Domani è il 2 giugno 2015. Non è uno scoop, basta guardare
il calendario. Senonchè il 2 giugno di 69 anni fa pare sia
stato indetto un referendum per il quale l’Italia sia assurta al rango di
Repubblica Democratica, licenziando definitivamente il regime monarchico. Pare,
inoltre, che per la prima volta a
pronunciarsi sulla questione siano state coinvolte anche le donne, alle quali, mai prima di allora, era stato consentito di votare.
C’è da festeggiare? Secondo
le ordinanze prefettizie si. Non sia andrà
a scuola e gli uffici pubblici rimarranno chiusi. Ovviamente la grande
distribuzione se ne fotte di queste quisquilie. Cosa vuoi che sia un passaggio storico così
importante di fronte alla possibilità di vendere un etto di mortadella in più o
di schiavizzare un po’ di disgraziati che pur di tirare avanti sono disponibili
a sacrificare al capitale la loro vita, 24 ore su 24, natale a pasqua compresi? Alla faccia della
Repubblica fondata sul lavoro e non sullo sfruttamento.
Siamo sicuri che la fondamentale portata democratica del referendum
di 69 anni fa, così storicamente importante,
sia giunta fino a noi intatta? Quanto già scritto sulla faccenda degli ipermercati aperti
potrebbe far nascere dei dubbi. E riflettendo con più attenzione i dubbi si trasformano
in inoppugnabili contraddizioni.
Cominciamo dell’istituzione del referendum, un esercizio di democrazia sublime in cui il
cittadino è chiamato direttamente a decidere su alcuni aspetti della propria vita sociale. Ha
senso celebrare tale avanzamento democratico quando nel 2011, una sacrosanta prescrizione
referendaria sull’assoluto divieto di realizzare profitti dalla gestione
privata di beni necessari alla vita come l’acqua, è stata completamente
disattesa dagli organi legislativi?
E
ancora. Ha senso festeggiare un evento fondamentale, come il passaggio da una
sovranità monarchica ad una sovranità popolare, quando nello scorso fine
settimana, in concomitanza di elezioni regionali e comunali, espressione di una
valenza democratica di prossimità, la metà dei cittadini ha deciso di non
esercitare quel diritto di scelta conferitogli dagli eventi accaduti il 2
giugno di 69 anni fa? E’ democrazia quella
che lascia il 50% della popolazione priva di rappresentanza?
Ed infine, ha senso festeggiare questa
ricorrenza con parate militari ed esibizioni di aerei da combattimento, quando
a seguito di quel 2 giugno è nata una Costituzione in cui all’art.11 si afferma
che l’Italia ripudia la guerra? Una
delle tante obiezioni a quest’ultimo assunto riguarda il senso di appartenenza
alla Patria i cui confini devono essere
difesi (dall’attacco di chi?).
Ma anziché ammirare le frecce tricolori o i
carri armati, non da più senso di appartenenza alla comunità evitare di evadere
le tasse, in modo da assicurare a tutti i “compatrioti” servizi sociali
efficienti? Non ci si sentirebbe più Italiani
se la scuola pubblica riuscisse a trasmettere quei valori storico culturali,
fondamento della nostra identità e sensibilità umana?
E’ appagante festeggiare
il 2 giugno svendendo la fonte della nostra storia sociale e culturale (la scuola pubblica) alla
multinazionale di turno? Scusata ma personalmente trovo il 2 giugno una data
fausta per ciò che storicamente si è determinato, ma notevolmente infausta per
come ipocritamente oggi quella ricorrenza è festeggiata. Comunque buon 2 giugno
a tutti.
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