Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 10 ottobre 2014

Articolo 18, la delega in bianco è incostituzionale

Pier Giovanni Alleva. fonte "il manifesto"


Il governo pone all’approvazione del Senato, ricat­tato dal voto di fidu­cia, un dise­gno di legge delega in mate­ria di lavoro ulte­rior­mente peg­gio­rato rispetto alla pro­po­sta ori­gi­na­ria. È un testo squi­li­brato, ipo­crita e incostituzio­nale per­ché con­tiene una disci­plina inu­til­mente det­ta­gliata di argo­menti minori, come per­messi paren­tali e fun­zio­na­mento dei Cen­tri per l’impiego, ma lascia totale mano libera all’esecutivo sui temi essen­ziali del pre­ca­riato, delle garan­zie nel rap­porto di lavoro e degli ammor­tiz­za­tori sociali.
Infatti nes­sun con­tratto pre­ca­rio viene abo­lito e sul tema fon­da­men­tale dell’articolo 18 per il momento si tace, ma poi ci si riserva di inter­ve­nire diret­ta­mente, ovvia­mente in senso puni­tivo, nei decreti dele­gati, ossia al di fuori di qual­siasi con­trollo e voto del par­la­mento. Allo stesso modo il governo si riserva di rego­lare a suo arbi­trio, nei decreti dele­gati, l’indennità di disoc­cu­pa­zione e ciò che resta della cassa integrazione.
Que­sto modo di pro­ce­dere è inco­sti­tu­zio­nale per­ché l’articolo 76 della Costi­tu­zione sta­bi­li­sce invece, a garan­zia della cen­tra­lità del par­la­mento, che la legge delega debba fis­sare essa stessa, con riguardo all’emanazione dei suc­ces­sivi decreti dele­gati, i cri­teri diret­tivi, che non pos­sono in nes­sun modo essere sur­ro­gati da ordini del giorno o da prese di posi­zione in sede poli­tica. Ove il capo dello Stato pro­mul­gasse quindi que­sta legge delega voluta dal governo, vio­le­rebbe lui stesso la Costituzione.
Una pre­ci­sa­zione, poi, è oppor­tuna e neces­sa­ria: non è suf­fi­ciente in una legge delega evo­care dei titoli e dei temi come potreb­bero essere la disciplina della cassa inte­gra­zione o dei licen­zia­menti o dei tra­sfe­ri­menti, senza indi­care anche in quale dire­zione devono andare le future modi­fi­che nor­ma­tive. Affer­mare ad esem­pio come dice la delega che il governo è auto­riz­zato a fare un decreto sull’ambito di appli­ca­zione della cassa integra­zione signi­fica pur sem­pre dare una delega in bianco per­ché non si com­prende se quell’ambito di appli­ca­zione debba essere allar­gato o al con­tra­rio ristretto rispetto alla situa­zione attuale.
Così non baste­rebbe dire che il governo è auto­riz­zato a sta­bi­lire una nuova disci­plina delle san­zioni per i licen­zia­menti ille­git­timi se non si dice per quale tipo di licen­zia­mento e con quale tipo di san­zione, se mone­ta­ria, di rein­te­gra o ambe­due. Que­sta quindi è la pro­fonda ipo­cri­sia nel maxiemenda­mento alla legge delega, quella cioè di met­tere l’uno vicino all’altro cri­teri diret­tivi effet­tivi per gli argo­menti di minore impor­tanza e invece dei meri titoli per quelli dav­vero deci­sivi onde con­sen­tire poi al governo di legi­fi­care a suo avviso.
Que­sto modo di pro­ce­dere è già stato stig­ma­tiz­zato dalla Corte costituzionale e porta a pre­ve­dere un’impugnazione siste­ma­tica dei decreti ema­nati non già sulla base di cri­teri diret­tivi ma con rife­ri­mento a un semplice «titolo». Que­sta cri­tica di fondo non toglie che comun­que il maxie­men­da­mento pre­veda anche alcune dispo­si­zioni più pre­cise e sporadi­che, comun­que pes­sime, e ci rife­riamo in par­ti­co­lare a una cosiddetta nuova disci­plina delle man­sioni che fini­rebbe col ren­dere lecito il deman­sio­na­mento e dun­que il mob­bing, con l’alibi ricat­ta­to­rio della sua neces­sità per ragioni orga­niz­za­tive che in defi­ni­tiva lo stesso impren­di­tore definirebbe.
Viene altresì legit­ti­mata, sotto un’apparenza tec­ni­ci­stica, l’attività di controllo ossia di spio­nag­gio a carico del lavo­ra­tore. Con riguardo agli ammor­tiz­za­tori sociali la nuova inden­nità di disoc­cu­pa­zione di cui non è spe­ci­fi­cata né la durata né gli importi rispon­de­rebbe comun­que a un crite­rio asso­lu­ta­mente errato e cioè a quello della pro­por­zio­na­lità della durata dell’integrità all’anzianità di lavoro pre­ce­den­te­mente matu­rata. Que­sto signi­fica che l’annunciata appli­ca­zione dell’indennità di disoccupazione anche ai rap­porti pre­cari si ridur­rebbe a una sorta di burletta per­ché a una breve durata del con­tratto cor­ri­spon­de­rebbe una ancora più breve durata dell’indennità di disoccupazione.
Infine c’è l’ambiguità più grave e peri­co­losa che riguarda i con­tratti a tutela pro­gres­siva di futura intro­du­zione e il dilemma è que­sto: tutto quello che si dice e si pole­mizza circa l’abolizione o quasi abo­li­zione della rein­te­gra nel posto di lavoro in caso di licen­zia­mento ille­git­timo riguar­de­rebbe solo que­sti nuovi futuri con­tratti o tutti i rap­porti già in essere come è acca­duto con la legge Fornero?
Non c’è dav­vero da fidarsi per­ché la legge delega con­tiene una super­norma in bianco che è quella della reda­zione di un testo orga­nico «sem­pli­fi­cato» di disci­plina dei vari tipi di con­tratto e al suo interno potrebbe esservi davvero di tutto, a comin­ciare dall’eliminazione della rein­te­gra anche per i milioni di lavo­ra­tori che attual­mente godono di tale garanzia.
La vigi­lanza non è dav­vero mai troppa quando si ha a che fare con per­sone abi­tuate a dire e disdire, pro­met­tere e non man­te­nere, come il pre­si­dente Renzi. Con lui non si può mai essere «sereni».


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