Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 24 ottobre 2011

Una risata seppellirà il Tav

Vittorio Vb Bertlola

Si erano proprio sbizzarriti, i politici torinesi, nell’associare il movimento No Tav alle violenze di Roma, nel descrivere uno scenario in cui centinaia di violenti d’Italia e d’Europa si sarebbero radunati a Giaglione per la manifestazione di oggi. Cota: “Abbiamo ragione di ritenere che ci sia una strategia per ripetere la violenza che abbiamo visto a Roma”. Fassino: “Il prefetto faccia luce sui black bloc in valle, le violenze di Roma siano un monito per tutti”. Saitta: “Il movimento No Tav annuncia di fare azioni eversive”. Idem i giornali, a partire da Repubblica: “I No Tav violenti pronti alla lotta”.
Tutto questo era sfociato in un imponente schieramento di 1700 agenti (pagati da tutti noi) e in una assurda ordinanza del questore che vietava di fatto il corteo: prevedeva “il divieto di accesso a tutti i sentieri… che conducano all’area di cantiere” e “divieti di transito ed accesso nelle strade comunali di Giaglione per Frazione San Rocco e Frazione San Giovanni”, quelle che portano a Chiomonte, con tanto di sparata: “le aree oggetto di divieto saranno comunque precluse da sbarramenti invalicabili”.
Oggi, (ieri ndr)  il movimento No Tav non ha solo battuto lo Stato: l’ha reso ridicolo. Ha svilito politici e giornalisti, perché diecimila persone a volto scoperto sono sfilate per valli e sentieri, si sono schierate a due metri dal cantiere, hanno attraversato interi schieramenti di poliziotti senza che volasse in aria nemmeno una castagna - altro che black bloc e violenze.
E ha svilito i tutori dell’ordine: diecimila persone hanno imboccato tranquillamente la strada di San Giovanni, fregandosene del questore. Hanno attraversato la frazione, preso i sentieri vietati, tagliato la prima rete di recinzione, con la semplice forza del numero. Hanno aggirato il secondo sbarramento prendendo i sentieri, chi sotto verso il fiume, chi sopra verso la montagna.
A quel punto (13:05) la Digos ha detto ai giornali che il primo “sbarramento invalicabile” non era poi così importante, era “simbolico”, ma il terzo sbarramento, il ponticello sul rio Clarea, era insuperabile:“Il limite è inviolabile, chi tenterà di superarlo sarà denunciato”. Non hanno fatto nemmeno in tempo a dirlo e hanno scoperto che il corteo era già alle loro spalle, attraversando il rio presso uno dei tanti guadi. Si sono dovuti arrendere; mezz’ora dopo migliaia di persone erano davanti e dentro la storica baita “abusiva”, tre chilometri dentro la zona rossa e dentro l’area ufficiale del cantiere, dove hanno allegramente organizzato una grande polentata.
La polizia ha chinato la testa e ha addirittura rimosso i suoi stessi sbarramenti, permettendo il deflusso dei manifestanti per la via maestra; una marea umana ha sciamato sul ponte del Clarea in mezzo a uno schieramento di poliziotti scornati, a cui peraltro va la mia solidarietà, perché la figuraccia è solo la conseguenza delle scelte insensate dei loro capi e dei politici.
Il movimento No Tav ha dato una grande prova all’Italia: con la disobbedienza civile, nonviolenta e determinata di migliaia di persone unite, anche le barriere militari diventano inefficaci. Ora gli uomini dello Stato dicono che i divieti da loro imposti erano simbolici, che in fondo non è stata violata l’ultima recinzione interna del “cantiere” (che, ricordiamo, è solo un piazzale pieno di camionette, perché non c’è traccia di lavori in corso, e peraltro occupa terreni privati mai espropriati ma occupati grazie a una ordinanza “di emergenza” che si trascina da mesi), che se non è successo niente è merito di politici e questure (dopo che hanno soffiato sul fuoco per una settimana).
Così facendo, si rendono sempre meno credibili, da soli. Se sapremo mantenere questa via, presto lo Stato saremo di nuovo e davvero noi; e una risata seppellirà il Tav.



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