Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 19 luglio 2011

Ma quel movimento aveva ragione

A rileggere i testi degli interventi al Public Forum che accompagnò le proteste di Genova contro il vertice degli “Otto grandi” nel 2001, si resta sorpresi per la perspicacia di alcunevalutazioni e previsioni. Walden Bello, sociologo filippino, fondatore del Focus  on the Global South, sotto il tendone allestito a Punta Vagno, sul lungomare della città, annunciò l’inevitabile crak della finanza mondiale: “Il sistema produttivo –disse Bello nel luglio 2001- non produce più ricchezza. Entriamo in una fase di grave recessione economica. È una crisi di sovrapproduzione: gran parte dei profitti e dei capitali si è mossa dal settore reale a quello finanziario. In poche settimane, a Wall Street, oltre 4,6 trilioni di dollari sono stati bruciati. Il settore finanziario non è in grado di stabilizzare il capitalismo”. Sono passati dieci anni e l’illusione che il “libero mercato” e i movimenti di capitale possano condurre a un’estensione planetaria della società dei consumi è svanita con l’esplosione dei titoli “tossici” e la recessione globale, proprio come diceva Bello. A Genova nel 2001 si parlava di Tobin Tax, di cancellazione del debito contratto dai Paesi del Sud del mondo coi dominatori del pianeta, dell’impoverimento causato dalle politiche di “aggiustamento strutturale” imposte dal Fondo monetario internazionale, del diritto alla salute confiscato dalla logica del profitto transnazionale, dei cambiamenti climatici incombenti, dell’obiettivo della sovranità alimentare da contrapporre alla micidiale miscela di ultraliberismo (nei Paesi poveri) e protezionismo (in quelli dominanti) imposta dall’agroindustria. A Genova si parlava anche di acqua, anticipando battaglie politiche dei giorni nostri. “Nel mondo un miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile -disse Riccardo Petrella durante un seminario-. Il dominio sull’acqua rischia di provocare innumerevoli
conflitti territoriali, rovinose battaglie economiche e industriali. Bisogna impedire la petrolizzazione dell’acqua. Non è giustificabile considerare l’acqua come fonte di profitto”.
Queste parole, come altri interventi di quei giorni, hanno spinto a denominare “Cassandra” -come la figura mitologica che aveva il dono della profezia e la condanna d’essere invisa ai più e quindi incapace di cambiare il corso degli eventi- la mostra che sarà allestita a Genova durante le manifestazioni per il decennale di quelle formidabili e insieme terribili giornate. Nel decennio che abbiamo alle spalle, mentre la storia dava ragione al movimento-Cassandra, l’ubriacatura liberista è arrivata al suo culmine.


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