Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 13 dicembre 2013

Lutto nel mondo dal Jazz. Scompare Jim Hall

Luciano Granieri


 A Los Angeles la vita è più rilassata, un musicista ha un po’ di quella sicurezza in più che a New York manca.  Questo rende più facile il lavoro creativo.  A New York   tutto è difficile e si muove in fretta. In un certo senso   New York può essere eccitante, ma un musicista è talmente impegnato  nella lotta per l’esistenza che ha minori opportunità di sperimentare. Questo era il clima in cui negli anni ’50 si  diffondeva il jazz della costa occidentale. Uno stile meno frenetico  e pirotecnico del Be Bop dei neri. Era una musica dove le linee melodiche venivano eseguite in modo più pulito, c’era maggiore attenzione per gli arrangiamenti. Un jazz bianco, forse più commerciale, ma gravido di sperimentazioni, riletture e partiture stimolanti. E’ in questo clima che inizia la carriera di uno dei più grandi chitarristi della storia dal jazz. Jim Hall. In quella Los Angeles      dove  iniziava ad affermarsi   la musica dei Gerry  Mulligan, Chet Baker, Stan Getz e gli altri mostri sacri della West Coast, Jim  iniziò a mettersi in luce nel quintetto del batterista  Chico Hamilton con Buddy Colette al sassofono    e clarinetto.  Influenzato come tanti chitarristi dal linguaggio di Charlie Christian, l’insuperabile maestro iniziatore di una nuova era nella chitarra nel jazz,  Hall divenne uno dei più raffinati poeti dello strumento.     Misurato  nell’improvvisazione  con  un fraseggio cristallino, dalle sonorità pulite,  ma  sempre stimolate e originale. Struggente e lirica  è la sua  performance   nel Concierto de Aranjuez  con Chet Baker alla tromba, Steve Gadd alla batteria, Paul Desmond al sax alto, Roland Hanna al pianoforte e Ron Carter al contrabbasso.   Ma Jim Hall non è stato solo il profeta della West Coast.  Il suo stile ha attraversato il Be  Bop  con Charlie Parker ,  passando attraverso il cool jazz  affianco  dl raffinato pianista Bill Evans, fino a giungere alla straordinaria collaborazione con  l’immenso ed eclettico Pat Metheney.  Un altro assoluto innovatore della chitarra jazz e non solo.  Jim Hall purtroppo  è scomparso il 10 dicembre scorso . E’ stato trovato morto nel suo letto aveva compiuto 83 anni pochi giorni prima il 4 dicembre.  Ad Aut  piace ricordarlo con un piccolo frammento che lo riguarda tratto dal libro “Stasera Jazz” di Arrigo Polillo. “Quando Tornai a New York non avevo che l’imbarazzo della scelta. La prima sera optai per l’Half Note, in cui si esibiva il quartetto di Jim Hall e Richie Kamuca. Purtroppo il locale è il più rumoroso fra quanti io abbia frequentato: tutti parlano ad altissima voce, forse contagiati da un pestilenziale cameriere tedesco che gira fra i tavoli con la pretesa di far da animatore, gracchiando a ogni istante : “Is evrybody happy?”.  Però Hall suona splendidamente, come  se nulla fosse, e anche Kamuca-  il valoroso tenorsassofonista  che diede lustro al jazz della West Coast -  appare in forma eccellente. ‘ Come fai a suonare così  con tutto questo  baccano?’ Chiesi a Jim. Ma il sorridente chitarrista mi spiega che è da poco tornato al jazz dopo essersi dedicato a lungo alla musica commerciale (si è sposato e ha avuto bisogno di soldi ) ed è quindi felice di suonare. Poi mi chiede notizie di Franco Cerri e di altri amici italiani; infine mi presenta  i proprietari del locale che sono degli italo-americani e si chiamano Canterino.  Quando me ne vado mi imbatto in Art Farmer : suonerà nel locale la settimana successiva, e  intanto è venuto a sentire il suo amico  Jim”. Quell’amico, quello straordinario musicista a cui il mondo del jazz in lutto tributa un ultimo saluto. Ciao Jim

Nessun commento:

Posta un commento