Infatti
nessun contratto precario viene abolito e sul tema fondamentale
dell’articolo 18 per il momento si tace, ma poi ci si riserva di intervenire
direttamente, ovviamente in senso punitivo, nei decreti delegati, ossia al
di fuori di qualsiasi controllo e voto del parlamento. Allo stesso
modo il governo si riserva di regolare a suo arbitrio, nei decreti delegati,
l’indennità di disoccupazione e ciò che resta della cassa integrazione.
Questo
modo di procedere è incostituzionale perché l’articolo 76 della
Costituzione stabilisce invece, a garanzia della centralità del
parlamento, che la legge delega debba fissare essa stessa, con riguardo
all’emanazione dei successivi decreti delegati, i criteri direttivi,
che non possono in nessun modo essere surrogati da ordini del giorno
o da prese di posizione in sede politica. Ove il capo dello Stato promulgasse
quindi questa legge delega voluta dal governo, violerebbe lui stesso la
Costituzione.
Una
precisazione, poi, è opportuna e necessaria: non è sufficiente
in una legge delega evocare dei titoli e dei temi come potrebbero essere
la disciplina della cassa integrazione o dei licenziamenti o dei
trasferimenti, senza indicare anche in quale direzione devono andare le
future modifiche normative. Affermare ad esempio come dice la delega che
il governo è autorizzato a fare un decreto sull’ambito di applicazione
della cassa integrazione significa pur sempre dare una delega in bianco perché
non si comprende se quell’ambito di applicazione debba essere allargato
o al contrario ristretto rispetto alla situazione attuale.
Così
non basterebbe dire che il governo è autorizzato a stabilire una
nuova disciplina delle sanzioni per i licenziamenti illegittimi se
non si dice per quale tipo di licenziamento e con quale tipo di sanzione,
se monetaria, di reintegra o ambedue. Questa quindi è la profonda
ipocrisia nel maxiemendamento alla legge delega, quella cioè di mettere
l’uno vicino all’altro criteri direttivi effettivi per gli argomenti di
minore importanza e invece dei meri titoli per quelli davvero decisivi
onde consentire poi al governo di legificare a suo avviso.
Questo
modo di procedere è già stato stigmatizzato dalla Corte
costituzionale e porta a prevedere un’impugnazione sistematica
dei decreti emanati non già sulla base di criteri direttivi ma con riferimento
a un semplice «titolo». Questa critica di fondo non toglie che comunque
il maxiemendamento preveda anche alcune disposizioni più precise
e sporadiche, comunque pessime, e ci riferiamo in particolare
a una cosiddetta nuova disciplina delle mansioni che finirebbe col rendere
lecito il demansionamento e dunque il mobbing, con l’alibi ricattatorio
della sua necessità per ragioni organizzative che in definitiva lo stesso
imprenditore definirebbe.
Viene
altresì legittimata, sotto un’apparenza tecnicistica, l’attività di
controllo ossia di spionaggio a carico del lavoratore. Con riguardo
agli ammortizzatori sociali la nuova indennità di disoccupazione di cui
non è specificata né la durata né gli importi risponderebbe comunque
a un criterio assolutamente errato e cioè a quello della proporzionalità
della durata dell’integrità all’anzianità di lavoro precedentemente maturata.
Questo significa che l’annunciata applicazione dell’indennità di
disoccupazione anche ai rapporti precari si ridurrebbe a una sorta di
burletta perché a una breve durata del contratto corrisponderebbe
una ancora più breve durata dell’indennità di disoccupazione.
Infine
c’è l’ambiguità più grave e pericolosa che riguarda i contratti
a tutela progressiva di futura introduzione e il dilemma
è questo: tutto quello che si dice e si polemizza circa
l’abolizione o quasi abolizione della reintegra nel posto di lavoro in
caso di licenziamento illegittimo riguarderebbe solo questi nuovi futuri
contratti o tutti i rapporti già in essere come è accaduto
con la legge Fornero?
Non
c’è davvero da fidarsi perché la legge delega contiene una supernorma in
bianco che è quella della redazione di un testo organico «semplificato»
di disciplina dei vari tipi di contratto e al suo interno potrebbe
esservi davvero di tutto, a cominciare dall’eliminazione della reintegra
anche per i milioni di lavoratori che attualmente godono di tale
garanzia.
La
vigilanza non è davvero mai troppa quando si ha a che fare con persone
abituate a dire e disdire, promettere e non mantenere, come
il presidente Renzi. Con lui non si può mai essere «sereni».
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