Il capo del governo vuole trasformare il referendum confermativo sulle modifiche costituzionali, che si celebrerà ad ottobre, in una specie di plebiscito sulla sua sorte politica. Questo tentativo strumentale va respinto. Gli elettori saranno chiamati a votare sulle modifiche della Costituzione che è cosa ben più importante del destino di Renzi.
Le modifiche, che sono in via di approvazione in seconda lettura nei due rami del Parlamento, comportano un rafforzamento del ruolo del Governo a scapito del potere legislativo delle Camere, stravolgendo il dettato costituzionale che stabilisce che l'Italia è una repubblica parlamentare.
Va sottolineato che in ballo, oltre alle pur decisive modifiche della Costituzione, c'è anche la legge elettorale Renzi-Boschi: le due questioni si intrecciano in maniera perversa.
La legge elettorale approvata a colpi di fiducia cambia la rappresentanza politica del nostro paese in modo iper-maggioritario. Il premio di maggioranza (340 deputati) andrà al partito che raggiungerà il 40% dei voti al primo turno; altrimenti andrà al ballottaggio con il secondo piazzato e il vincitore nello spareggio avrà un premio di maggioranza ancora più elevato. Inoltre i deputati saranno per almeno i 2/3 nominati dal capo partito (in questo caso anche capo del governo) il quale si troverà ad avere del tutto asservita l'unica Camera che dà e toglie la fiducia al governo e che ha l'ultima parola sui provvedimenti di legge. Se a questo si aggiunge il declassamento del Senato ad una camera "dopo-lavoro", costituita da sindaci e consiglieri regionali, che svolgeranno le funzioni residuali di questo ramo del Parlamento, si comprenderà che il risultato finale di tutto questo disegno è l'accentramento mai visto dei poteri nelle mani del capo del governo, che magari, tanto per fare un esempio, potrà in futuro varare manovre economicamente pesanti e socialmente indigeribili, che dovessero rendersi necessarie per rispettare i parametri europei.
Questa è la vera posta in gioco sulla quale i cittadini saranno chiamati a pronunciarsi nella prossima tornata referendaria.
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