che, sulla base di questi principi, rivendichi: il respingimento dei licenziamenti e la difesa di tutti i posti di lavoro; la difesa del salario, con forti aumenti salariali, maggiori per le categorie meno pagate, con la riduzione drastica delle ore di lavoro; l'assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori precari; la difesa degli strati più sfruttati della classe lavoratrice, a partire dagli immigrati; pieno salario, equivalente al salario medio, per i disoccupati e i sottoccupati; aumento delle pensioni e riduzione dell'età pensionabile; organizzazione dell'autodifesa operaia a partire dai picchetti di sciopero.
Serve un sindacato che, lungi dall'isolarsi dalle lotte, sappia mettere in campo una risposta adeguata alla pesantezza dell'attacco padronale, riappropriandosi degli strumenti di lotta classici del movimento operaio: dallo sciopero ad oltranza all'occupazione delle fabbriche e di tutti i luoghi di lavoro, non accettando le logiche di compatibilità con la società borghese del capitale. E' necessario superare l'attuale frammentazione tra categorie artificialmente isolate (a partire dalla divisione tra lavoratori del privato e del pubblico impiego): i lavori sono accomunati dal fatto di subire lo stesso sfruttamento capitalistico e ogni frammentazione significa indebolimento. Al fine di superare il carattere isolato e frammentario delle lotte in corso, serve un sindacato che operi per unire le azioni delle differenti categorie di lavoratori in un'unica generale azione di classe. E’ necessario un sindacato che si ponga l'obiettivo della costruzione di un coordinamento nazionale e internazionale delle lotte al fine di superare il carattere isolato e frammentario delle lotte in corso. Imprescindibile, ai fini della costruzione di un organismo autenticamente di classe, organizzare il sindacato sulla base della democrazia operaia: potere decisionale dei lavoratori nelle assemblee, revoca dei delegati in caso di mancato rispetto o tradimento del mandato, controllo delle assemblee da parte della base, costituzione di casse di solidarietà per le lotte.
 
Vogliamo contribuire, anche nel nostro sindacato (l'Unione Sindacale di Base), alla battaglia per la costruzione di un grande e unico sindacato di classe. Crediamo che Usb possa essere uno strumento importante ai fini di questa battaglia e, per questo, ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci nella sua costruzione e nel suo radicamento nei posti di lavoro e nella lotte. Sulla base dei principi programmatici sopra esposti, costituiamo un'area interna a Usb, che chiamiamo UNIRE LE LOTTE - AREA CLASSISTA USB.
 

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