Ottime notizie sul fronte dell’occupazione. L’Istat (non il
governativo ministero del lavoro) registra ad aprile un aumento del numero degli occupati di
159mila unità rispetto al mese di marzo.
Il tasso di disoccupazione scende dello 0,2 %, l’occupazione aumenta dell’ 1,2%. Ribadiamo
sono dati Istat, non le stime propagandistiche dei cortigiani renziani , dunque
degne del massimo credito.
Personalmente non posso che salutare con favore
questi dati. La notizia della creazione di un solo posto di lavoro in più va
presa con entusiasmo. “Merito del jobs act” twittano le truppe cammellate di
regime, Capo in testa. Anche l’Ocse “l’organizzazione per la cooperazione
economia e lo sviluppo” avanza l’ipotesi che la riforma del lavoro di Renzi
possa aver avuto un ruolo determinante sulla crescita dell’occupazione. E’ immaginabile
che il risparmio fiscale di 8mila euro
per ogni assunto concesso alle aziende, secondo
il contratto a tutele crescenti, possa essere stato un fattore determinante per l’aumento dell’occupazione,
o quantomeno per la trasformazione di contratti precari, in rapporti di lavoro ancora "precari", ma con una denominazione
diversa (tutele crescenti).
A mio avviso la differenza fra un lavoro precario e
un’occupazione a tempo indeterminato riguarda le tutele sul licenziamento, sul salario, sull’orario di
lavoro che caratterizza la seconda forma . Ebbene l’abolizione dell’art.18 , la
normativa sul demansionamento , introdotte nel jobs act, non
rendono diverso il contratto a tutele crescenti da un normale rapporto a
termine che pone sotto ricatto il lavoratore. Dunque la prima menzogna che va
smascherata è che il contratto a tutele crescenti NON E’ un contratto a tempo indeterminato. Per cui l’essenza del jobs act si riduce
alla semplice regalia di 8mila euro per precario alle aziende che decidono di
imbarcare altra schiavitù o di trasformare i lavoratori già nell'organico in nuovi schiavi.
Però se l’occupazione
aumenta, pur in presenza della spoliazione del Re, in questi tempi di magra, c’è
poco da fare gli schizzinosi. Non per fare il gufo, ma vorrei ricordare che all’indomani
dell’approvazione del jobs act, gli stessi padroni, Marchionne in testa, ebbero
a precisare che, pur apprezzando l’omaggio fiscale governativo, non avrebbero
aumentato il proprio organico nemmeno di mezzo schiavo, se non ci fosse stato
il minimo cenno di ripresa. Ripresa che, grazie alla marea di liquidità immessa
nel sistema da Draghi, al crollo del prezzo del petrolio, e alla svalutazione
dell’euro, si sta flebilmente concretizzando. Da qui la minima inversione di
tendenza in positivo sull’occupazione.
Il jobs act dunque non c’entra nulla. E’
l’ennesima prebenda che un governo al soldo del capitale elargisce ai suoi
mandanti. Ma chi paga? Questa è la novità vera. Per la prima volta
dopo il ’95 uno sgravio inerente le politiche del lavoro, in questo caso a
tutto vantaggio delle aziende, non è a carico dell’Inps ma della fiscalità
generale. E la fiscalità generale per il 75% è finanziata da pensionati e lavoratori
dipendenti. Al netto dunque delle
stronzate governative sulla rilevanza del jobs act in relazione alle recenti dinamiche di debole
aumento occupazionale, la politica renziana sul lavoro è l’ennesimo atto di una strategia, in corso da trent’anni, finalizzata al trasferimento di risorse economiche dai
salari ai profitti. Molti governi di centro destra e seducenti riformisti, dal
1984, con la legge Scotti sulla riduzione del costo del lavoro, si sono cimentati
in questo percorso e oggi siamo alle battute finali.
Ma tornando all’incipit di questo intervento,
cosa importa tutto ciò di fronte all’aumento dell’occupazione? Importa. Infatti
la favorevole congiuntura economica determinata dalla diminuzione del prezzo
del petrolio e dall’euro debole,
forse avrebbe ugualmente prodotto un
aumento dell’occupazione senza ulteriori regalie dei contribuenti a soggetti
che fanno profitti anche attraverso l’evasione fiscale.
E poi, scusate la
crudezza, ma la protervia, l’ignoranza, la cialtroneria di Renzi e dei suoi
cortigiani, merita la puntuale sconfessione delle menzogne che, grazie ad
uffici stampa da regime, vengono diffusi sui media mainstream asserviti. E’falso che il
jobs act incrementa l’occupazione, non è vero che il decreto Buona Scuola
migliora l’istruzione pubblica, è falso che la legge elettorale e la riforma
del Senato, aumentano la qualità
istituzionale del paese.
Questi signori vanno smascherati, vanno sbugiardati
sistematicamente. Urge un comitato di liberazione nazionale contro la menzogna.
L’odierna bugia al potere sta facendo
più danni di quanto abbia fatto il
precedente ventennio arcoriano, perché è
scagliata con inaudita crudeltà, più delle cortigianerie del bunga bunga,
contro la gente comune. Ieri la volgare la gnocca e i patetici guitti, oggi le finte, perfide, supine sophisticated ladies e i servi strateghi pronti
a morire per il capo senza neanche far ridere. Lotta dura contro il Pd di Renzi
dunque ne va della nostra sopravvivenza.
Nessun commento:
Posta un commento