A Los Angeles la vita è più rilassata, un
musicista ha un po’ di quella sicurezza in più che a New York manca. Questo rende più facile il lavoro
creativo. A New York tutto è
difficile e si muove in fretta. In un certo senso New
York può essere eccitante, ma un musicista è talmente impegnato nella lotta per l’esistenza che ha minori
opportunità di sperimentare. Questo era il clima in cui negli anni ’50 si diffondeva il jazz della costa occidentale.
Uno stile meno frenetico e pirotecnico del
Be Bop dei neri. Era una musica dove le linee melodiche venivano eseguite in
modo più pulito, c’era maggiore attenzione per gli arrangiamenti. Un jazz bianco,
forse più commerciale, ma gravido di sperimentazioni, riletture e partiture
stimolanti. E’ in questo clima che inizia la carriera di uno dei più grandi
chitarristi della storia dal jazz. Jim Hall. In quella Los Angeles dove iniziava ad affermarsi la
musica dei Gerry Mulligan, Chet Baker,
Stan Getz e gli altri mostri sacri della West Coast, Jim iniziò a mettersi in luce nel quintetto del
batterista Chico Hamilton con Buddy
Colette al sassofono e clarinetto.
Influenzato come tanti chitarristi dal
linguaggio di Charlie Christian, l’insuperabile maestro iniziatore di una nuova
era nella chitarra nel jazz, Hall divenne
uno dei più raffinati poeti dello strumento.
Misurato nell’improvvisazione con un
fraseggio cristallino, dalle sonorità pulite,
ma sempre stimolate e originale. Struggente
e lirica è la sua performance nel Concierto
de Aranjuez con Chet Baker alla tromba,
Steve Gadd alla batteria, Paul Desmond al sax alto, Roland Hanna al pianoforte
e Ron Carter al contrabbasso. Ma Jim Hall non è stato solo il profeta della
West Coast. Il suo stile ha attraversato
il Be Bop con Charlie Parker , passando attraverso il cool jazz affianco dl raffinato pianista Bill Evans, fino a
giungere alla straordinaria collaborazione con
l’immenso ed eclettico Pat Metheney.
Un altro assoluto innovatore della chitarra jazz e non solo. Jim Hall purtroppo è scomparso il 10 dicembre scorso . E’ stato
trovato morto nel suo letto aveva compiuto 83 anni pochi giorni prima il 4
dicembre. Ad Aut piace ricordarlo con un piccolo frammento che
lo riguarda tratto dal libro “Stasera Jazz” di Arrigo Polillo. “Quando Tornai a New York non avevo che l’imbarazzo
della scelta. La prima sera optai per l’Half Note, in cui si esibiva il quartetto
di Jim Hall e Richie Kamuca. Purtroppo il locale è il più rumoroso fra quanti io
abbia frequentato: tutti parlano ad altissima voce, forse contagiati da un
pestilenziale cameriere tedesco che gira fra i tavoli con la pretesa di far da
animatore, gracchiando a ogni istante : “Is evrybody happy?”. Però Hall suona splendidamente, come se nulla fosse, e anche Kamuca- il valoroso tenorsassofonista che diede lustro al jazz della West Coast
- appare in forma eccellente. ‘ Come fai
a suonare così con tutto questo baccano?’ Chiesi a Jim. Ma il sorridente
chitarrista mi spiega che è da poco tornato al jazz dopo essersi dedicato a
lungo alla musica commerciale (si è sposato e ha avuto bisogno di soldi ) ed è
quindi felice di suonare. Poi mi chiede notizie di Franco Cerri e di altri
amici italiani; infine mi presenta i
proprietari del locale che sono degli italo-americani e si chiamano Canterino. Quando me ne vado mi imbatto in Art Farmer :
suonerà nel locale la settimana successiva, e
intanto è venuto a sentire il suo amico Jim”. Quell’amico, quello straordinario
musicista a cui il mondo del jazz in lutto tributa un ultimo saluto. Ciao Jim
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