Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 19 luglio 2011

L'overdose liberista


Marco Bertorello e Danilo Corradi, Fonte http://www.ilmegafonoquotidiano.it

Proviamo a uscire da uno sguardo provinciale e a leggere le vicende italiane dentro un quadro internazionale che non appare in definitiva molto differente da quello nostrano. Le necessità della sfera economica, almeno nei paesi occidentali, appaiono sempre più divaricanti dalla società. Non è un caso che proprio in questi giorni sia sulla graticola parlamentare americana il debito pubblico federale, con un duro scontro tra democratici e repubblicani che ha come posta in gioco un eventuale default che condurrebbe a un baratro economico-finanziario con ripercussioni ben oltre la principale potenza mondiale. Altro che effetto contagio per il fallimento dei cosiddetti Pigs! Un altro esempio consiste nell'insipienza e nel ritardo con cui viene affrontata in sede europea la questione degli aiuti e del salvataggio di numerosi paesi aderenti, frutto di calcoli di bottega, in cui nessuno, in particolare la Germania, deve apparire al proprio elettorato come il donatore di sangue di ultima istanza.In questo quadro c'è un problema di natura della politica che non le consente di sovrapporsi meccanicamente alle richieste dell'economia. Per quanto in maniera aleatoria e manipolata un sistema democratico deve saper rispondere ad alcuni criteri di rappresentanza, benché sia conclamato che non vi sia alcuna ambizione a perseguire la coesione sociale, almeno un problema di consenso esiste, diciamo di autoconservazione.La politica non riesce ad essere funzionale all'economia dominante fino in fondo. Essa appare a dir poco insufficiente. Ma non solo per chi paga il principale prezzo della crisi, a partire dal mondo del lavoro e dalle classi subalterne in genere, ma persino per quei poteri forti ed egemoni dal carattere bulimico che da questa crisi non vedono altro che un'occasione, da perseguire con determinazione, per rilanciare le ricette fondanti il capitalismo contemporaneo. Sia chiaro però che a fronte di questa crisi non emergono neppure alternative significative, se da un lato esiste un problema di legittimità, dall'altro nessuno osa avanzare progetti adeguati alla profondità dei problemi. La sudditanza della politica si misura comunque in questa sua incapacità. Nessun schieramento si pone i problemi dal punto di vista complessivo, nessuno prova a uscire dal terreno tradizionale imposto dalle ricette liberiste.Ecco, dunque, le pressioni per forzare una politica recalcitrante oltre che priva di un suo progetto autonomo. Pressioni che arrivano in Italia da svariate parti. L'ultima è rappresentata dal «Manifesto del Sole 24 Ore» apparso sabato 16 luglio sul giornale confindustriale e che non a caso ha riscontrato il favore di Napolitano il quale ha prontamente riconosciuto «il contributo che offre, rispetto ai più scottanti temi economici del momento». Il clima è quello dell'emergenza da affrontare mediante una ritrovata unità nazionale. Non basta la finanziaria di Tremonti.Questo Manifesto consiste in nove impegni che il governo dovrebbe adottare per la crescita. In sintesi i punti che sarebbero necessari per salvare l'Italia sono: 1) riduzione della tassazione sul lavoro, 2) Innalzamento dell'età pensionabile obbligatorio per tutti a 70 anni da raggiungere nel 2020 anziché nel 2050 come previsto in finanziaria, 3) adozione da parte dell'Ue di eurobond (titoli di debito europeo) per sostenere i Paesi in difficoltà 4) Scossa forte sulle privatizzazioni, 5) Un piano di liberalizzazioni, 6) Definizione di un patto di stabilità interno, 7) Aumento delle rette universitarie, 8) Trasparenza della pubblica amministrazione, 9) Riduzione dei costi della politica. Un programma che tranne i condivisibili punti 8 e 9 e il discutibile punto 3 rappresenta l'ennesima scure sulle fasce più deboli. C'è tutto il tradizionale bagaglio liberista dalla riduzione delle tasse che non si tramutano in un rafforzamento del welfare fino alla ripresa delle liberalizzazioni sinonimo di privatizzazioni. Alla faccia delle recenti indicazioni popolari. Si parla inoltre di aumento delle tasse universitarie, in questo caso l'aumento è giustificabile, per chi può permetterselo, mentre dovrebbero essere aiutati gli studenti meno abbienti, ma che dimostrano di fare sul serio. Il tema delle selezione ritorna ad essere una semplice questione di volontà individuale. Un po' come sta tornando ad esserlo il possesso di un'occupazione. Per non parlare dell'aumento obbligatorio dell'età pensionabile a 70 anni per tutti, un provvedimento che non è la risposta ad un deficit delle casse previdenziali Inps, ma semplicemente per sottrarre denaro al lavoro subordinato in chiave di un risanamento del bilancio e di assistenza (si veda la cassa integrazione ordinaria e straordinaria). Come se il problema fosse lavorare di più quando è difficile trovare un'occupazione che accantona contributi previdenziali oppure a non essere espulsi anzitempo dal ciclo produttivo.Dopo la partecipazione alle recenti elezioni amministrative e soprattutto ai referendum la sensazione è che vi sia un impegno, neppure troppo sotto traccia, per provare a richiudere la porta del protagonismo sociale, uno spirito da emergenza nazionale che rispolvera i soliti cliché del rigore e del doppiopesismo. Ormai sono quasi quarant'anni che i provvedimenti sono sulla falsariga di questo Manifesto del Sole, potremmo sostenere che non siano neppure variazioni sul tema, ma semplicemente degli approfondimenti delle medesime politiche economiche. Stiamo somministrando dosi sempre più forti degli stessi farmaci che da anni stanno dimostrando la loro inefficacia, il rischio è di morire di overdose.
 

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