Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

domenica 24 luglio 2016

Terrore e ipocrisia

Robert Fisk 

Le ore spaventose e sanguinose di venerdì sera e sabato mattina a Monaco e a Kabul – nonostante le 3.000 miglia che separano le due città – hanno offerto una lezione istruttiva sulla semantica dell’orrore e dell’ipocrisia. Io dispero di quel vecchio termine d’odio, “terrore”. Ormai da molto tempo è il segno d’interpunzione e la sigla musicale di ogni superficiale politico, poliziotto, giornalista e guru superficiale boccalone del mondo.
Terrore, terrore, terrore, terrore. Oppure, terrorista, terrorista, terrorista, terrorista.
Ma di tanto in tanto inciampiamo in questo cliché sugli assassini, proprio come abbiamo fatto questa fine settimana. Ecco com’è andata. Quando abbiamo sentito inizialmente che tre uomini armati si erano dati a “un’orgia assassina” a Monaco, i poliziotti tedeschi e i ragazzi e le ragazze di BBC, CNN e Fox New hanno innestato la marcia del “terrore”. La polizia di Monaco, siamo stati informati, temeva che si trattasse di un “atto terroristico”. La polizia locale, ci ha raccontato la BBC, era impegnata in una “caccia all’uomo antiterrorismo”.
E sapevamo che cosa significava: i tre uomini erano ritenuti mussulmani e pertanto “terroristi” e dunque sospettati di essere membri dell’ISIS (o almeno ispirati da esso).
Poi è emerso che i tre uomini erano in realtà un uomo solo: un uomo ossessionato dalle stragi. Era nato in Germania (anche se in parte di origini iraniane). Tutto a un tratto su ogni canale mediatico britannico e sulla CNN la “caccia all’uomo antiterrorismo” è divenuta una caccia a uno “sparatore” solitario.
Un giornale britannico ha usato il termine “sparatore” quattordici volte in pochi paragrafi. In qualche modo “sparatore” non suona così pericoloso come “terrorista”, anche se l’effetto delle sue azioni è stato indubbiamente lo stesso. “Sparatore” è un termine in codice. Significava: questo particolare assassino di massa non è un mussulmano.
Ora a Kabul, dove l’ISIS – il reale orrendo ISIS mussulmano sunnita leggendariamente spaventoso – ha mandato attentatori suicidi contro migliaia di mussulmani sciiti che stavano protestando sabato mattina contro quello che risulta essere stato un atto di discriminazione sostanzialmente di routine.
Il governo afgano aveva rifiutato di far passare una nuova linea elettrica attraverso il distretto della minoranza hazara (sciita) del paese – un collegamento con un cavo minore non aveva soddisfatto la folla – e aveva ammonito gli sciiti di cancellare la loro protesta. Le folle, in gran parte composte da uomini e donne della classe media della capitale, hanno ignorato questo avvertimento minaccioso e si sono presentate nelle vicinanze del palazzo presidenziale per montare tende su cui avevano scritto in Dari “giustizia e luce” e “morte alla discriminazione”.
Ma invece la morte è arrivata su di loro, sotto forma di due uomini dell’ISIS – uno dei quali apparentemente spingeva un carretto di gelati – i cui esplosivi hanno fatto letteralmente a pezzi 80 dei mussulmani sciiti e ferito altri 260.
In una città in cui elementi del governo afgano sono a volte definiti ‘governo talebano’ e in cui una versione afgana dello Stato Islamico mussulmano sunnita è popolarmente ritenuta insediata come un bacillo in quelle stesse fazioni, non c’è voluto molto perché gli attivisti che avevano organizzato la dimostrazione cominciassero a sospettare che dietro il massacro c’erano le stesse autorità. Naturalmente noi in occidente non abbiamo sentito questa versione degli eventi. Le notizie da Kabul erano invece concentrate su chi negava o rivendicava l’atrocità. Gli orridi talebani islamisti la negavano. L’orrido ISIS islamista ha detto di averla compiuta. E così tutte le notizie si sono concentrate sulla rivendicazione della responsabilità da parte dell’ISIS.
Ma, un momento. Nemmeno un singolo articolo, nessuna trasmissione, ha fatto riferimento al macello di Kabul come a un atto di “terrore”. Il governo afgano sì. Ma noi no. Noi abbiamo parlato di “attentatori suicidi” e di “aggressori” in larga parte allo stesso modo in cui abbiamo parlato dello “sparatore” di Monaco.
Ora, questo è molto strano. Com’è che un mussulmano può essere un terrorista in Europa ma un semplice “aggressore” nell’Asia sud-occidentale? Perché a Kabul gli assassini non attaccavano occidentali? O perché attaccavano i loro correligionari mussulmani, anche se della varietà sciita?
Sospetto che siano giuste entrambe le risposte. Non riesco a trovare altro motivo per questo strano gioco semantico. Poiché proprio come l’identità terroristica è svanita a Monaco nel momento in cui Ali Sonboly è risultato aver più interesse all’omicida di massa norvegese Anders Breivik che al califfo Abu Bakr al-Baghdadi di Mosul, così gli effettivi assassini dell’ISIS a Kabul hanno evitato lo stigma di essere definiti terroristi in qualsiasi senso o forma.
Questa terminologia priva di senso sarà ulteriormente distorta – statene certi – mentre un numero sempre maggiore di vittime europee degli attacchi in nazioni della UE risulta essere costituito dagli stessi mussulmani. Il gran numero di mussulmani uccisi dall’ISIS a Nizza è stato notato, ma scarsamente evidenziato. I quattro giovani turchi abbattuti da Ali Sonboly sono entrati nel racconto come quasi una parte di routine di quella è oggi è, ahimè, la routine delle uccisioni di massa in Europa così come in Medio Oriente e in Aghanistan.
L’identità dei mussulmani in Europa è perciò mascherata se sono vittime ma di vitale importanza se sono assassini. Ma a Kabul, dove sia le vittime sia gli assassini sono stati mussulmani, la reciproca crisi di identità religiosa non è di alcun interesse per l’occidente; il bagno di sangue è descritto in termini anemici. I due aggressori hanno “attaccato” e gli “attaccati” sono rimasti con 80 morti; più il risultato di una partita di calcio che una guerra terroristica.
Alla fine tutto si riduce alla stessa cosa. Se mussulmani attaccano noi, sono terroristi. Se non mussulmani ci attaccano, sono sparatori. Se mussulmani attaccano altri mussulmani, sono aggressori.
Ritagliate questo paragrafo e tenetevelo vicino la prossima volta che si scateneranno assassini, e sarete in grado di stabilire chi sono i cattivi prima che ve lo dicano i poliziotti.
Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

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