Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 9 ottobre 2014

La lunga scia di sangue lasciata dal capitale finanziario

Luciano Granieri



Le  schegge violente, armate dal capitale finanziario per proteggere i propri interessi geopolitici, ogni qual volta ce ne è stato bisogno, sono  ormai diventate incontrollabili.  I jihadisti dell’ISIS non combattono solo in Iraq e in Siria ma hanno fatto proseliti anche in Europa. Oltre ad  un buon numero di Europei e Statunitensi , che hanno deciso  di arruolarsi nell’esercito del Califfato,  esistono numerose falange di jihadisti operanti  all’interno delle Nazioni occidentali.  In Germania militanti dell’ISIS hanno aggredito manifestanti Kurdi che protestavano per la blanda difesa da parte delle forze occidentali coalizzate  dell’enclave kurda di Kobe al confine con la Turchia. Gravi scontri sono accaduti ad Amburgo e a Cell, come RIPORTIAMO  in altra parte del blog. 

Il capitale finanziario dopo aver armato , tramite i rivoluzionari siriani cooptati contro il regime di Al-Sadr,  i guerriglieri dell’ISIS,  dopo aver consentito che un numero considerevole di militari sunniti delle truppe di Saddam, trovassero asilo presso il Califfato, ora si sta accorgendo della catastrofe.  Ciò è avvenuto molto in ritardo. Dal momento in cui l’ISIS si è impadronito dei grandi  pozzi petroliferi di Mosul e Tikrit. Perché questo è il vero motivo della reazione all’invasione di eserciti, armati da coloro i quali ora ne subiscono l’attacco.  I profughi, i morti, non hanno molto significato. Hanno ragione i kurdi a protestare per la blanda difesa occidentale di Kobe.  

Infatti dietro il Califfato si celano gli interessi dell’Arabia  Saudita, che  intrattiene rapporti finanziari con tutta la finanza occidentale. Dunque si faccia la guerra di difesa, ma non troppo. Ci si può spartire il petrolio da buoni compari.  Si mandino allo sbaraglio i Peshmerga  Kurdi  armandoli con  materiale preistorico del tutto insufficiente per contrastare l’avanzata jihadista. Del resto  la lotta per l’autodeterminazione del popolo kurdo non è mai stata vista di buon occhio dalla comunità capitalistico-finanziaria . 

Dal lato occidentale, lo svuotamento ideologico delle comunità, fondamentale per la tranquilla espansione del capitale finanziario,  ha  creato un vuoto in cui molti giovani,  in cerca di un’ideale, qualsiasi esso sia, si sono inseriti sposando la causa idealisticamente forte del Califfato.  

I giochi di guerra del capitale finanziario hanno origini antiche. L’armamento dei Talibani afghani, prima utilizzati per reprimere la rivoluzione comunista in atto nel paese,  e poi combattuti come terroristi, l’armamento di Saddam, dittatore  usato  per tutelare gli interessi capitalistici contro l’Iran, e poi  divenuto acerrimo nemico,  non sono che gli esempi più recenti.  

Andando indietro nella  storia si può rilevare come durante la seconda guerra mondiale grossi trust statunitensi continuarono a fare affari con i tedeschi. Nei bombardamenti  di Francoforte sul Meno gli americani rasero al suolo la città, ma lasciarono intatti gli imponenti  fabbricati della Farben. Un gigantesco trust chimico che aveva accordi di cartello con la Standard Oil del New Jersey, con la Du Pont de Nemours, e con la Ethy Gasoline Corp, detenuta per metà  dalla General  Motor. La Ferben era stata le più forte sostenitrice finanziaria di Hitler. Al processo di Norimberga fu provato che la multinazionale    aveva effettuato  esperimenti con prodotti chimici e droghe sui detenuti dei campi di sterminio. Era arrivata addirittura ad acquistare donne dal campo   di Auschwitz per proseguire negli esperimenti. 

Qualche anno prima  dinanzi alla guerra civile Spagnola i democraticissimi americani, vicini alla Repubblica Spagnola, minacciata della dittatura, rifiutarono  qualsiasi coinvolgimento diretto e indiretto nella contesa, perché una legge neutralista giustificava un intervento nei contenziosi fra Stati ma  non nelle guerre civili. Nel frattempo  continuarono a vendere all’Italia qualsiasi tipo di materiale bellico e ad intrattenere, strettissimi rapporti economici con la Germania, fingendo di non sapere che  le truppe ribelli di Franco senza l’apporto di mezzi ,  uomini e delle aviazioni italiane e tedesche non avrebbero potuto prendere il potere.  

A testimonianza dello sdegno che un tale atteggiamento provocò presso alcune parti della società civile americana, a distanza di anni, il contrabbassista Charlie Haden realizzò con la sua “Liberation Music Orchestra”  composta fraternamente da bianchi come lui (Carla Bley, Mike Mantler, Gato Barbieri, Roswell Rudd) e neri (Don Cherry, Dewey Redman, Andrew Cyrille e Howard Johnson) un disco in cui con rabbia ed irrisione  vennero incisi, riarrangiati secondo il linguaggio jazzistico free,  i canti della guerra popolare spagnola   (El quinto Regimiento, Los Quatros, Generales, Viva la Quince Brigada) accompagnando le musiche con forti dichiarazioni secondo le quali il disco era stato realizzato per lottare contro il razzismo, la guerra e la povertà. La Storia si ripete dunque e le ragioni degli affari e del capitale continuano a produrre carne da macello oltre che povertà e disagio sociale. Quanto avevano ragione quei partigiani che interpretarono la lotta di liberazione come contrasto alla dittatura del capitale prima che ai Fascisti  e ai Tedeschi!


Liberation Music Orchestra
Track: El Quinto Regimiento / Los Cuatro Generales / Viva la Quince Brigada (The Fifth Regiment / The Four Generals / Long Live the Fifteenth Brigade)

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